TESTO Commento Matteo 20,1-16
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XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (21/09/2008)
Vangelo: Mt 20,1-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «1Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. 5Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. 6Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. 7Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
8Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. 11Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone 12dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. 13Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? 14Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: 15non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. 16Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Ancora una parabola con la quale Gesù, rivela, con un'immagine viva e concreta, fatta di esperienza vissuta, la ricchezza infinita dell'amore del Padre, meglio: ci rivela il Padre che è Amore.
E' questo il significato ultimo di quel padrone di casa, "che uscì all'alba per prendere, a giornata, lavoratori per la sua vigna...", segno della sollecitudine di Dio, che non sopporta di attendere, che i figli lontani ritornino, ma che va verso di loro, li chiama, e li coinvolge nel suo progetto di vita: la salvezza eterna, che è comunione indistruttibile e felice con Lui, fonte di ogni bene.
E' questo il " lavoro, che il Signore offre, in cambio di un simbolico denaro, che sarà dato, non in base alle effettive ore di lavoro, segnate da un normale orologio, ma dall'intensità di fede con cui, anche l'uomo più lontano si rivolge al suo Dio.
A prima vista, la parabola non può che esser sconcertante, infatti, secondo il nostro comune metro di giustizia, è impensabile, che la retribuzione per il lavoro sia identica, per chi abbia lavorato
un‘ ora, o poche ore, come, per chi abbia fatto le sue otto ore, e, forse, anche gli straordinari.
Dare a ciascuno il suo, è il principio più elementare della giustizia distributiva, che, ovviamente, Gesù non rinnega; esiste, tuttavia, una giustizia più alta, che regola rapporti più importanti, e finalità, ben più grandi, di quelle esclusivamente temporali, ed è la giustizia che regola i rapporti col nostro Dio e Padre, e riguarda il fine ultimo dell'esistenza umana, che non si esaurisce nel breve arco della storia temporale, ma va verso l'orizzonte sconfinato dell'eternità, che non ha limiti, e non può esser valutata i termini economici, quali un denaro o diecimila talenti.
La chiave interpretativa della parabola, non è, perciò, quella socio-sindacale, ma la verità, proclamata da Cristo, verità che supera ogni logica puramente umana.
C'é una causa ben più grande, per la quale l'uomo è chiamato a mettere in gioco la sua vita, ed è la causa della salvezza, che viene da Dio, un dono di misericordia, da accogliere con umiltà e fede; da vivere con impegno riconoscente, ma che, nella sua dinamica più profonda, sfugge al nostro giudizio, perché è determinata dalla logica insondabile dell'amore di Dio, che è Padre, e che non vuole che alcuno perisca.
"Se la salvezza fosse una conquista umana, mi diceva un amico teologo, gli uomini ce la avrebbero resa talmente difficile e complicata, che sarebbe stato, praticamente, impossibile conseguirla".
Ma, colui che salva, è Dio, un Dio ricco di misericordia, come il profeta Isaia, già da quel lontano tempo, annunciava; un Dio che, per amore, sconvolge ogni logica umana, per realizzarne
un'altra ben superiore: "L'empio abbandoni la sua via, ammonisce il Profeta, e l'uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui, e al nostro Dio, che largamente perdona.
I miei pensieri, infatti, non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie, dice il Signore, quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, e, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri".
Ed ecco, che il padrone di casa esce, per cercare operai, da chiamare al lavoro, per coinvolgere nel suo progetto, quanti non lo conoscono, o, per cause diverse, sono indifferenti; egli esce, in diverse ore del giorno, sino a quell'ultima ora utile: "le cinque", come recita il testo del Vangelo.
E' la ricerca che Dio fa dell'uomo, di ogni singolo, uomo o donna, che ha un volto e un nome, ed è destinatario della salvezza, una ricerca appassionata, assidua, instancabile, questa di Dio; una ricerca, che ha fatto scendere tra gli uomini, il Figlio, Gesù di Nazareth, quel pastore buono che dà la vita per il suo gregge (Gv 10,11 ss); quel pastore, che si avventura tra i monti, per cercare quell'unica pecora lontana, smarrita, che rischia di finire sbranata dai lupi, (Lc 15 ) e, una volta trovatala, se la mette sulle spalle, e, tornato a casa, fa festa.
La festa, è quel simbolico denaro, pattuito dal padrone di casa, con i suoi operai; non importa che abbiano lavorato un'ora sola; i tempi di Dio, infatti, non sono i tempi dell'uomo, perché la giustizia di Dio, è una giustizia che si coniuga con l'amore: l'Amore, che salva, ed è al di là di ogni calcolo; infatti, a quell'operaio che mormorava, ritenendo ingiusto il modo d'agire del padrone, questi dice: "Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure, tu sei invidioso, perché io sono buono?
Così, gli ultimi saranno i primi, e i primi, gli ultimi..."
E' la storia dell'operaio dell'ultima ora, che ritroviamo, ad esempio, sul Calvario: quel ladro, che vediamo morire accanto al Figlio di Dio, e che questi accoglie nella sua gloria, perché, anche se alla fine, quell'uomo peccatore ha creduto e sperato in Lui, con l'umile, doloroso riconoscimento delle proprie colpe: "... oggi, sarai con me in Paradiso" (Lc 23,43) gli dice il Signore, dandogli la ricompensa per una sola ora di lavoro nella sua vigna.
Oggi; l'oggi di Dio, è un oggi di fede e d'amore, che non, segue le lancette dell'orologio, né valuta la fedeltà, con la durata degli anni, e dei giorni, ma con l'intensità del desiderio, che nasce da un cuore, che accoglie, con umile riconoscenza, il dono di grazia; un dono che, come non ha confini di tempo, non ha, neppure confini di spazio, perché, la chiamata alla salvezza è rivolta ogni uomo, a qualunque nazionalità o cultura egli appartenga.
"Non c'è più Giudeo, né Greco", scrive Paolo, "non c'è più schiavo, né libero, poiché tutti siete uno, in Cristo Gesù..." (Gl 3,27-28).
A questo obiettivo Paolo, in questa domenica ci esorta, là dove dice: "... vi prego, comportatevi da cittadini degni del Vangelo".
Ed ecco, che la parabola interpella ognuno di noi, perché, se ci guardiamo bene dentro, tutti, nessuno escluso, abbiamo perduto preziose occasioni di grazia, e tutti, siamo stati, spesso, sordi alla voce del Signore, e distratti, da altro che non fosse lui; perciò, anche se non siamo proprio operai dell'ultima ora, siamo, sicuramente, operai, che il Signore ha ripetutamente chiamato, e ancora chiama, ad una vita più intensa di comunione e di amore, ad una testimonianza più coerente, chiara ed incisiva di Cristo Redentore.
Sr Maria Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.it