TESTO Il paradosso della pazienza di Dio
padre Gian Franco Scarpitta S. Vito Equense
XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (05/10/2008)
Vangelo: Mt 21,33-43
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «33Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. 39Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi?
43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Quello della viticultura è un lavoro operosissimo e dalla fatica considerevole e a volte insostenibile e infatti chi non è abituato ad operare fra i vigneti avverte quanto spossante e faticoso sia questo lavoro. Durante la vendemmia si trascorrono intere giornate chinati a recidere i grappoli d’uva, sfidando la calura e il sole che, specialmente in Sicilia e il altre zone del meridione, continua ad imperversare a Settembre, con la conseguenza di lancinanti dolori alla schiena e uno stato generale di deperimento e di stanchezza al termine di ogni giornata. La vigna poi durante l’anno va sempre assistita anche nelle viti più piccole che ogni tanto vanno potate e il terreno protetto e dissodato; insomma lavorare nella vigna è molto distruttivo e faticoso e non sempre reca soddisfazioni e anzi vi sono dei casi non rari nei quali, raccogliere solo il minimo al termine di una grande fatica è veramente sconsolante e umiliante.
Ecco perché l’autore sacro paragona la vigna al popolo di Dio. Il lavoro che il Signore svolge nei confronti dell’intera umanità, che si paragona alla vigna, è molto sottile, paziente, non irto di difficoltà e molte volte ricambiato da parte nostra con segni di ingratitudine e di cattiveria e anche per i ministri di Dio, che agiscono e operano nella sola aspettativa del Regno, il risultato non è differente: si è sempre provati e vessati da fatiche non sempre gratificanti e molto spesso non prive di umiliazioni.
Eppure, a differenza dell’agricoltore che potrebbe abbandonare la vigna a se stessa o sfruttare su altre colture, Dio non cessa di usare bontà e pazienza nei nostri riguardi e on si arrende alle ostinazioni della cattiveria e dell’ingratitudine umana. A differenza dell’agricoltore affarista o del bracciante agricolo che potrebbero in un modo o nell’altro abbandonare il campo di lavoro, Dio continua a credere nel buon senso e nella collaborazione responsabile dell’uomo e continua a manifestarci la sua fiducia incondizionata perché noi possiamo davvero comprendere la grande portata del suo amore; cosicché si dipana nella storia della salvezza una grande ambivalenza costante fra l’insofferenza dell’uomo e la gratuità di Dio, l’imporsi dell’amore e la preclusione fredda dell’indifferenza e dell’impenetrabilità dell’uomo.
Alla pari che nel caso di un fico, l’agronomia ci insegna che la vite è una pianta capace di fruttificare spontaneamente e quindi è possibile che essa fruttifichi da sola anche senza l’intervento dell’agricoltore, come appunto è l’uomo raggiunto dalla Rivelazione e dalla costanza dell’amore di Dio: a un certo punto non dovrebbe che recare frutto e apportare da se medesimo risultati degni della sua stessa dignità come l’amore e la bontà delle opere, e invece la sua condotta continua ad essere perversa e irrazionale. E questo inderogabilmente, anche quando Dio interviene con mezzi in necessari e in fondo non appropriati, come nel caso di una torre e di un tino, per incoraggiare l’uomo alla rettitudine e alla bontà dell’essere e dell’agire: l’uomo, che tuttavia dispone pur sempre della possibilità decisionale e di libero arbitrio, protende sempre per i frutti marci e avariati.
Cosa fare di questa vigna? Come atteggiarsi di fronte all’ostinata perversione dell’uomo?
Non resta altro che concedere un ulteriore dono all’umanità perché prenda coscienza di se stessa, ossia condividere con essa ogni passo e ogni itinerario; in altre parole la risposta di Dio è quella di concedere un ulteriore premio per il quale l’uomo avverta concretamente e senza ombra di dubbio che Egli cammina con l’umanità e vuol essere egli stesso parte attiva di questa vigna, anzi vuol essere lui stesso vite per condividere le ansie e le lotte nelle quali noi tutti ci inerpichiamo ogni giorno. E così decide di incarnarsi lui stesso, diventando uomo fra gli uomini sotto la Legge e non senza le restrizioni dell’umano.
In Cristo Dio raggiunge questa vigna infruttuosa che è l’umanità insegnandole a recare frutto e fornendo per tale scopo tutti i mezzi e gli strumenti appropriati e lo stesso Cristo accetterà anche di essere ucciso da falsi vignaioli arroganti pur di mostrare, nello Spirito Santo, la sollecitudine dell’amore del Padre e anzi identificandosi egli medesimo come la vite che accoglie in se tutti i tralci.
Cristo non solo ci visita ma con la sua presenza, la sua parola e la sua azione ci attira a sé e ci seduce conducendoci al Padre e nel Battesimo noi ci sentiamo allora davvero tralci innestati alla vite che è lui e fortificati di una linfa vitale che ci sostiene e che ci mantiene in essere.
In Cristo insomma è Dio che si fa' avanti per primo per accordare agli uomini il suo perdono e il gesto più evidente di questa intenzione divina è il sacrificio della croce; a noi non rimane altra cosa allora che fare la parte dei tralci innestati alla vite, affidandoci alla sua guida e restando vincolati al suo sostegno nel contesto dei problemi e delle difficoltà, come anche nei progetti e nelle aspirazioni. Certamente accogliere Cristo è possibile solo nell'ottica della fede matura e disinteressata e della conversione del cuore evitando ogni resistenza al suo offrirsi gratuito per noi e quella di Cristo non è una scelta fra le tante, eppure l'uomo non può prescindere da Lui visto che si tratta del Dio incarnato venuto a sorreggere l'umanità in vista della soddisfazione delle attese reali di questo tempo, nonché della salvezza e il fatto che in Lui Dio si sia reso presente ponendosi come fondamento dell'uomo e delle sue scelte suggerisce che di Cristo occorre nutrire fiducia incondizionata e libera, avendolo come punto di riferimento essenziale appunto perché gratuitamente ci si è donato.