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TESTO La casa... per vivere la relazione

don Maurizio Prandi

IX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (01/06/2008)

Vangelo: Mt 7,21-27 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 21Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. 22In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. 23Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”.

24Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. 25Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. 26Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. 27Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».

La preghiera Colletta per questa IX^ domenica del Tempo Ordinario mi pare ci offra la giusta chiave di lettura per l'interpretazione della liturgia della Parola che la chiesa oggi ci offre: O Dio, che edifichi la nostra vita sulla roccia della tua parola, fa' che essa diventi il fondamento dei nostri giudizi e delle nostre scelte, perché non siamo travolti dai venti delle opinioni umane, ma resistiamo saldi nella fede. Un agire di Dio quindi, che all'origine edifica, costruisce la nostra vita sulle fondamenta salde della Parola; anche un agire dell'uomo però, chiamato a leggere la propria vita alla luce della Parola perché questa, unicamente questa sia alla base di giudizi e scelte concrete. E' la Parola di Dio che ci permette una fedeltà. Su questo mi piace condividere con voi allora le parole che il cardinal Martini ha rivolto ai fedeli della Diocesi di Milano nella sua ultima lettera pastorale prima di lasciare per raggiunti limiti di età: Che cosa ci ha aiutato in questi anni a camminare e crescere nell'amore del Padre, nella grazia di Cristo e nella comunione dello Spirito Santo? Che cosa resta di vivo e di vivificante dei due decenni di strada percorsi insieme? Il centro e il cuore del nostro cammino comune, la sorgente viva da cui abbiamo sempre attinto è la Parola di Dio. Ciò che veramente conta è ascoltarla, obbedirle, farsene discepoli, essere credenti.

Una parola, quella di Dio, da porre nel cuore e nell'anima dice la prima lettura: il cuore e l'anima, ovvero la sede degli affetti (il cuore) e tutto ciò che rende possibile, nella mia vita, una intimità con Dio (l'anima). Ecco che allora possiamo ancora tenere presente l'immagine che già domenica scorsa proponevo, quella del terreno che accoglie nel cuore e nell'anima, perché le parole riposino a lungo dentro di noi. Per darci il tempo di capire, per darmi il tempo di capire, perché non devo avere nessuna pretesa di immediatezza, nessuna fretta, ma devo essere paziente come il contadino. Parole che entrino nella memoria come in un terreno, per poi un giorno dare frutto, come un seme buono. Credo che sia questa accoglienza della parola che generi l'intimità: non sono le dichiarazioni di appartenenza, non sono gli sbandieramenti della propria fede a sancire l'incontro con Dio.

Ci sono persone che pensano e credono di essere "a posto con Dio" solo perché lo invocano (Signore Signore), perché profetizzano, scacciano demoni, compiono prodigi. Tutte queste azioni, che di per sé sono straordinarie si riducono a nulla (per questo ho sottolineato solo perché...) perché nei fatti poi la volontà di Dio è obliterata, cancellata proprio da coloro che sulla bocca hanno sempre il nome del Signore. Entra nel regno chi tiene davanti agli occhi, come suo orizzonte, la volontà di Dio, le sue parole. Ecco allora l'urgenza, per noi e per le nostre comunità di essere trasparenza di chiesa che santifica, istruisce, guida accogliendo, annunciando nei fatti e nelle sue scelte concrete la misericordia di Dio, facendo sentire perdonati gli uomini, incontrando realmente i poveri. Siamo chiamati a guardare il mondo e gli uomini con lo sguardo misericordioso del Padre per non restare accecati guardando solo a noi stessi (E. Bianchi).

Interpreto così la raccomandazione di Gesù a mettere in pratica, sul versante della misericordia, del perdono, dell'amore: parole da legare alle mani (prima lettura) e che prima di tutto devono entrare nel cuore. Entra nel nostro cuore la parola che esce dal cuore di Dio, anzi che contiene Dio stesso e il suo cuore. Perdonatemi se ripeto tanto questa idea, ma soltanto se saremo capaci di amare, soltanto se saremo capaci di perdonare, soltanto se saremo capaci di accogliere e rispettare, la nostra sarà una vita incrollabile perché costruita sulla roccia che è il cuore di Dio.

Vivere altrimenti significa voler costruire la propria vita su se stessi, sul proprio io e non su Dio pronti, come abbiamo pregato nella Colletta a farci travolgere dai venti delle opinioni umane. Edificare la casa su stessi mi pare che voglia dire rinchiudersi, non riuscire a guardare oltre, non accorgersi, pensare in piccolo, fare di una casa che potrebbe essere grandissima uno spazio all'interno del quale si curano soltanto i propri interessi. Edificare sulla roccia, edificare sul cuore di Dio, significa invece capire che la casa non è semplicemente la tana dove l'uomo si ripara o si nasconde: la casa è luogo di relazioni, di intimità, di familiarità e di amore, la casa è quel luogo dove si cresce e ci si realizza a immagine e somiglianza di Dio.

Questo pensiero sul rischio di una vita chiusa mi permette di fare un ultimo passaggio sul riferimento che la preghiera Colletta fa riguardo alla fede: sì, perché pur ascoltando la Parola e compiacendoci di questa, in fondo in fondo non ci sentiamo al sicuro all'ombra della parola di Dio. E' come se vivessimo una dissociazione che fa scorrere la vita su binari paralleli o su piani separati. Da una parte Dio, cui va la nostra preghiera, la nostra meditazione, il nostro fare nel suo nome, dall'altra i nostri interessi e il resto della vita. E' come se provassimo a salvare l'obbedienza a Dio e, nel contempo, a sottrarci alle esigenze che la conversione comporta. Nella settima domenica del Tempo Ordinario si medita sulla frase di Gesù che dice che non si può servire a due padroni: ecco alla volte la nostra vita è un goffo tentativo di servire a due padroni. La pagina di vangelo che oggi abbiamo ascoltato ci suggerisce che è dalla nostra vita quotidiana che si comprende veramente se abbiamo o no un solo padrone, è dalla vita quotidiana che diciamo agli altri chi sia veramente il nostro Signore.

 

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