TESTO I Profeti disprezzati
XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (06/07/1997)
Vangelo: Mc 6,1-6
1Partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. 2Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? 3Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. 4Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. 6E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.
In questi giorni si sta facendo un gran parlare di indulto e grazia a quanti costruirono la storia degli anni di piombo, gli anni del terrore, così vicino a noi per il ricordo che ne hanno i familiari delle vittime: e nello stesso tempo così lontani da quasi non ricordarli più.
Quando il terrorismo fu sconfitto, nacque il problema del cosiddetto "pentitismo" (meglio chiamarlo della collaborazione con la giustizia) della dissociazione della irriducibilità. In altre parole, i protagonisti della politica del terrore conosciuta una sconfitta che erano certi di non subire (qui la loro presunzione) fecero i conti con se stessi, con le loro convinzioni nate nelle aule della università il più delle volte, da "cattivi maestri": ma soprattutto fecero i conti con la propria coscienza. Molti, tantissimi, siccome - a differenza della mafia o della camorra - avevano un grande retroterra culturale e ideologico, il conto con la propria coscienza era inevitabile. Ed è il primo atto di onestà intellettuale. Per una serie di circostanze, mi trovai al centro del loro dibattito interno. I problemi di coscienza hanno bisogno di "padri dello spirito" per trovare chiarezza. Così ebbi modo di incontrare tanti ex terroristi, in quasi tutte le carceri normali o di massima sicurezza italiana. Un vero pellegrinaggio all'interno di coscienze confuse che non volevano - ed è atto di grande intelligenza - vedere la propria vita finire in un pericoloso labirinto senza uscite, che è come accostarsi alla pazzia.
Il fatto divenne ben presto di pubblico interesse. Ci si domandava da tutti perché andessi a visitare i terroristi. Con me c'era molte volte Padre Bachelet, fratello del Prof. Bachelet trucidato dalle brigate rosse. Un omicidio che il figlio Giovanni durante il rito funebre ebbe il coraggio cristiano di perdonare. E fu come una pietra scagliata nel grande stagno della comune voglia di vendetta, che regnava nella pubblica opinione.
Non andavo certo a liberarli dalle loro responsabilità, o a sostituirmi al compito della giustizia umana. Solamente ad aiutarli a ritrovare in un clima di amore cristiano, la via che era Cristo: il figlio di Dio che non aveva assolutamente vergogna di sedersi a mensa con i pubblicani ed i peccatori e per questo venne rimproverato dai farisei. Diede una risposta che poteva suscitare scandalo, ma era la sola risposta che spiegava la Sua Presenza tra di noi: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori" (Mt. 9,13).
Fui aggredito da ogni parte, stampa compresa, per questo visitare i terroristi. Un giorno in un gran dibattito, davanti a tremila persone venni sonoramente fischiato da una parte del pubblico, cui seguì un immediato silenzio come fosse subentrata una consapevolezza di aver sbagliato. Attesi qualche minuto, in un silenzio carico di tensione, prima di rispondere. Poi dissi semplicemente: "A dire" o "fare" verità preziose del Vangelo, c'è sempre il rischio della condanna. Ma sono contento dei vostri fischi. A qualcuno che ci regalò la misericordia del Padre Gli andò più male, finì in croce. Uscendo da quell'incontro, ricordo di essere passato tra la gente che non sapeva se salutare o ignorare. Un uomo mi si accostò e mi disse: "Lei ha grandi meriti: basta pensare alla sua opera nella Valle del Belice; ma questo di visitare i terroristi proprio non lo posso capire".
Ho voluto narrare a lungo un fatto che tiene banco nei nostri giorni.
Ma è solo un piccolo esempio, di come ogni volta "si esce dalle righe", ossia non si è d'accordo con la mentalità comune, sempre nei riguardi della Verità che è Dio, e si ha il coraggio di dirlo o farlo, si incontrano ostilità che a volte portano al martirio. E la storia di ieri e di oggi è piena di questi martiri.
Il mondo è sempre in cerca di folle che battano le mani e diano ragione ai "folli" che non turbano una quiete che è il sonno della verità e della vita, della morale e della stessa giustizia. Un sonno pieno dei sogni di potere, prestigio, piacere che sono, ripeto, il pericoloso sonno della vita.
Ma quando qualcuno - e lo dovrebbero fare con coraggio i Cristiani, discepoli della Vita, che è Cristo e non discepoli del sonno che è il mondo - "agita le acque", è scomunicato dalla pubblica opinione: ossia non trova più chi lo ascolti, lo segua, gli sia amico. "Ha mosso le acque di uno stagno che tale vuole essere e che invece per non morire deve muoversi".
Mi vengono in mente tanti momenti dell'insegnamento di Paolo VI, soprattutto per quanto riguarda il rispetto alla vita e la procreazione responsabile. Fu coperto di derisione, come Gesù. Era un profeta disprezzato. L'esperienza di oggi ci dice che aveva ragione. Così come il Santo Padre cui certamente non manca il coraggio del profeta coraggioso, ha conosciuto i momenti della solitudine e del disprezzo. Viene a proposito allora quanto dice Dio al profeta Ezechiele oggi: "Figlio dell'uomo, io ti mando tra gli israeliti, a un popolo di ribelli che si sono ribellati contro di me...... Tu dirai loro: Dice il Signore Dio. Ascoltino o non ascoltino - perché sono una genìa di ribelli - sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro" (Ez. 2,5).