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TESTO Lacrime di palme e ulivo

mons. Antonio Riboldi

Domenica delle Palme (Anno B) (13/04/2003)

Vangelo: Mc 14,1-15,47 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Azzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturarlo con un inganno per farlo morire. 2Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».

3Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. 4Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? 5Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.

6Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. 7I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. 8Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. 9In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».

10Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. 11Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.

12Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. 14Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. 15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». 16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

17Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. 18Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». 19Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». 20Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. 21Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».

22E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. 25In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

26Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. 27Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto:

Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse.

28Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». 29Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». 30Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». 31Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.

32Giunsero a un podere chiamato Getsèmani ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». 33Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. 34Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». 35Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. 36E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». 37Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? 38Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». 39Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. 40Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. 41Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. 42Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

43E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. 44Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». 45Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. 46Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. 47Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. 48Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. 49Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!».

50Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. 51Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. 52Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

53Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. 54Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco.

55I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. 56Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. 57Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: 58«Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». 59Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. 60Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». 61Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». 62Gesù rispose: «Io lo sono!

E vedrete il Figlio dell’uomo

seduto alla destra della Potenza

e venire con le nubi del cielo».

63Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? 64Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte.

65Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano.

66Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote 67e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». 68Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. 69E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». 70Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». 71Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». 72E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.

1E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. 2Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». 3I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. 4Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». 5Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito.

6A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. 7Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. 8La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. 9Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». 10Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. 11Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. 12Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». 13Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». 14Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». 15Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

16Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. 17Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. 18Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». 19E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. 20Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

21Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo.

22Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», 23e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. 24Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. 25Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. 26La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». 27Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. 28[..]

29Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, 30salva te stesso scendendo dalla croce!». 31Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! 32Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

33Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. 34Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». 35Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». 36Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». 37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

38Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. 39Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».

40Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, 41le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

42Venuta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, 43Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. 44Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. 45Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. 46Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. 47Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.

Qualcuno con molta verità ha detto: "Quest'anno le palme e l'ulivo, che vengono benedetti e quindi portati nelle case e donati alle persone care, come segno di autentica pace, quella di Dio versano lacrime". Lacrime di una guerra che, con l'orrore che è proprio di ogni guerra, fa sanguinare il cuore di tutti. Gridiamo a Dio il dono della pace, ma pare che gli uomini non sentano neppure più la dolce voce del Padre che parla con la grande ragione che tutti noi siamo suoi figli, creati per volersi bene, dimostrarlo nella giustizia e nel perdono. Quel suo grande comandamento dato a tutti noi il giovedì santo, "Amatevi tutti, gli uni gli altri, come io ho amato voi" sembra avere ceduto il passo all'odio che è il terribile cancro al cuore dell'uomo: un cuore incapace di conoscere la dolcezza dell'amore e della pace.

Fa tenerezza come Gesù, il Maestro, che pure essendo il Creatore di tutto e di tutti, la stessa ragione della nostra esistenza, l'origine della bellezza del creato, ami sempre vestire gli abiti della umiltà, come fosse l'ultimo di tutti. La sua grandezza è l'amore che si accompagna sempre con l'umiltà e la povertà. Così ce lo presenta S. Paolo: "Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo, e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Fil. 2,6-11).

La gente semplice non conosce affatto la pericolosità dell'orgoglio che a volte ama esibire le sua forma di superbia, che fa degli uomini "lo sgabello dei suoi piedi" e "oggetti delle sue ambizioni", fino alla guerra, che da troppo tempo sta riempiendo il cuore degli uomini buoni, che Dio ama, di lacrime di dolore e di speranza.

La gente semplice è quella che ha conservato gli occhi del cuore "puri", ossia capaci di "vedere" il volto della bontà, di Dio. Per la gente semplice, che a Pasqua si era data appuntamento a Gerusalemme per la festa, Gesù era l'uomo dolce, l'amico cui potevi affidare tutto te stesso, sapendo che non ti usava, ma ti faceva crescere nella vita, nella gioia. Bastava vederLo una volta, Gesù sul proprio cammino, per accorgersi che il suo nome era uno solo "Amore senza fine". Gesù, in quella festa, vuole anche Lui inventare la "sua" festa, che sembra fatta su misura per chi è umile e semplice, come spero siamo tutti noi.

Inventa un corteo festoso. Si fa prestare un asino per trono e lo cavalca passando fra la gente, a cui non pare vero di tributarGli la più grande gioia possibile "La gran folla, che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e ulivi e uscì incontro a Lui gridando: "Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re di Israele!" Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto: non temere figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene sopra un puledro d'asina. In altro Vangelo c'è scritto che questo trionfo, che ben esaltava non la sua umanità, ma il suo "Venire nel nome del Signore" dà fastidio alla gente che allora contava, i farisei che chiedono a Gesù di fare tacere le grida della gente, dei fanciulli. Ma è sempre difficile spegnere la gioia nella gente semplice che si affida a Dio.

Certamente Gesù ha voluto "inventare" questa festa, come una manifestazione di Chi Lui veramente era, ossia il Figlio di Dio, Dio, fatto uomo per tutti noi. E da Lui può nascere solo quella festa della vita che è bene rappresentata dalla gente, che non si lascia intimorire dalla cattiveria di chi non può tollerare la verità, ossia Gesù stesso, odiandolo fino alla morte. Gesù voleva quasi ricordare a tutti che fra qualche giorno l'avrebbe rivisto ma su un altro trono: la Croce, dove non c'erano più palme di trionfo, ma solo le più umilianti prove che davvero annientano ogni briciolo di dignità dell'uomo.

Ma Gesù non era venuto certamente per cogliere qualche applauso: quello che tanti di noi cercano, non accorgendosi neppure che è il rumore di un istante, che scompare nel vuoto da dove è venuto. Gesù cercava un altro applauso, quello che riserverà nel giorno di Pasqua, quando apparirà nella sua intoccabile gloria.

E prima di arrivare al trono di gloria che nessuno potrà più appannare, circondato da miriadi di santi in continua festa, Gesù non si sottrae a passare per la prova del sacrificio per amore.

Se oggi i nostri ulivi grondano lacrime per la pace che sembra non riesca a prendere il volo, come le avessero tagliate le ali, o perlomeno talmente infangate le ali da non riuscire queste a dispiegarsi in volo, dovremmo sentirci vicini a Gesù nel suo ingresso nella nostra civiltà, anche noi stendendo ai suoi piedi i nostri mantelli, perché siano l'ornamento della sua gloria: e intendo per mantelli tutto ciò siamo e abbiamo, perché Lui e solo Lui si senta il Signore da cui possiamo attendere gioia.

E stringendo nelle mani l'ulivo nutrire la certezza degli umili, dei veri discepoli che, nonostante tutto, esultano di gioia perché, venendo Gesù, nella nostra storia entra la pace. Nessuno di noi si accodi ai farisei che non vorrebbero che Gesù entrasse nella nostra storia, perché questi non amano affatto che Altri, dal Cielo, traccino il cammino della storia dell'uomo: una via che, tracciata da Dio, ha tutta l'apparenza di un Arcobaleno che unisce cielo e terra.

E dove arriva la palma che riceveremo oggi, facciamo in modo che arrivi Gesù: nelle nostre famiglie, nei nostri amici, con il coraggio di dirci: "La pace di Dio sia con te e con tutto il mondo"! E Gesù tornerà, anzi è già tra di noi da sempre, a indicare i passi della pace agli uomini che davvero con la buona volontà, seguendo la giustizia e il perdono, come suggerisce il S. Padre, sono le sentinelle della pace.

Ma vorrei che i miei amici di Internet, sentissero davvero e in qualche modo la vivessero in profondità di fede e partecipazione, questa settimana che la Chiesa definisce "santa": santa per quello che Gesù ha compiuto, lasciandocelo come un testamento, che sia la ricchezza della nostra vita spirituale.

A cominciare dal Giovedì Santo: il grande giorno della Eucarestia, "la Cena del Signore": una cena cui vorremmo essere presenti tutti per farci lavare da Lui i passi a volta sbagliati dei nostri piedi e quindi entrare nel cuore del Suo dono: "Prendete e mangiate tutti: questo è il mio Corpo". A vivere l'indicibile amore che Lui ha donato a tutti noi, nella Sua Passione, Crocifissione e Morte. Un giorno che sarebbe bello vivere con i sentimenti di Maria, vicini a Lei, sotto la croce, per capire quanto, ma quanto, Dio ci ama...ancora oggi: per capire che le guerre sono esattamente quello che sanno fare gli uomini quando crocifiggendo l'amore, elevano le infinite croci su cui mettono gli uomini.

In attesa che venga il giorno della Pasqua o del trionfo di Cristo, il giorno della vera pace.

Non è più tempo di urlare solo lo sdegno, ma è tempo di rimboccarsi le maniche. E' tempo davvero di schierarci dalla parte della folla semplice che gioisce nel vedere Gesù.

"Nell'agonia dei nomi, amava dire Mons. Tonino Bello – sono irrimediabilmente logorati termini come progresso, ideali, destra, sinistra, civiltà, giustizia, libertà, – solamente Shalom, che vuol dire pace, non ha mai cambiato significato. La pace non è ricavata dai nostri pozzi di petrolio... E' un'acqua che scende dal cielo, e siamo noi che dobbiamo canalizzarla, perché giunga a ristorare la terra". E di fronte alle nostre frustrazioni sempre Mons. Bello affermava: "Ho letto da qualche parte che gli uomini sono come angeli con un'ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati. A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore, che anche tu abbia un'ala soltanto, l'altra la tieni nascosta forse per farmi capire che anche tu non vuoi volare senza di me. Per questo mi hai dato la vita, perché io fossi tuo compagno di volo".

Antonio Riboldi - Vescovo -

E-Mail: riboldi@tin.it
Internet: www.vescovoriboldi.it

Acerra, 10 aprile 2003.

 

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