PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Commento su Matteo 21,28-32

Omelie.org - autori vari   Home Page

XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (28/09/2008)

Vangelo: Mt 21,28-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 21,28-32

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. 29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.

Capitale importanza

Domenica scorsa: la parabola degli operai chiamati ad ore diverse a lavorare nella vigna e la strana [“ingiusta”] modalità del loro pagamento da parte del padrone.

Domenica odierna: la parabola di due figli ai quali il Padre dice di andare a lavorare nella vigna e la strana incongruenza tra la loro risposta a parole e quella con i fatti.

Domenica prossima: la parabola della vigna affidata a dei vignaioli e il loro strano comportamento al momento di consegnare il raccolto al legittimo proprietario.

Tre domeniche consecutive e tre parabole che hanno, come sfondo, una vigna. Deve essere davvero molto cara a Gesù questa vigna e ciò che essa rappresenta!

Tre domeniche collegate [anche nella prima e nella seconda lettura] come per ribadire e approfondire qualcosa di estremamente importante. Qualcosa che per il Signore è di capitale importanza.

Che cosa?

Luigino

Lunedì scorso ho celebrato il funerale di Luigino, un giovane di 34 anni, morto a causa di una distrofia muscolare che lo ha lentamente, progressivamente, interamente e inesorabilmente paralizzato fino a bloccarne la respirazione.

Conobbi Luigino esattamente 5 anni fa e proprio ad un funerale. Il primo che celebrai appena nominato parroco. Quello della sua mamma. In quella circostanza venni a sapere che il fratello era morto qualche anno prima della stessa malattia incurabile di cui lui era affetto. Una malattia che aggredisce tutti i muscoli del corpo e lascia inalterate le facoltà mentali sia intellettive che emotive. Quando lo conobbi era già sulla carrozzella e poteva muovere solo la testa. Sapeva benissimo ciò che lo attendeva. Perciò rimasi molto ammirato dalla sua serena compostezza e molto colpito dalla solitudine nella quale viveva confinato. Il gruppo di amici composto di giovani volontari e giovani “diversamente abili” della nostra parrocchia è stato pensato per lui ed è cresciuto intorno a lui.

Per Luigino qualunque cosa normale era un’impresa: alzarsi dal letto, lavarsi, vestirsi. Se lo toccavi in un modo leggermente diverso da quello che lui ti insegnava vedevi la sofferenza disegnarsi sul suo volto a causa del dolore fisico che ciò gli provocava.

Ma nessuno, in tutti questi anni, ha mai sentito Luigino lamentarsi della sua condizione oppure invidiare quella dei suoi coetanei. Mai dalla sua bocca è uscita una mormorazione del tipo: “Perché proprio a me? Che male ho fatto per meritarmi questo? Non bastava mio fratello? Mia Madre? Perché gli altri giovani della mia età possono fare tutto e io niente”?

Mai Luigino ha messo in discussione la sua fede o l’amore di Dio. E tutto questo con la massima semplicità. Una semplicità disarmante, che non prevedeva di relazionarsi con gli altri assumendo un ruolo di vittima o suscitando sentimenti di imbarazzo, di pena o di pietà. Mai ha accusato gli altri di indifferenza o ha preteso, attirato, qualche attenzione. Tutto per lui era una grazia e di tutto avrebbe potuto fare a meno... Tranne che della sua Roma [di questa squadra di calcio poteva dirti tutti i nomi dei giocatori e tutti i risultati di qualsiasi anno]. S’illuminava quando ne parlava, si rattristava quando perdeva.

Le vie dell’amore

Perché vi racconto questo?

Penso alla Parola di domenica scorsa e a quella che oggi abbiamo ascoltato...

Se gli operai della prima ora avessero avuto i pensieri di Dio («I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie»), invece di mormorare ed essere invidiosi, si sarebbero rallegrati: “Che bello! Guarda! Il padrone è così buono da dare anche ai nostri amici che hanno lavorato un’ora soltanto lo stesso nostro compenso per una giornata intera di lavoro! Chissà come saranno felici! Sono proprio felice per loro”!

È così che ragiona san Paolo: «Se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi... Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù» (II lettura di oggi).

È così che ragiona Dio. Le vie di Dio sono le vie dell’amore. I Suoi pensieri sono pensieri di bontà... gli stessi pensieri di Luigino nei confronti dei suoi amici “più fortunati”. Il Signore lo aveva chiamato dal mattino presto della vita a lavorare nella Sua vigna nel modo più faticoso, quello di partecipare alla passione del suo Unigenito Figlio. Luigino ha scelto, e non subìto, la volontà del Padre, con grande umiltà e dignità. Ha fatto suoi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce (II lettura di oggi). Luigino non ha detto “sì” con le parole, ma con i fatti. Ha scelto di servire gli altri nel modo più insolito, insegnandoci che la salute non è tutto. Lui che amava giocare a scacchi sapeva che la salute gli aveva già dato scacco matto. «Il Signore, che è buono e retto, che guida gli umili secondo giustizia, ha fatto conoscere a Luigino le Sue vie» (cfr. salmo resp.): le vie dell’amore. Il segreto della vita è “essere buoni” piuttosto che “avere beni”. Il segreto della vita non è “sentirsi bene sempre”, ma piuttosto “volere sempre il bene”... di tutti. Una vita compiuta è accogliere e fare ciò che Dio vuole per noi. Lavorare nella sua vigna per amarLo e amare la mia vita con gli altri così come sono: come malato, come amico, come tifoso, come fratello, come figlio, come consacrato, come nubile, come vedovo, come sposato.

Non si campa di rendita

Ecco che cosa è di capitale importanza per il Signore: il nostro amore. Questione di vita o di morte. La nostra vita nella Chiesa e nel mondo è la vigna in cui si esprime.

Sul comandamento dell’amore si fonda tutta la Bibbia, e tutta la vita riceve il suo compimento.

L’amore è la via migliore di tutte (cfr. 1Cor 13). È la via perfetta della nostra relazione con Dio e della perfezione dell’immagine di Dio in noi.

La prima lettura ci dice che ognuno è artefice del suo destino. Ci dice che in amore non si campa di rendita. Quello che conta è il presente. Quello che io scelgo nell’ora in cui Dio mi chiama ad amare. L’amore è dinamico, non qualcosa di statico che c’è o non c’è. L’amore provoca al cambiamento. Provoca la mia libertà, la mia volontà. Provoca conseguenze. Per i tanti “Luigino” che mi vivono accanto e non smettono mai di lavorare nella vigna.

Dio mi chiama a lavorare nella Sua vigna. A spendere la mia vita nel cercare di “fare il bene” piuttosto che nel cercare di “stare bene”. Fare bene ciò che mi chiede il mio stato di vita amandolo fino a sacrificare altri amori, altri sentimenti... che siano rancori o nuovi innamoramenti. Questa è la volontà di Dio, la Sua aspettativa. Non Gli interessa un assenso a parole, una dichiarazione d’intenti. Non interessa a Dio la categoria alla quale apparteniamo: farisei o pubblicani, laureati o analfabeti, bravi o imbranati. Dio non guarda all’entusiasmo e non condanna la mancanza di trasporto nel nostro rispondere alla sua chiamata. Da parte sua non ci sono suppliche né ritorsioni. Non ci sono condizionamenti né particolari condizioni. Dio ci chiede solo di amare con i fatti. «Non chi mi dice Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli».

Nel mio altalenare da un atteggiamento ad un altro, nel mio essere abitato da entrambi i figli della parabola, cosa decido? Chi voglio essere? E cosa significa questo, adesso, per me? Come si chiama la mia vigna? Cosa voglio fare? Cosa Dio si aspetta da me in questo periodo della mia vita?

Dio mi chiede di amare perché Egli mi ama perdutamente e vuole il mio bene. Cosa risponderò ma, soprattutto, cosa farò durante questa settimana?

Commento a cura di don Giampaolo Perugini

 

Ricerca avanzata  (55372 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: