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TESTO Commento su Luca 18,9-14

don Daniele Muraro   Home Page

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (28/10/2007)

Vangelo: Lc 18,9-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 9disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

La parabola del fariseo e del pubblicano ci dà la possibilità di continuare il discorso sulla preghiera a cui ci stiamo dedicando dal principio del mese di ottobre. Gesù scatta una fotografia istantanea sull'atteggiamento di due uomini vicini per quanto riguarda la distanza fisica, ma molto lontani fra loro come disposizione d'animo.

Entrambi avevano deciso di recarsi al tempio per pregare, eppure il loro comportamento e anche la mentalità non poteva essere più diversa.

L'edificio del Tempio occupava una spianata intorno a Gerusalemme e la costruzione era stata sopraelevata in maniera che per accedervi si dovevano salire alcuni gradini. Già questo gesto pratico indicava al pellegrino la necessità di elevare lo spirito, distaccandosi da se stesso e dall'ambito usuale.

I due fedeli stavano percorrendo un pezzo di strada assieme, ma nel tragitto di avvicinamento fino alla porta del Tempio i pensieri del loro cuore andavano prendendo colorazioni molto differenti, per il primo di compiacimento dei i propri meriti, per il secondo di compunzione dei propri peccati.

Entrati nella casa di Dio poi i due uomini si erano separati. Il giusto fariseo infatti non poteva tollerare la vicinanza del malvagio pubblicano e dunque era andato avanti senza remore, mentre il timoroso pubblicano si era fermato a distanza tutto concentrato nella sua devozione e non curante di quello che gli avveniva intorno.

Il primo dei due personaggi su cui si ferma la descrizione di Gesù è il fariseo: in quanto componente di un gruppo sociale influente all'epoca, famoso per la conoscenza della Legge di Mosè, anche quel fariseo era attento ad ottenenere approvazione e prestigio fra le classi più umili.

I farisei infatti si impegnavano nello studio della Bibbia e ne curavano l'applicazione sui particolari più appariscenti, quelli esteriori e minuziosi.

Nei pubblicani che si arrangiavano come cambiavalute senza i loro scrupoli religiosi, essi vedevano un pericolo. Li ritenevano inferiori ad ogni altra categoria di uomini, anche peggio dei ladri, dei falsi e degli adulteri.

Ed è proprio da questa differenza fra il suo modo di fare e quello degli altri che prende avvio la preghiera del fariseo. Più che altro si tratta di un monologo in cui il fariseo stando ben ritto e quindi nella piena consapevolezza della propria distinzione e delle proprie virtù, sottopone a Dio insieme con il disprezzo del prossimo gli elogi della sua correttezza; egli va anche oltre a quello che la Legge richiede, pratica il digiuno due giorni su sette e versa al tempio la decima parte di quello che possede.

Era tutto vero? Non possiamo saperlo, quello che è certo è che con la sua esposizione il fariseo dapprima alza una palizzata con cui si isola dal mondo e poi si sistema su un piedistallo bene in mostra di fronte all'Onnipotente. Però se avesse davvero coltivato l'amore di Dio nel suo suo cuore non gli sarebbe mancata nemmeno la carità verso il prossimo.

Il pubblicano da parte sua, dopo aver lasciato che il fariseo lo superi, non solo evita qualsiasi confronti con chicchessia, ma nemmeno si arrischia ad alzare gli occhi al cielo, verso il Dio tre volte Santo. Si limita invece a dichiarsi peccatore, riconoscendo la sua indegnità e l'incoerenza della sua vita. Non usa nemmeno parole sue per rivolgersi a Dio, ma fa ricorso ai salmi richiamando quei versetti del re Davide: "Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; nel tuo grande amore cancella il mio peccato".

La preghiera è finita, il pubblicano può tornare ad alzarsi, dopo essersi battuto il petto, e in un attimo libera la scena allontanandosi dal tempio, il fariseo se ne era già andato da tempo.

Dopo avere illustrato questi tue soggetti così diversi, Gesù sposta l'attenzione verso il testimone misterioso di tutta la vicenda, verso quel Dio davanti a cui sia il fariseo che il pubblicano si erano presentati. E Gesù assicura i suoi ascoltatori che Dio aveva gradito la preghiera del secondo, mentre aveva respinto quella del primo.

Dio conosce la nostra condizione ancora prima che noi gliela proponiamo, ma il suo modo di valutarci può cambiare a seconda del nostro stesso giudizio. "Chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato!".

Alla stessa maniera Dio conosce in anticipo ciò di cui noi abbiamo bisogno, ma vuole che si abbassiamo davanti a lui per chiedergliela con fiducia e affetto. "In ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti" dice san Paolo scrivendo ai cristiani di Filippi.

Anche la preghiera di supplica ha la sua dignità. È vero che spesso le nostre preghiere si riducono ad una lista di domande e talvolta di pretese, eppure dobbiamo sapere che Dio è contento quando gli chiediamo, come un genitore apprezza la richiesta del figlio che non riesce a fare da solo e si rivolge a lui con confidenza e semplicità.

A questo riguardo è buona norma che nella nostra preghiera di richiesta cerchiamo di prendere in considerazione, prima ancora dell'oggetto della nostra supplica, anzitutto colui che supplichiamo.

Quando domandiamo dobbiamo avere la coscienza di rivolgerci non ad una potenza senza volto, ma ad un Dio personale, quello di cui san Paolo prigioniero e trascinato in tribunale per la sua fede può dire: "Tutti mi hanno abbandonato... Il Signore però mi è stato vicino".

La preghiera di supplica non ha la finalità di istruire Dio: Egli sa già di che cosa abbiamo bisogno; essa costruisce l'uomo, ossia ci conferma nella nostra condizione di figli. In questo senso la preghiera di supplica ci rende partecipi del potere di Dio.

"Il Signore mi libererà da ogni male e mi salverà per il suo regno eterno!" dice ancora san Paolo.

Pensare di condizionare Dio con le nostre richieste è ingenuo e se era tollerabile presso i pagani non è più ammissibile in un cristiano.

"Pregando, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole" chiarisce Gesù nel Vangelo di Matteo e la prima lettura anticipava: "Presso il Signore non v'è preferenza di persone. Egli non è parziale con nessuno".

La preghiera che trova maggiore accoglienza presso Dio è proprio quella dell'umile, ossia del bisognoso, ma senza pretese, di colui che non ha paura di sottoporre la propria miseria e insieme aspetta con fiducia di avere soddisfazione da parte dell'Altissimo.

Le preghiere dei fedeli nella Messa a cui fra poco ci uniremo hanno proprio questo scopo, di dichiarare le nostre necessità e di confermare la nostra fiducia in Colui che ci ascolta sicuramente.

 

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