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IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno B) (30/03/2003)

Vangelo: Gv 3,14-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 3,14-21

14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

E' un personaggio curioso questo Nicodemo che incontriamo nel Vangelo di domenica (Gv 3,14-21). Nicodemo era un fariseo - un israelita pieno di fede e di zelo - che era stato affascinato dalla parola di Gesù, ma che aveva paura di manifestare pubblicamente la sua simpatia nei confronti del Maestro di Nazareth. Per questo andava da Gesù di notte, quasi in modo furtivo, come racconta il Vangelo di Giovanni: Nicodemo desiderava ascoltare la sua parola, e però non voleva compromettersi, non voleva rischiare la sua buona fama.

E' appunto curioso questo personaggio: curioso perché ci assomiglia. Infatti anche noi sperimentiamo ogni giorno l'indecisione di Nicodemo: e ci ritroviamo come lui alle prese con i nostri dubbi e con le nostre incertezze, radicalmente indecisi su che cosa sia giusto e conveniente fare.

Ci accade un po' come succede allo spettatore televisivo in questi giorni di crisi internazionale: il quale rimane disorientato davanti alla quantità impressionante di notizie anche contraddittorie che la televisione gli riversa in casa. Egli decide allora - seppure inconsciamente - di non lasciarsi coinvolgere troppo dalla cronaca televisiva: vi assiste dal di fuori, e magari salta con il telecomando su 'Grande Fratello' (che non a caso nel primo giorno di guerra è stato il programma serale più visto della televisione italiana).

Esattamente così facciamo noi nella vita di ogni giorno: spesso viviamo da spettatori, a volte incuriositi dalle sorprese che la vita ci riserva, altre volte spaventati dalle prove che incontriamo sul nostro cammino, ma non sempre capaci di percorre una strada fino in fondo, decidendo noi stessi in una direzione o in un'altra. Preferiamo piuttosto rimanere alla finestra, senza comprometterci troppo.

Ci accorgiamo però che questa radicale indecisione è anche la nostra rovina. Se ne accorsero già gli Israeliti, come leggiamo nella prima lettura di domenica (2Cr 36,14-16.19-23): essi avevano perso il loro entusiasmo per il Signore, ed avevano moltiplicato le loro infedeltà; la fede unanime professata sul monte Sinai era ormai stata sostituita da una diffusa indifferenza. Successe così che i nemici 'incendiarono il tempio, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi' (2Cr 36,19). Venne la rovina per Israele, perché gli Israeliti avevano smarrito la decisione di un tempo, preferendo le tenebre dell'indifferenza quotidiana. Avvenne appunto quello che Gesù dice nel Vangelo: 'la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce' (Gv 3,19). Avvenne allora, per gli Israeliti; e avviene ancora oggi, nelle nostre croniche incertezze.

Dunque sappiamo che la nostra radicale indecisione è anche la nostra rovina; e tuttavia non abbiamo il coraggio di metterci in gioco: proprio come faceva Nicodemo quando andava da Gesù di notte.

Nicodemo però alla fine riuscì a decidersi. Lo stesso Vangelo di Giovanni racconta infatti che alla sepoltura di Gesù vi andò anche Nicodemo, 'quello che in precedenza era andato da lui di notte' (Gv 19,39). Nicodemo dunque alla fine uscì allo scoperto: e lo fece perché aveva visto il coraggio di Gesù sulla croce, il quale era morto abbandonandosi nelle mani del Padre. Proprio davanti alla croce Nicodemo si decise ad uscire dalle tenebre della sua indifferenza. E così in quel momento ultimo si realizzarono le parole che Gesù aveva detto a Nicodemo in principio, quando era andato da lui di notte: 'come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna' (Gv 3,14s.). Appunto in tal modo - volgendo lo sguardo al Figlio dell'uomo innalzato - Nicodemo uscì dalle sue incertezze e affrontò con coraggio la vita.

E' lo stesso miracolo che può accadere anche a noi: perché anche noi in questa Pasqua ormai vicina possiamo imparare dal Signore crocifisso a vincere le nostre incertezze, attraversando finalmente la vita non più da spettatori ma da protagonisti.

 

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