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TESTO Commento su Matteo 9,9-13

don Daniele Muraro  

X Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (08/06/2008)

Vangelo: Mt 9,9-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 9mentre andava via, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.

10Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. 11Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». 12Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. 13Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Per comprendere la prima lettura, tratta dal profeta Osea, dobbiamo dividerla in due parti. Nelle prime quattro righe è il popolo di Israele che parla, nelle righe seguenti risponde il Signore.

Dio non sembra molto contento delle parole del suo popolo e gli rimprovera che i suoi propositi di conversione lasciano il tempo che trovano. Il popolo aveva detto: "Affrettiamoci a conoscere il Signore", ma Dio ribatte: "Il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all'alba svanisce" e poi conclude: "Voglio l'amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti".

Quest'ultima frase viene ripresa da Gesù nel Vangelo di oggi quando esclama: "Andate a imparare che cosa vuol dire: "Misericordia io voglio e non sacrifici". Gesù si rivolge ai farisei che lo avevano appena criticato perché insieme ai suoi discepoli non aveva disdegnato di mettersi a tavola con il pubblicano Matteo e non aveva sollevato obiezioni nemmeno quando al gruppo si erano aggiunti amici e colleghi di Matteo, intervenuti a vedere quel che succedeva.

Poco prima Gesù incontrato Matteo seduto al banco delle imposte e guardando fisso verso di lui lo aveva chiamato. Matteo era un pubblicano, cioè aveva ricevuto in appalto la riscossione pedaggio che dovevano pagare i viandanti di passaggio per Cafarnao, comprese le loro merci. Anche l'apostolo Pietro, per dirne una, di sicuro sapeva bene chi era Matteo avendo avuto a che fare con lui quasi tutte le mattine quando dal porto si spostava a vendere il pesce in città.

Che cosa sia intercorso di preciso tra l'esattore delle tasse Matteo, detto anche Levi, e Gesù è un segreto che lo stesso protagonista dell'episodio, in quanto autore del primo Vangelo, non ci ha rivela del tutto.

Dal racconto sappiamo che Gesù passandogli davanti gli fece la proposta di seguirlo, cioè di abbandonare casa, professione e abitudini, ed egli acconsentì. Lo stesso san Matteo precisa che per seguirlo dovette alzarsi, una annotazione all'apparenza ovvia, ma che allude alla rinuncia alle comodità di una vita ricca e allo sobbalzo morale che permise a Matteo di smetterla con il suo atteggiamento egoistico precedente.

Per lui Dio si era rivelato in maniera nuova ed inaspettata nella persona di Gesù e si era fatto conoscere sotto il volto della misericordia che accoglie e perdona.

Sicuramente la frase: "Misericordia io voglio e non sacrifici" pronunciata da Gesù in casa sua durante il banchetto, si impresse in maniera indelebile nella mente di Matteo, tanto che nel corso del Vangelo egli la torna a citare un'altra volta a proposito della legge di Mosè.

Nel Vangelo di oggi l'appello alla misericordia che Gesù fa è collegato al tema della salute e della malattia spirituale e quindi a quello della guarigione. "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, dice Gesù, ma i malati". Con ciò Egli presenta se stesso come il medico capace di sanare le infermità dell'anima e da medico coscienzioso e generoso dimostra di apprezzare quelli che si riconoscono bisognosi di essere curati.

È la fede che salva, la fede in Gesù in questo caso medico del corpo e soprattutto dello spirito. San Matteo ha creduto e così ha potuto comprendere la novità del Regno dei cieli introdotto da Gesù, in cui trovano compimento tutte le attese dell'Antico Testamento.

Torniamo allora per un attimo a considerare la prima lettura, un testo che anche Levi il pubblicano conosceva per averla sentita in sinagoga, ma che forse fino quel momento gli era rimasto oscuro e confuso.

Abbiamo detto che Dio rimprovera il suo popolo ed se Egli si dimostra così sdegnato è per due motivi. Il popolo aveva detto: "Dio verrà a noi come la pioggia d'autunno, come la pioggia di primavera", ma avere a che fare con Dio è ben diverso che guardare le previsioni del tempo. Dio non è il sole di cui si può sapere sempre l'ora della levata e del tramonto, ma che rimane lontano, sospeso sulle vicende umane. Egli è un soggetto e non un meccanismo e vuole essere trattato da persona divina e non da mercante con cui scambiare favori.

Chi davanti al Signore è preoccupato di sapere se farà bello o brutto, se la sua faccia sarà corrucciata o serena, si perde la qualità migliore di Dio che è il suo amore e il dialogo personale con Lui.

Come dice il salmo responsoriale, tutto quello che di materiale c'è nel mondo e che gli Ebrei e con loro gli altri popoli antichi sacrificavano a Dio, è già suo, perché Egli lo ha creato. Solo su una realtà Dio non ha potere e si aspetta una volontaria adesione e un libero servizio: l'apertura della propria mente per ascoltare la sua parola e il sacrificio della propria volontà per mettere in pratica questa sua parola.

La seconda lettura ci dice che Abramo credette contro ogni evidenza e così conobbe la potenza di Dio che si dimostrò capace di portare a compimento quanto gli aveva promesso: ossia di avere un figlio che gli garantisse la discendenza.

Se Dio ha fatto questo per Abramo e soprattutto se Dio ha potuto risuscitare il suo Figlio Gesù, Egli sarà capace di far risorgere anche noi. San Matteo ha esperimentato la potenza della parola risanatrice di Gesù. Per lui misericordia ha voluto vita nuova, fin da subito.

Credendo Matteo ha potuto capire dove stava sbagliando e dove stava la vera realizzazione delle sue aspirazioni. Ha smesso di raccogliere e ordinare monete e invece si è messo a raccogliere e mettere in ordine le parole del suo Signore e Maestro. Consegnandoci il primo Vangelo ci ha dimostrato di essere riuscito a mettere insieme un tesoro che dura nel tempo.

Anche noi credendo con prontezza e grandezza d'animo, riusciremo a comprendere meglio come il Signore ci vuole e che cosa è veramente importante nella vita.

 

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