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TESTO Sete di speranza oggi

mons. Antonio Riboldi

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (03/08/2008)

Vangelo: Mt 14,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 13avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. 14Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.

15Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». 16Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». 17Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». 18Ed egli disse: «Portatemeli qui». 19E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. 20Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. 21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

Fa davvero impressione la troppa gente che si abbandona alla disperazione, per i più vari motivi: dalle vere tragedie, che sembrano togliere ogni ragione di vita, o guardando a come è difficile che si faccia strada la giustizia nel nostro mondo o per le più diverse delusioni umane, che sembrano voler spegnere il gusto della vita.

Sono tantissime, insomma, le ragioni che portano a disperarsi.

Tante volte il motivo dipende dall'impostazione della vita, che ci si è data, affidandosi a 'sogni' umani, che possono illudere o fare contenti per un istante, ma non garantiscono la vera speranza, che dà un senso "oltre", anche quando le cose vanno male.

"Avvertiamo - diceva Paolo VI – nell'umanità, un bisogno doloroso e, in un certo senso, profetico di speranza, come del respiro per la vita. Senza speranza non si vive.

L'attività dell'uomo è maggiormente condizionata dall'attesa del futuro, che dal possesso del presente. L'uomo ha bisogno di una finalità, di incoraggiamento, di pregustamento della gioia futura. L'entusiasmo, che è la molla dell'azione e del rischio, non può sorgere che da una speranza forte e serena. L'uomo ha bisogno di ottimismo sincero non illusorio....

Ogni speranza si fonda sopra una certezza, sopra una verità che nel dramma umano non può essere solo sperimentale. La vera speranza, che deve sorreggere il cammino dell'uomo, si fonda sulla fede, la quale è, nel linguaggio biblico, 'fondamento delle cose sperate' e, nella realtà storica, è Gesù risorto" (11 aprile 1971)
Pare rivolto a noi, oggi, quanto afferma il profeta Isaia:

"Dice il Signore: 'O voi assetati, venite all'acqua; chi non ha denaro venga ugualmente; comprate e mangiate senza denaro e senza spesa vino e latte.

Perché spendete denaro per ciò che non è pane; il vostro patrimonio per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti.

Porgete l'orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete". (Is. 55, 1-3)

Ed è davvero bello e importante per la nostra vita il Vangelo che ci offre oggi la Chiesa. Incontriamo Gesù, che soffre in silenzio e si ritira in disparte in 'luogo deserto " quasi a voler nascondere il suo profondo dolore. Poi torna alla gente, alla folla che lo cerca e vede in Lui una speranza. E si commuove fino a farsi coinvolgere e offrire una rinnovata fiducia.

Ci rivela come Gesù, Figlio di Dio, non si sottrae alle vicende umane, anche le più dolorose, e sa dare risposte al nostro bisogno di speranza, ieri come oggi.

Leggiamo con commozione ogni parola, chiedendo al Maestro di farci partecipi dei sentimenti del Suo Cuore.

"In quel tempo - racconta Matteo - quando udì della morte di Giovanni Battista, partì su una barca e si ritirò in disparte in luogo deserto.

Ma la folla, saputolo, lo seguì a piedi dalle città. Egli sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì compassione per loro e guarì i loro malati.

Sul fare della sera gli si accostarono i discepoli e gli dissero: 'Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare'.

Ma Gesù rispose: 'Non occorre che vadano. Date loro voi stessi da mangiare'.

Gli risposero: 'Non abbiamo che cinque pani e due pesci.' Ed egli disse: 'Portatemeli qua'.

E dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, pronunciò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai suoi discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla. Tutti mangiarono e furono saziati e portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini". (Mt. 14, 13-21)

Il breve racconto del Vangelo ci propone alla meditazione alcuni fatti.

Anzitutto certamente il grande dolore di Gesù nell'apprendere della morte di Giovanni Battista.

Era stato il suo precursore, 'la voce del deserto che aveva presentato la via': il solo testimone che Lui era davvero il Figlio di Dio. Giovanni, arrestato per la sola ragione che aveva rinfacciato ad Erode il suo peccato, era stato trucidato con il taglio della testa, perché il re non aveva voluto venir meno alla promessa, fatta ad Erodiade.

Questa scomparsa di Giovanni, deve avere colpito grandemente Gesù, tanto da scegliere la via della solitudine, come a voler cercare 'un senso' a tutto quanto stava accadendo attorno a Lui.

Forse noi ci saremmo disperati o avremmo implorato vendetta o, quantomeno, giustizia. Ma non è nello stile di Dio, e quindi di Gesù, questo atteggiamento di ritorsione.

C'è un perché in tutto e di tutto, anche per noi: un perché scritto nel cuore di Dio e che può essere colto solo se si è capaci di ritirarsi, come fece Gesù, in disparte, nel silenzio, - quasi a prendere le distanze da reazioni 'troppo umane' - per trovare la forza di affidarsi ai disegni del Padre e, così, poter far nascere la speranza.

È un ritirarsi in colloquio con il Padre, che avviene nell'incontro con la Parola, che svela i tanti perché della vita.

Non è certamente la semplice 'tentazione di fuggire dagli uomini', ma un prepararsi ad incontrarli di nuovo sulla scia dell'amore.

Ricordo la notte del 15 gennaio 1968. noi padri rosminiani avevamo per tanti anni cercato di ricostruire la comunità, la stessa chiesa. Dopo tante fatiche, eravamo felici dei risultati.

Ma quella notte, con il terremoto, tutto crollò. Erano le tre del mattino. Uscii, per fortuna indenne, e mi recai davanti alla Chiesa Madre, di cui non restava pietra su pietra, come di tutto il paese.

Era facile cedere alla tentazione della disperazione. Ma non fu così.

Fummo richiamati dal dolore dei nostri fedeli che chiedevano aiuto.

In quel momento, in pigiama, senza più nulla, a 'mani nude', avevamo solo la fede e il nostro cuore di pastori, che fu preso immediatamente dall'amore o, se vogliamo, dalla compassione, come Gesù di fronte alla folla affamata.

Sulla piccola collina, fuori della nostra baracca, ponemmo una statua alla Madonna della speranza.

E iniziò un lungo percorso verso la giustizia e il paese, sia pure dopo tante sofferenze, tornò a vivere una nuova vita.

Gesù - racconta il Vangelo - venne raggiunto dalla folla, quella silenziosa folla che sempre non riesce ad avere voce e cerca Uno che sia la sua voce, il compimento dei suoi inespressi desideri.

In pratica Gesù era diventato punto di riferimento, come diremmo noi oggi.

Uno da cui, forse, ci si aspettava tanto, non sapendo neppure che cosa sarebbe stato questo 'tanto'. Gesù era allora - e dovrebbe essere anche oggi - la grande e sola speranza della vita.

Era la speranza per chi era malato e chiedeva di tornare alla salute, per chi sognava la libertà e non ne aveva mai sperimentato il significato, per chi forse voleva ritrovare se stesso, il senso della propria vita, frustrato dalle tante contraddizioni che sono, sembra, ciò che offre il mondo.
Gesù aveva nulla, che esprimesse potenza.
La forza era in Lui e nel suo "essere povero".

Lui, che aveva fatto tutto, per cui tutto esiste e senza di Lui nulla ci sarebbe, non aveva 'appoggi umani'. In apparenza non dava sicurezze, almeno terrene, allora come oggi.

Ma in coloro che credono in Lui, allora come oggi - spero - vi era e vi è la consapevolezza che in Lui vi è ciò che non appartiene agli uomini, ma supera la fragilità umana.

AscoltandoLo si aveva allora, e si ha oggi, l'impressione che si aprano i Cieli con tutto il loro splendore; si ha la sensazione che tutto Gli è possibile, soprattutto si avverte il Suo incredibile amore per tutti e per ciascuno: un amore che ci fa sentire in Lui e con Lui al sicuro, tanto che si creò e si crea tra Lui e la folla un'autentica empatia.

E Gesù ricambia, dimenticando il suo stesso dolore per la morte di Giovanni.

Scende dalla barca, si fa vicino, si fa partecipe della 'passione' che agita la folla e interpreta la loro speranza con due segni, guarendo gli ammalati e moltiplicando i pani.

Su quella folla, che Lo aveva inseguito, come si insegue la speranza, quel giorno Gesù deve essere apparso come un raggio di Luce, di Sicurezza, quella che viene direttamente dal Cielo.

Si ha l'impressione che gli uomini di oggi assomiglino tanto a quella folla, assetata di speranza. Dovremmo avere l'umiltà e la fiducia di 'inseguire Gesù' anche oggi, con la fede di Paolo, di cui stiamo celebrando 'l'anno paolino'.
Scrive l'Apostolo delle genti:

"Fratelli, chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di Colui che ci ha amati. Io sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né presente, né avvenire, né potenze, né alcuna creatura, potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore". (Rom. 8,35-39)
Con Charles de Foucauld preghiamo:

"Padre mio, io mi abbandono a Te: fa' di me ciò che ti piace.
Qualsiasi cosa Tu faccia di me, io ti ringrazio.
Sono pronto a tutto, accetto tutto.
La Tua volontà si compia in me e in tutte le creature.
Affìdo l'anima mia alle Tue mani. Te la dono, mio Dio,
con tutto l'amore del mio cuore, perché Ti amo,
perché Tu sei mio Padre".

 

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