PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Gli invitati alla cena di nozze

don Daniele Muraro   Home Page

don Daniele Muraro è uno dei tuoi autori preferiti di commenti al Vangelo?
Entrando in Qumran nella nuova modalità di accesso, potrai ritrovare più velocemente i suoi commenti e quelli degli altri tuoi autori preferiti!

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (12/10/2008)

Vangelo: Mt 22,1-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 22,1-14

In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

 

Forma breve: Mt 22,1-10

In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.

Dopo le tre parabole sulla vigna, questa domenica Gesù nel Vangelo ci presenta la parabola degli invitati a nozze. Per quello che riguarda la scena esterna si va di bene in meglio, non così per la trama.

In effetti lo schema di quest’ultima parabola ricalca quello della parabola precedente: troviamo degli invitati, dei messaggeri e alla fine un cambio di destinatari, il padrone o in questo caso il re non si rivolge più ai primi invitati, ma ne sceglie di nuovi.

Dietro i messaggeri che il Re manda possiamo riconoscere sempre i suoi profeti dell’Antico Testamento e stavolta anche gli apostoli. Sappiamo che nella parabola precedente la bontà del padrone ad un certo punto si era scontrata con l’ostilità dei vignaioli.

Stavolta la risposta degli interpellati ai pressanti inviti del loro Signore ci meraviglia di più, in quanto il Re dà incarico ai suoi servi non di reclamare i frutti di un anno di lavoro, ma di radunare gente per una festa di nozze. Ci sarebbe stato da mangiare e musica e allegria.

Eppure anche in questo caso i destinatari non si preoccupano ubbidire all’appello del loro Re; non c’è spazio tra i loro interessi per la parola del padrone, hanno cose più importanti da fare e di conseguenza non si trova proprio tempo per andare da lui. Qualcuno anzi trova da ridire e si ribella, insulta i servi del padrone e li fa fuori: la voce e gli appelli dei profeti e degli apostoli dànno fastidio.

La conseguenza descritta crudamente è la rovina di quella gente. Non dobbiamo prenderla come una minaccia, ma come una descrizione realistica dei risultati della ostinazione a rifiutare Dio e le sue disposizioni. Chi difende adesso la città, dopo che si è rifiutata ogni offerta di bene da parte del Re?

Effettivamente nell’anno 70 la città di Gerusalemme fu rasa al suolo e il tempio incendiato.

La festa tuttavia non è annullata, ci sono da celebrare le nozze del Figlio del Re. Ecco perché il Re si rivolge a quanti ne trova, non importa se non erano nelle condizioni adatte per accettare l’invito. Ci avrebbe pensato Lui a rendere tutti più che eleganti per la festa.

Le porte sono aperte per tutti ed è una vera fortuna che nessuno venga respinto. Tutti possono partecipare al banchetto di nozze del loro Signore. E così la sala del palazzo di riempie di commensali.

Noi sappiamo a chi si riferisce Gesù in quest’ultima parte della parabola: gli invitati alla Cena del Signore sono tutti coloro, e anche noi siamo fra questi, che partecipano alla santa Messa, il banchetto eucaristico.

In questa maniera ci manteniamo sulla linea del terzo comandamento di Mosè: “Ricordati di santificare le feste!”.

“Sia santificato il tuo nome” ripetiamo nella preghiera dal Padre nostro e il suo nome, cioè la persona di Dio, viene santificata, quando noi santifichiamo la Domenica, giorno del Signore. Infatti “santificare” in questo caso non significa far diventare santo, Dio è da sempre santo, ma riconoscere come tale Dio e quindi pregarlo e adorarlo.

Dio è santo per conto suo, così come Egli è grande anche senza il nostro apporto. Noi però lo magnifichiamo, cioè lo riconosciamo come grande e lo santifichiamo, cioè lo riconosciamo come santo, quando lo preghiamo, dedichiamo del tempo a Lui, ascoltiamo la sua parola e partecipiamo alla sua festa, che per noi è la Messa domenicale.

"Giorno del Signore" e "signore dei giorni" la domenica è il giorno in cui la Chiesa, per una tradizione che "trae origine dallo stesso giorno della resurrezione", celebra attraverso i secoli il mistero pasquale di Cristo, sorgente e causa di salvezza per l'uomo.

Se la domenica è detta giustamente "giorno del Signore" ciò non è innanzitutto perché essa è il giorno che l'uomo dedica al culto del suo Signore, ma perché essa è il dono prezioso che Dio fa al suo popolo: "Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo". "Tutto ciò che Dio ha creato di più grande e di più sacro - ricordava Leone Magno - è stato da lui compiuto nella dignità di questo giorno": l'inizio della creazione, la risurrezione del Figlio suo, l'effusione dello Spirito Santo, ebbero ugualmente luogo in questo giorno. Per questo, nessun altro giorno è altrettanto sacro quanto la domenica.

La celebrazione della domenica è per la Chiesa un segno di fedeltà al suo Signore. Sempre, attraverso i secoli, il popolo cristiano ha circondato di speciale riverenza e ha vissuto in intima profonda letizia questo sacro giorno.

Ma in questo nostro tempo, lo dicevano i vescovi italiani già nel 1984, nuove condizioni e nuove abitudini di vita stanno esponendo la domenica a un processo di profonda trasformazione. In questa situazione è possibile che il giorno della festa perda il suo significato cristiano originario per risolversi in un giorno di puro riposo o di evasione, nel quale l'uomo, vestito a festa, ma incapace di fare festa finisce con il chiudersi in un orizzonte tanto ristretto che non gli consente più di vedere il cielo.

Per tutti vale la raccomandazione della Chiesa antica a "non diminuire la Chiesa e a non ridurre di un membro il Corpo di Cristo con la propria assenza".

L'Eucaristia non è solo un rito, ma anche una scuola di vita. Essa non può esaurirsi nello spazio di un’ora, ma tende necessariamente a diventare impegno di testimonianza e servizio di carità. Quando l'assemblea si scioglie e si è rinviati alla vita, è tutta la vita che deve diventare dono di sé. È anche questo un significato del comandamento del Signore: "Fate questo in memoria di me". Ogni cristiano che abbia compreso il senso di ciò cui ha partecipato, si sentirà debitore verso ogni fratello di ciò che ha ricevuto.

 

Ricerca avanzata  (55827 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: