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TESTO Commento su Matteo 14,13-21

don Stefano Varnavà

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (03/08/2008)

Vangelo: Mt 14,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 13avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. 14Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.

15Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». 16Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». 17Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». 18Ed egli disse: «Portatemeli qui». 19E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. 20Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. 21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

Il Vangelo si apre con una frase apparentemente introduttiva, invece è una frase che ci deve far comprendere tutto quello che passava in quel momento nel cuore di Gesù.

Noi cerchiamo sempre la comprensione degli altri: ce la prendiamo se gli altri non ci capiscono, aspettiamo sempre che siano gli altri ad interessarsi di noi, ma.... quante volte noi cerchiamo di capire Gesù?

Il momento della morte di Giovanni Battista è un momento particolare per Gesù.

Gesù e Giovanni non erano sicuramente cugini primi, ma... ugualmente erano parenti, quindi, Gesù, davanti alla notizia della morte di Giovanni, avrà rivissuto in Sé tutta la Sua vita iniziata sei mesi dopo quella di Giovanni. Nascite avvolte nella poesia (in base a quello che ci racconta Luca), poesia che avvolge sia la nascita del bimbo di Elisabetta come quella della nascita del Figlio di Maria. Poesia che poi diventa una pianta rigida ricca di foglie e di frutti in ambedue le persone. Persone che anche se hanno uno sviluppo di vita apparentemente diverso, la concludono allo stesso modo: vengono ammazzati ambedue.

Tutte le volte che Gesù pensa alla morte degli altri automaticamente pensa anche alla Sua morte....

Anche noi a volte pensiamo alla nostra morte, ma non sappiamo come e quando sarà; Lui invece lo sapeva.... E' brutto sapere come si deve morire, ed è per questo che il Signore non ce lo fa sapere, non ce lo predice.

La conclusione della vita di Giovanni è certamente una conclusione che stringe il cuore. La vita di Giovanni è entrata in un ingranaggio fatto di uomini senza parola e senza spina dorsale: un Erode che aveva promesso a Salomè: "Qualsiasi cosa mi chiederai io te la darò"; non ha il coraggio di opporsi a lei quando, consigliata dalla madre (tremende le tresche delle donne! Tresche che lasciano l'amaro in bocca perché là dove ci dovrebbe essere la grazia, la delicatezza, l'amore, vediamo invece l'odio, l'astio, la gelosia, l'omicidio) gli chiede la testa del Battista. Un Erode che non ha il coraggio di dire a Salomè: "E' vero ti ho promesso qualsiasi cosa, ma un conto è una cosa, fosse anche un regno, e un conto è la vita di un uomo". Non si gioca con la vita di un uomo!

Purtroppo anche se è triste ammetterlo il mondo va avanti ancora oggi così! Si gioca con la vita degli uomini i quali diventano delle pedine nel gioco a "scacchi" di tante donne.

La fine "miseranda" di Giovanni Battista! Una fine dovuta ai giochetti di "corte" di certe "ragazzette" esibizioniste che sanno "far vedere e non vedere" alle persone anziane che ormai si trovano nella situazione umana di godere solo con gli occhi e con le mani e non con il resto del corpo. Una fine dovuta alla smania di emergere di Erodiade moglie di Filippo stanca di stare a Roma con il marito che non aveva voglia di andare a fare il re in Giudea per governare persone che "non meritavano di essere governate....".

Filippo (marito di Erodiade) se ne stava a Roma insieme a Claudio, Caligola e altri amici con i quali si divertiva passando da un festino all'altro tra scene orrende di violenza come usavano fare i giovani della Roma "bene", della Roma imperiale. L'esempio massimo lo abbiamo avuto da Nerone che si divertiva ad appendere i cristiani ai rami degli alberi per poi bruciarli vivi: crudeltà che purtroppo si ripetono nella storia. Erodiade, che non avendo voglia di essere la spettatrice delle azioni di suo marito e dei di lui amici, "mira" al cognato che, anche se non migliore, le permette però di diventare principessa.

Tante sono le donne che desiderano diventare principesse, e piuttosto che niente lo "diventano" per un giorno, il giorno delle nozze: tre milioni per le fotografie...., sette milioni per il vestito...., duecentomila lire a "cranio" per il pranzo.... Un giorno da principessa!!

Erodiade invece voleva essere principessa tutti i giorni, quindi si "mette" con Erode il cognato, il quale la tratta veramente da principessa. Erodiade va a vivere presso il cognato con la figlia ricca della bellezza dei suoi sedici-diciasette anni, la quale fa invaghire di sé Erode.

In questa tresca si inserisce il personaggio di Battista. Giovanni "parte" con una fede indiscussa in Gesù, ma poi vedendo il Suo comportamento "tentenna", tanto che Gli manda i suoi discepoli per chiederGli: "Ma Tu sei il Messia o dobbiamo aspettarne un altro".

Dubbio che aumenta l'amarezza nel cuore di Gesù che non è venuto per distruggere, per bruciare, per separare il grano dalla pula e buttare quest'ultima nel fuoco, come invece predicava Giovanni. Gesù è venuto per aiutare a non spegnere il lucignolo fumigante nel cuore degli uomini, perché a Lui interessava solo quello che l'uomo sarebbe potuto divenire.

Gesù non ha mai perso il Suo tempo sull'aspetto morale, e questo non perché non lo valutasse o valorizzasse, ma perché sapeva che per far uscire l'uomo dalle sue miserie bisognava spingerlo verso qualche cosa di più grande, di più profondo a differenza di Giovanni Battista che invece si fermava all'atto moralistico tuonando contro quelli che trasgredivano la Legge.

Sono sicuro che Gesù non avrà, in cuor Suo, approvato il sistema di Giovanni Battista: un sistema alla Pannella (mi scusi sig. Pannella se la cito), il sistema di mettersi davanti alla porta della Reggia (o del Parlamento) per inveire a voce alta e in continuazione contro Erode: "Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello...". Un atteggiamento che richiamava i curiosi, i quali "sghignazzanti" ascoltavano le continue ingiurie e i continui "rinfacciamenti"...

Gesù non era fatto così!

Giovanni Battista è un po' figlio del "suo tempo", il tempo dell'Antico Testamento, invece Gesù inizia il Nuovo Testamento.

E' inutile perdere tempo sull'aspetto morale e continuare a ripetere le stesse cose a della gente che non ha voglia di ascoltare...: la si lascia dov'è e si va altrove!

Gesù continua a camminare mentre Giovanni rimane fermo.

Gesù cammina in continuazione per portare la Buona Novella a tante altre persone e si rammarica che Giovanni si comporti diversamente, perché sa che, al Battista, la sua intransigenza e la sua testardaggine frutteranno solo l'arresto e la morte.

Non sto facendo delle affermazioni, sto solo cercando di interpretare, di cercare di capire quale poteva essere il pensiero di Gesù.

Gesù ha uno stile diverso da quello del Battista e cerca, quando quest'ultimo è in prigione, di farglielo capire.

Quando Giovanni mandò i suoi discepoli da Gesù per chiederGli: "Ma sei Tu il Messia.....?", senz'altro si aspettava che Gesù venisse di persona a liberarlo con "mano forte" (essendo oltre tutto parenti!), invece niente!

Mi immagino il cruccio, il dolore di Gesù nel dover accettare che la vita di un Suo parente, di una persona alla quale Lui voleva bene, andasse a finire in una maniera diversa dalla Sua (in quel momento). Tutto questo perché ci sono dei disegni che sono superiori alla nostra vita individuale, disegni superiori alla vita di Giovanni Battista, e superiori alla stessa vita di Gesù il Quale dice: "Padre, se è possibile, passi da Me questo calice".

Non deve essere una cosa gradevole assistere a tutte le malefatte degli uomini e doverne diventare la vittima innocente! Gesù dice: "Padre, se è possibile, passi da Me questo calice", ma alla fine aggiunge: "Però sia fatta la Tua volontà".

Ci sono dei disegni che ci superano e davanti ai quali dobbiamo compiere un atto di fede.

Domenica scorsa parlavamo del rapporto tra figlio e padre: il figlio di Abramo che capisce che il padre deve sacrificarlo a Dio e accetta, e il Figlio Gesù, novello Isacco, che capisce che deve pagare con la Sua vita e accetta questo disegno.

Gesù "preso" da tutti questi pensieri, "preso" da angoscia, anche umana, nel vedere certe "brutture" impensabili, ignominiose, nel vedere un uomo che non è un uomo, nel vedere delle donne che sono delle vipere.... certamente avrà molto sofferto. E quando si soffre per cose che gli altri non capiscono si desidera rimanere soli.

A questo punto è comprensibile la frase: "Quando vide la morte di Giovanni Battista Gesù partì su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto" a soffrire e a smaltire il Suo dolore, la Sua pena.

Anche qui si vede il comportamento di Dio Padre verso Dio Figlio. Il Padre interviene "scrollando" (per così dire) Gesù: il Padre permette che una folla di gente Lo cerchi.

Alla Reggia "abbiamo visto" un uomo ucciso ingiustamente senza che nessuno lo difendesse e qui "vediamo" una folla di persone che cercano Gesù. Persone con atteggiamento diverso.

Giovanni Battista predicava la penitenza, e non a tutti piacciono i discorsi di penitenza. Gesù invece parlava di amore, incoraggiava, indicava la dignità che c'è in ogni uomo che è figlio di Dio, insegnava a chiamare Dio: "Abbà, papà" e non a vedere in Lui il "terribile", il "giustiziere", il "vendicativo" descritto nell'Antico Testamento (o almeno in una parte dell'Antico Testamento).

La gente Lo segue perché comprende che quella di Gesù è la dottrina giusta. E la gente che Lo segue lo fa con fede e accanimento. Gesù ha attraversato il lago in barca ma la gente ha fatto il giro del lago a piedi per poter arrivare a Lui: "Vide una grande folla e sentì compassione per loro".

Per poter uscire dal nostro dolore personale dobbiamo avere il coraggio di accettare il dolore degli altri. Pensando al dolore degli altri dimenticheremo il nostro e saremo "alleggeriti" perché soffriremo di meno.

"Sentì compassione per loro e guarì i loro malati". Gesù dimentica Se stesso, dimentica i Suoi dolori, le Sue sofferenze, le Sue umiliazioni per far del bene a quella gente. Quella gente, avendo cercato Gesù, ha fatto scaturire il miracolo. Miracolo di cinque pani e due pesci che diventano cibo da sfamare più di cinquemila uomini senza contare le donne e i bambini.

Bisognerebbe riflettere molto bene su tutto ciò che Gesù ha provato! Se ci fermiamo solo alla parte epica, cioè ai fatti, anche se miracolosi o poderosi, rischiamo di dimenticare la parte drammatica, cioè i sentimenti che stanno "sotto".

Noi dal teatro drammatico di una Bertini o di una Duse, siamo passati con Sthreler al teatro epico che celebrava i grandi avvenimenti, ma.... oggigiorno, fortunatamente, si ritorna un po' all'arte drammatica: alla comprensione dei sentimenti delle persone.

Sforziamoci di capire i sentimenti di Gesù, e nella misura in cui noi li capiremo e Gli saremo vicini nel Suo sentire, nella stessa misura anche il nostro cuore si purificherà e riuscirà a "buttare via" tutto quello che lo appesantisce durante il giorno: tutte le brutte notizie del telegiornale che sono solo una rassegna delle carceri giudiziarie, dei Tribunali e degli ospedali... Riusciremo a "buttar via" tutte le vicende dolorose che ci sono nella vita per riuscire a "guardare" avanti proprio come ha fatto Gesù.

Gesù dice: "Sì, dovrò affrontare tante pene, tante umiliazioni, la morte, ma... dopo tre giorni risorgerò e più nessuno Mi potrà togliere la vera Vita".

Ciascuno di noi deve pensare a questo: anche noi siamo sulla strada della resurrezione, anche noi siamo sulla strada del Paradiso, per cui tutte le cose passano, sia quelle brutte che quelle belle. Ma chi sta vicino a Gesù si accorgerà che questo passaggio avverrà in maniera meno dolorosa di quello di coloro che sono lontani da Lui.

 

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