TESTO E’ risorto!
Paolo Curtaz Ti racconto la Parola
Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno B) (20/04/2003)
Vangelo: Gv 20,1-9
1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
" Voi cercate Gesù Nazareno, il crocefisso, non è qui!"
Oggi celebriamo il più straordinario mancato appuntamento della storia, oggi celebriamo la più sconcertante notizia del vangelo, oggi affondiamo le radici (e il cuore) nell'Assoluto di Dio. Ci siamo trovati tre giorni, lungo la settimana, per ripercorrere gli ultimi drammatici avvenimenti della vita di Gesù. Abbiamo meditato il suo silenzio, ci siamo stupiti del suo dubbio, siamo inorriditi davanti all'ennesima ingiustizia commessa ai danni di un uomo buono e solidale. Come gli apostoli siamo fuggiti inorriditi e ci siamo rifugiati nei meandri della nostra frenetica vita davanti alla violenza degli uomini, di fronte all'insostenibile morte politicamente scorretta del Nazareno.
Bene, fine dell'avventura spirituale, fine dell'emozione mistica, è stata una bella esperienza, ci ha dato delle belle cose, poi, però, ci siamo dovuti arrendere davanti a quella pietra che bloccava la tomba, ci siamo fermati di fronte all'evidenza: l'uomo non cambierà mai, la storia – allora come oggi – sarà sempre in mano agli arroganti. Un clima di mestizia e di disincanto si respira nelle pagine del vangelo dopo il grande trauma della crocifissione del Rabbì...
Ma ora, oggi, è tutto cambiato. Alcune donne delle nostre sono tornate affannate: andate ad imbalsamare Gesù, ultimo segno di rispetto verso il Maestro, non lo hanno trovato, è scomparso.
Gesù è risorto, amici, semplicemente. Non rianimato, né tantomeno reincarnato, no, è proprio risuscitato. La gioia dilaga, la fine diventa un inizio, la luce comincia a farci capire, a riscaldare il cuore. E questa notizia è arrivata fino a noi oggi, ci ha fatti alzare stamani, ci ha fatto radunare insieme alle comunità, ci riempie la vita.
Se Gesù è risorto allora significa che non è stato solo un grande uomo, allora significa che davvero egli era ciò che diceva di essere, significa che egli è presente insieme a noi, con noi. Pasqua, amici, pasqua. Su quella tomba vuota, su quella pietra che non è riuscita a bloccare la presenza di Dio si fonda la nostra intera speranza, la speranza di milioni di uomini che lungo la storia hanno creduto al vangelo.
Ma non è evidente la resurrezione, anzi si resta come spiazzati nel leggere i vangeli. Ambiguità, paura e dubbio contraddistinguono i racconti della Pasqua. Marco – addirittura – che abbiamo letto questa notte scorsa trancia il suo vangelo sulla paura delle donne di ritorno dal sepolcro. Non è facile credere, né evidente. Evidente la crocifissione, evidente il sangue e la testimonianza, evidente e sconcertante l'urlo di sofferenza ma la resurrezione no, è tutt'altro affare, è questione di fede, non di evidenza. I racconti della resurrezione e delle apparizioni del risorto entrano nella dimensione della discrezione e della conversione, della serenità e della pace, ma anche dello sconcerto degli apostoli e della loro (e nostra) fatica a risorgere.
Forse perché è difficile condividere la gioia di qualcun altro. Sentiamo solidale il crocifisso, ci identifichiamo, ognuno di noi ha vissuto o vive un'esperienza di dolore, di sconfitta. Abbiamo maturato una grande devozione al dolore di Dio, e giustamente. Ma troppo spesso siamo fermi a quel dolore, come i discepoli di Emmaus, quasi compiaciuti della dimensione del patire. Conosco troppi cristiani fermi al venerdì santo, accampati sotto la croce, troppo legati al proprio dolore per accorgersi che Gesù è risorto.
No, amici, è tempo di abbandonare il dolore, di non amarlo, di redimerlo. La gioia cristiana è una tristezza superata, la gioia cristiana è guardare delle bende e vedere il corpo trasfigurato che avvolgevano, vedere una tomba vuota e capire che sì, davvero il Signore è risorto.
Avremo ora cinquanta giorni (e la vita) per convertirci alla Pasqua, per abbandonare il dolore, nostro e di Dio. Avremo cinquanta giorni per ridirci che dopo la croce, ogni croce, ci aspetta la speranza della vita nuova in Cristo. Se davvero siamo risorti con Cristo, cerchiamo le cose di lassù, viviamo da risorti!