TESTO Commento su Matteo 11,25-30
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XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (06/07/2008)
Vangelo: Mt 11,25-30
In quel tempo Gesù disse: 25«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Leggendo le letture della liturgia di oggi ci ha subito colpito un aspetto decisamente singolare del brano del Vangelo: Gesù prega e ringrazia il Padre rendendogli lode. Che bisogno ne aveva? Eppure rende lode a Dio, l'uomo Gesù ringrazia il Padre.
Viene da pensare che l'uomo, come era Gesù, per essere compiutamente uomo, come Gesù certamente voleva essere, ha la necessità di entrare in comunione con Dio.
E come se non con la preghiera?
Questa secondo noi è una grande garanzia, una grande promessa. L'uomo (e la donna, ovviamente) ha una natura "nella carne", come dice Paolo. Anche Gesù l'aveva, ma, come abbiamo visto, come uomo entra in contatto col Signore con la preghiera.
Le altre letture ce lo confermano: la prima lettura "promette" la protezione del Signore per chi è in comunione con lui: il Salmo è una lode continua al Signore, un incitamento ad essergli fedeli, come grande è la fedeltà di Dio nei nostri confronti.
San Paolo poi, ci dice esplicitamente che l'uomo ha in se stesso lo Spirito di Cristo e per questo motivo appartiene a Cristo. Come potremmo essere in Cristo se non usciamo dalla logica stretta della carne?
Tutto ovvio, tutto logico, tutto semplice. Perché dunque è così difficile realizzare una cosa così semplice e per contro così naturale?
Dopo aver un po' riflettuto su questa domanda ci siamo detti che probabilmente noi ci fidiamo troppo dei nostri cinque sensi. I nostri sensi umani con cui guardiamo, tocchiamo, ascoltiamo tutto il mondo che ci circonda. Ci siamo convinti che dobbiamo avere da qualche parte un altro senso, uno strumento per capire e "guardare" le cose che ci sono inspiegabili con i soliti cinque sensi.
E quante ce ne sono, verò? Proprio dalla nostra esperienza di coppia ci viene naturale pensare che nonostante l'impegno delle nostre sensibilità "umane" è difficile creare una coppia che sappia resistere a tutte le difficoltà umane.
Se crediamo nell'amore "per sempre", al Sacramento del matrimonio, dobbiamo per forza farlo uscire dai limiti degli sguardi, delle carezze, delle parole inutili: dei soli sensi umani.
Gesù ci ha dato un altro senso per la vita di coppia: la fede e il suo aiuto. Dobbiamo trasformare parole, gesti, sguardi, baci alla luce dello Spirito.
Capita nei matrimoni, specie nelle comunità rurali, che allo sposo venga messo sul collo un giogo per animali ad indicare le difficoltà e il peso di una unione matrimoniale.
E' il peso e la difficoltà della carne, del vivere il rapporto di coppia solo con i sensi, pur bellissimi, puramente materiali.
Occorre il senso dello Spirito: dobbiamo essere l'uno per l'altra segno dello Spirito di Dio e solo con l'aiuto della preghiera e il sostegno del Signore potremo farcela....
Per la revisione di vita
- Quante volte al giorno parlo di Gesù con il coniuge? E in famiglia?
- In che modo chiediamo l'aiuto del Signore perché sostenga il nostro rapporto di coppia e la nostra famiglia?
- Che cosa ci dà il senso della "spiritualità" del nostro rapporto di coppia?
- Come il vivere il matrimonio nello Spirito rafforza anche il rapporto dal pun to di vista materiale, sotto ogni aspetto?
Commento a cura di Gloria e Riccardo Revello