TESTO protagonisti della festa
IV Domenica di Avvento (Anno C) (24/12/2007)
Vangelo: Lc 1,39-48
39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Sembra che il Signore, con la sua Parola abbia una sola preoccupazione nei nostri riguardi: che non abbiamo a fraintendere la sua venuta, resa viva e attuale ogni anno nella Memoria del Natale. La preoccupazione che abbiamo a farci protagonisti della festa. Per molti perché ormai è una festa senza Cristo attorno a valori importanti: l'infanzia, la famiglia, il ritorno della luce, lo stacco dalla fatica usurante, ma che danno più il senso del tempo che scorre più di qualcosa o Qualcuno che renda significativo il tempo, la vita e il suo andare, verso che cosa?
E per noi superstiti di una fede inquinata dal soggettivismo soverchiante: che siamo noi ad accogliere Cristo, a fargli quello spazio sempre più marginale che riteniamo opportuno, a costruirgli una dimora in mezzo a noi o a fargli spazio nella nostra vita.
Le letture bibliche ascoltate ci avvertono che, a prescindere dalla nostra libertà di accettarlo o ignorarlo, è Cristo, ci ricorda la lettera agli Ebrei a dire:" Ecco io vengo per fare la tua volontà". La volontà di Dio che ancora e sempre vuol ricordare all'uomo che la libertà impressa nel suo cuore non è per tragicamente disfarsi di Lui, ma che la vita sia ripiena della santità di Dio e dunque di quell'amore fatto di gratuità, fedeltà, dedizione, pazienza e felicità che solo può colmare il desiderio umano. E perché questo fosse verità ha amato per primo, "ha fatto offerta del suo corpo una volta per sempre".
Siamo dunque noi nel nostro habitat ad avere bisogno di Dio, ed Egli ha voluto avere bisogno di noi. Anche il Vangelo evidenzia la stessa verità. La gioia, la vita entra nella casa di Elisabetta e Zaccaria perché Maria porta in sé la gioia del mondo che è Gesù. E' Lui che porta futuro, speranza dove la vita si affievoliva. E' Lui che, con la sua venuta, riporta sicurezza, stabilità alle nostre case piene di cose ma dove è compromesso l'essenziale: la felicità dell'esserci, l'accoglienza e la comprensione reciproca, la voglia di continuare a starci. Da soli non salviamo le nostre case, i nostri affetti. Non solo. Non appena dimentichiamo che è il Signore a costruirci una 'casa' e non noi a Lui, che è il Signore a riempire e a portare gioia nel nostro essere 'casa', subito abbiamo paura della nostra piccolezza, del nostro essere Betlemme (Ia lett.) emarginata, marginale, insignificante. Subito pensiamo inutile quello che facciamo, ci facciamo nostalgici e scoraggiati e prendiamo le distanze dal nostro presente.
Questo. Della disaffezione dalle cose dello spirito, dalla importanza del Vangelo, del superamento delle nostre radici e dei valori che sostengono la nostra vita. Solo Lui, Colui che viene, ci ricorda Michea, proprio perché Signore, dominatore degli eventi e superiore al male potrà restituirci la sicurezza dell''abitare'. Solo Lui può dare questa sicurezza fino ai confini della Terra. Solo Lui è in grado di darci quella pace interiore che ci lascia tranquilli di fronte agli eventi, la pace tra noi che rende bello essere suoi, quella pace fattiva e collaborativa di cui la società ha bisogno, perché Egli è la nostra pace.