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TESTO Una Parola feconda

don Marco Pratesi   Il grano e la zizzania

XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (13/07/2008)

Brano biblico: Is 55,10-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 13,1-23

1Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. 2Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.

3Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, 6ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. 8Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9Chi ha orecchi, ascolti».

10Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». 11Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. 13Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. 14Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice:

Udrete, sì, ma non comprenderete,

guarderete, sì, ma non vedrete.

15Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,

sono diventati duri di orecchi

e hanno chiuso gli occhi,

perché non vedano con gli occhi,

non ascoltino con gli orecchi

e non comprendano con il cuore

e non si convertano e io li guarisca!

16Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. 17In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!

18Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. 19Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. 20Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, 21ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. 22Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. 23Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

Forma breve (Mt 13,1-9):

1Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. 2Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.

3Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, 6ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. 8Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9Chi ha orecchi, ascolti».

Il famoso passo si trova quasi alla fine della sezione del Secondo Isaia, nella quale il profeta rivolge un'ultima esortazione al popolo sfiduciato: la Parola che Dio ha pronunziato mediante il profeta si avvererà certamente. "Sì, voi partirete con gioia e sarete ricondotti in pace", si legge nel versetto immediatamente successivo alla nostra pericope. Evidentemente, la situazione del popolo in esilio è tale da non lasciare molto spazio alla speranza, e la Parola di Dio rischia di essere presa per una pia illusione. Ma non lo è, e a conclusione della sua profezia il profeta adduce due elementi a sostegno della sua veridicità. Primo: le vie di Dio non sono le vie umane (55,8-9). È un altro testo celebre che, letto nel suo contesto, rileva il fatto che Dio può salvare anche laddove umanamente non c'è salvezza. Secondo: la Parola di Dio non è detta mai a vuoto, ciò che Dio dice si realizza comunque. L'accostamento con la parabola del seminatore (Mt 13,4-9; Mc 4,3-9; Lc 8,5-8) può risultare fuorviante. Qui non si guarda alle disposizioni umane ma alla volontà divina: la salvezza si compirà comunque, per la forza intrinseca della Parola. Certo, questo richiede di essere creduto, c'è anche un appello alla conversione (55,6-8). La pioggia dà seme e pane. Sono i due estremi del processo: dalla semina al pane, in mezzo c'è tutta la fatica del lavoro dell'uomo (cf. 2Cor 9,10). Rimane tuttavia che la realizzazione del piano di Dio non dipende dalla risposta dell'uomo: niente è in grado di annullarlo. Con un'idea simile si era anche aperta la sezione del Secondo Isaia: "L'erba secca, il fiore appassisce, ma la Parola del nostro Dio sussiste in eterno" (40,8). Ancora si nota il contrasto tra la fragilità dell'uomo e la solidità di Dio. Tutta la profezia del Secondo Isaia sta in mezzo a questi due pilastri, incorniciata dalla fede incrollabile nella solidità del progetto salvifico di Dio, anche in situazioni senza speranza: "la tua parola, Signore, è stabile come il cielo" (Sal 119,89).

La pioggia scende dal cielo e vi torna, e così pure la Parola. Essa viene a noi ed entra nella storia, eventualmente "decodificata", captata dal profeta. La Parola efficace non è principalmente quella del Profeta, ma quella di Dio. La parola profetica, e più in generale rivelativa, è - se autentica - specchio di quella Parola che esce dalla bocca di Dio, agisce nella storia, per tornare infine a Dio. Il suo ritorno a Dio è ugualmente importante, poiché quanto non trova approdo in Dio finisce nel nulla. Una parola che non torni a Dio è semplicemente fiato che si perde nel niente (cf. Sal 94,11), come una navicella oramai abbandonata nello spazio. Dio è principio e fine, tutto parte da lui e sfocia in lui, trovando la sua collocazione definitiva in rapporto a lui. Pensiamo alla parola umana: la parola che abbiamo pronunziato forse non ritorna a noi, nel senso che alla fine la percepiamo come parola sostanziosa o vuota, reale o vana? In Dio la Parola nasce dal silenzio, da esso esce come Parola (ri)creatrice, e torna al silenzio come approdo e pienezza definitiva. Il cosmo intero, con la sua storia, è compreso in questo "viaggio di andata e ritorno" della Parola.

Perciò l'uomo non può vivere "di solo pane" (cf. Dt 8,3; Mt 4,4; Lc 4,4): senza la Parola egli sarebbe semplicemente sopraffatto dalle varie forze che agiscono nella storia, nell'impossibilità di scorgervi qualsiasi progetto complessivamente positivo.

I cristiani lo sanno: questa Parola si è fatta carne, è entrata nella storia (cf. Gv 1,1.14), e in essa rimane attivamente presente fino al completamento del progetto di Dio su di essa (cf. Mt 28,20). Continua a produrre seme per il seminatore del Vangelo (cf. Mc 4,14) e pane per chi di essa si vuol nutrire (cf. Gv 6,40.51). Il piano di salvezza del Signore regge l'urto della storia (cf. Sal 33,11) e la Parola è vittoriosa (cf. Ap 19,11-16). Dobbiamo avere il coraggio della Parola, che significa ascolto e annuncio. Un ascolto perseverante e un annuncio coraggioso della Parola portano certamente alla fruttificazione abbondante, secondo la chiamata, dei germi di bene celati nei solchi della nostra terra.

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.

 

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