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TESTO Fa' sacre tutte le cose

Marco Pedron   Marco Pedron

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Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) (25/05/2008)

Vangelo: Gv 6,51-58 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,51-58

51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Questa festa nasce dal miracolo di Bolsena a cui dobbiamo il duomo di Orvieto. Un sacerdote dubita della presenza reale di Cristo nel pane e nel vino. Durante una messa, quando spezza il pane, un po' di sangue scorre dalla piccola ostia. Dal 1264 questa festa viene estesa a tutta la chiesa.

Noi oggi celebriamo la festa del Corpo e del Sangue del Signore: questo è il Corpo del Signore. Ma nel primo millennio il Corpo del Signore non era l'eucarestia, ma l'assemblea, gli uomini e le donne. Il retaggio di questa origine è rimasto quando noi nelle grandi feste incensiamo l'assemblea. Si incensa Dio presente nel Vangelo, nel pane consacrato e nell'assemblea, nelle persone. Questo era il "verum corpus" di Cristo mentre l'eucarestia era detta il "corpus mysticum". Nei secoli le cose si sono poi scambiate.

Il vangelo usa termini molto concreti: 11 volte mangiare e bere; 10 volte carne e sangue; 5 volte vita e 5 volte pane.

Quando noi leggiamo questo vangelo, così ci è stato insegnato, pensiamo all'eucarestia, al pane consacrato. Ma chi ascoltava Gesù non pensava affatto a questo. La carne dice l'aspetto carnale della vita, il corpo fisico, fragile e debole, ricco e portatore di amore. E' il corpo di Gesù fragile che muore in croce; è il corpo di Gesù energetico che toccando guarisce. Il pane, la carne, è il corpo fisico di Gesù. Ecco perché qui i Giudei scandalizzati dicono: "Come può costui darci da mangiare la sua carne?" (Gv 6,52). E i cristiani, proprio per questo, erano accusati di mangiare corpi umani!.

Allora il Corpo di Cristo è il pane consacrato, ma il Corpo di Cristo sono soprattutto le persone, gli uomini, le donne, io e il mio corpo.

Amare un pezzo di pane, beh è anche molto facile. Credere che lì c'è Dio non ci cambia poi così tanto la vita. Ma amare le persone questa è un'altra cosa. Vedere o credere che in certi volti ci sia Dio questo è più impegnativo, più coinvolgente e sconvolgente.

Madre Teresa diceva: "Mi è difficile credere che la gente possa vedere il Corpo di Cristo in un pezzo di pane e non lo possa vedere nelle persone, negli uomini e nei volti". Ma sarà più facile vedere Dio nel volto di tua moglie che in un pezzo di pane, o no? Sarà più facile vedere Dio nel volto di tuo figlio che non in un pezzo di pane? Sarà più facile vedere Dio in un tramonto, in uno sguardo intenso, in un dialogo profondo e intimo, in una mano che ti aiuta, negli occhi di chi ha sofferto, che non in un po' di vino? Un noto predicatore diceva: "Non so se chi ama Dio ami l'uomo. Ma so che chi ama l'uomo, ama Dio".

Quando noi diciamo che nel pane c'è il corpo di Cristo, diciamo due cose. La prima che lì c'è Dio. E diciamo: "Tu ci puoi credere o no, ma qui c'è Dio". La seconda è che nei corpi, in tutti i corpi, c'è Dio. Diciamo: "Tu ci puoi credere o no, ma in te, in me, in ogni uomo c'è Dio. Guardati: "Qui c'è Dio". Guardami: "Qui c'è Dio".

In certe esistenze Dio proprio non appare, non si vede, non traluce. Ma perché non si rivela, perché non si fa vedere, non vuol dire che non ci sia. E' che è sepolto, nascosto, ingabbiato.

Dio all'inizio della storia ha creato il mondo, la terra, il cielo, le stelle, il cosmo e l'universo. L'universo è il corpo di Dio; l'universo è ad immagine e somiglianza di Dio.

Noi uomini siamo tutti così affaccendati nei nostri lavori che neppure sappiamo fermarci, stupirci e lasciarci riempire dalla meraviglia che ci circonda. La Terra (che è bella grande!) è un ago in una città rispetto all'universo. E tutto è regolato da leggi fisse, chiare, precise; tutto è incredibilmente perfetto. Basterebbe l'alterazione infinitesimale di una costante o di qualcos'altro e l'universo collasserebbe.

Questa mattina io sto vivendo dentro ad un universale miracolo e non lo so, non me ne rendo conto.

L'ossigeno è un gas altamente letale, al punto che in pochi anni può trasformare in ferro vecchio una nave fatta dai metalli più resistenti. Il miracolo è che le nostre cellule sono fatte di ossigeno, un gas velenoso, tossico! E noi, nonostante tutto, viviamo. Non è un miracolo? Basterebbe una piccola alterazione chimica ed io, tu e tutti gli uomini non ci sarebbero. Ci sarebbe l'universo ma nessuno saprebbe della sua esistenza. Non è un miracolo? Io sto vivendo all'interno di un miracolo.

L'universo intero e la nostra Terra è corpo di Dio.

Dio si è fatto carne: questo è il grande mistero che la chiesa professa. Gesù è venuto sulla terra e Gesù è Corpo di Dio.

L'incarnazione di Dio nel mondo ricorda a noi uomini che non esiste nessun spirito senza materia. E i fisici ce lo dicono bene: la realtà, tutto quello che vediamo è nello stesso tempo luce o onde (spirito) e particella (materia). Come il ghiaccio è acqua condensata così la materia è energia condensata.

Nel suo punto più profondo la materia è simultaneamente spirito e materia. Tutto è materia e spirito. Lo spirito si trova nell'unghia, nell'osso, nella pelle... Non c'è uno spirito racchiuso nelle cose ma tutto può essere spirito o materia.

D'altronde la parola materia viene da mater, madre. La materia è madre, vorrebbe generare ciò che ha dentro: lo spirito. La materia vuole portarti dentro di lei, vuole generare ciò che contiene. La materia vuole, tende, brama, a diventare ciò che è: spirito.

La sedia sulla quale tu sei seduto in questo momento è al tempo stesso materia e luce; il tuo vestito è materia e luce. Il tuo volto è particelle, materia e luce.
"E che mi interessa?", disse una volta un signore.

Vi siete mai chiesti perché attorno ai santi c'è l'aureola? Cos'è l'aureola se non la luce che brilla dal corpo dei santi. Quando una persona è veramente spirituale (ma non disincarnata dal corpo) allora il suo corpo realmente, fisicamente, brilla, è solare, è luminoso. E non è solo un modo di dire. E' la realtà. E' riuscito a trasformare un po' della materia in spirito, in luce. In Paradiso, credo, saremmo solo spirito, luce.

I volti degli amanti o i volti di certe persone sono così solari perché il sole fisico che hanno dentro traspare. E gli occhi di certe persone sono così luminosi perché l'energia interna traluce.

Cioè: io posso essere materia o luce. Dipende da me. Posso vivere la mia esistenza secondo la dimensione dello spirito, dell'interiorità, del silenzio, dello sprigionare l'energia divina che mi abita; oppure posso vivere solo di materia, solo di lavoro, solo di fare, solo di cose. Allora non c'è nessuna trasformazione della materia in spirito.

Tutto questo sembra un discorso da teologi, da esperti, da filosofi. Ma cosa avviene ogni volta che si va a messa in quel pane e in quel vino? Avviene che la materia (pane e vino) viene trasformata nel Corpo e Sangue, in energia e forza per la tua vita. E' la stessa cosa.

Solo il sacerdote (lett. "colui che fa le cose sacre") può fare questa trasformazione, dice la chiesa. Cioè: non solo è il sacerdote ordinato che compie questa trasformazione; ma se tu non sei "sacerdote", cioè se tu non sei in grado di trasformare la materia in spirito tu mangerai un pezzo di pane e non il Corpo di Cristo.

Perché ognuno di noi è sacerdote. Tu hai il compito di essere sacerdote, cioè di trasformare la materialità in spiritualità; tu devi "fare sacre" le cose, le esperienze, gli incontri.

Quando incontri una persona può essere materia o spirito. Dipende. Materia se vedi solo una persona fra le tante, se non ti lasci toccare, se sei insensibile. Spirito se riesci ad entrare dentro, se ti lasci coinvolgere, se ti lasci toccare.

Quando parli con una persona puoi vivere solo chiacchiere, solo pettegolezzi, solo parole, parole, parole... Allora è materia; allora non ti rimane niente, rimani vuoto; allora avrai bisogno di parlare sempre e di continuo. Ma quando parli con qualcuno se incontri il suo spirito e lui il tuo allora sentirai non tanto delle parole ma delle anime che s'incontrano.

Quando sei in intimità con il tuo amore può vivere solo materia, e allora è solo sesso. Ma non ti lascia niente perché non c'è incontro, non c'è l'umano, non c'è calore e spirito. Oppure può essere l'incontro di due spiriti attraverso il corpo: allora quella è una preghiera a Dio, è l'elevazione di una lode all'Altissimo, è il canto di due anime che respirano con il respiro della Vita. Dipende.

Quante persone vivono questa vita come materia: si nasce, si lavora, si procrea e si muore. Ma questa vita è spirito, è vibrazione, è luce, è incontro con l'oltre, è significato, è scopo della vita. Allora la vita è più della vita. Allora si percepisce una Vita più grande della vita.

Quando vado a fare la Comunione io posso incontrare solo un pezzo di pane, neanche particolarmente buono: allora non accade niente. Non c'è trasformazione; allora esco come sono entrato. Ma io posso incontrare in quel pezzo di pane il Divino, la forza dell'universo e l'energia per vivere.

Quando mi ammalo posso vivere la mia situazione come semplice materia: "E' così, è successo. Che cosa ci posso fare? Niente. La accetti (che qui vuol dire "sono impotente, la subisco"). Ma posso incontrare lo spirito e chiedermi: "Perché mi sono ammalato? Che senso ha questa malattia? Che cosa mi vuole insegnare? Che cosa devo imparare?'".

Allora: io devo diventare sacerdote della vita. Devo cioè riuscire a trasformare le mie giornate, i miei incontri, ciò che vivo e faccio, da materia in spirito, da semplici accadimenti a luce; devo trasformare la casualità in destino, i fatti in vocazione, il caos in voce di Dio. Devo cogliere la luce dentro ogni cosa, lo spirito racchiuso in ogni evento, il divino nascosto in ogni essere.

Come il sacerdote ogni domenica trasforma un po' di materia in spirito, il pane nel Pane, così io devo (posso) trasformare la mia vita dalla semplice materialità in spirito, in senso, in un oltre. La mia vita è quel pane che io ("sacerdote") posso trasformare in Corpo di Cristo.

Il Cristianesimo è la religione del corpo.

Per secoli si è diviso materia (e quindi corpo e tutto ciò che è umano) e spirito. E si diceva: "Tutto ciò che è materia muore (il corpo, ad es.), è indegno e spregevole. Tutto ciò che è spirito è elevato e sublime. Umiliamo il più possibile la materia perché emerga lo spirito".

Quando ho fatto la Prima Comunione la suora mi disse: "Non masticare la particola perché fai male a Gesù!". La materia sembrava solo il rivestimento, il vestito, dello spirito.

Così alcune persone si sono perfino fustigate in nome di Dio. La maggior parte viveva la negazione per ogni piacere terreno. Santità era non provare piacere per il cibo e le bevande, per le gioie sessuali e l'affetto, per il divertimento e le risa. Andare al cinema era "peccato", come pure andare a ballare. Tutto questo era demoniaco. Affettività era uguale a sessualità: nessun contatto perché tutto era sessuale e pericoloso. Così migliaia di persone sono cresciute senza affetto, senza contatto, a volte neppure con la madre.

Una ragazza mi ha raccontato: "Fino ad undici anni mio papà giocava ogni giorno con me. Poi, dopo la prima mestruazione, non mi ha mai più toccata e io mi sono sentita tradita da lui. E mi dicevo sempre: "Ma che cosa gli ho fatto?". Ho sempre odiato il mio essere donna perché per me essere donna aveva voluto dire perdere l'amore".

Ma non esiste nessun corpo senza spirito e nessun spirito senza corpo.

Cioè: tutti gli uomini, che hanno un corpo, hanno anche uno spirito. E lo spirito, se esiste in questa terra, esiste solo in un corpo. Il corpo è spirituale e lo spirito è corporeo.

Quando sto male nel corpo anche lo spirito soffre e quando lo spirito sta bene anche il corpo sta bene.

C'è una persona che è sempre ammalata. Da bambina costei ha vissuto l'abbandono in una situazione dove non ci si poteva occupare di lei. Così il suo spirito-corpo ha trovato una soluzione: la malattia. Ammalandosi "i grandi" dovevano lasciar stare "le loro cose", tra cui il lavoro, e dovevano prendersi cura di lei. Oggi si ammala sempre perché ha imparato che per essere amati bisogna ammalarsi e stare male. Non si può curare il corpo se non si cura lo spirito della persona. Fede è far vedere a questa persona che amare non è soffrire. Fede è far sì che piano piano prenda le distanze dalla sua infanzia altrimenti soffrirà per tutta la vita, e che c'è ben poco di santità in questa sofferenza.

Quand'ero piccolo conoscevo un prete che i miei genitori stimavano moltissimo (e quindi lo stimavo anch'io) e lui diceva che più che si soffre e più Dio è contento. "Più soffriamo – diceva – e più espiamo le colpe di Cristo". Così quando soffrivo dicevo: "Gesù sarà contento!". Questo era patologico, ma era la stessa cosa!

C'è un uomo che è grosso, veramente obeso. Cosa c'entra lo spirito qui? Lui era il figlio di mezzo: il maggiore andava sempre con il padre ed era il suo pupillo; la figlia minore era "la cocca" di mamma e lui chi lo vedeva? La sua obesità era proprio questo messaggio: "Non sono abbastanza grosso perché tu mi veda?".

C'è un uomo che soffre di psoriasi. Da piccolo non è mai stato toccato, accarezzato ("smancerie!"). Anzi è sempre stato disprezzato, umiliato e denigrato. E il suo corpo (ma è il suo spirito che soffre) lo esprime bene: "Non avvicinatevi a me perché io faccio schifo. Non sono degno di essere toccato, non c'è nulla in me che lo meriti".

Moltissime delle nostre malattie del corpo sono malattie dell'anima. E potremmo prendere tutti i farmaci che vogliamo, tutti i prozac e gli antidepressivi che ci prescrivono, ma non ne usciremo perché non è il nostro corpo ammalato ma il nostro spirito. Il corpo è la visualizzazione, lo schermo, del nostro spirito.

Chi non ama il corpo non ama Dio perché il corpo è tempio dello Spirito. Eppure la gente ha così tanta paura del corpo. Dire corpo per le persone vuol dire, a volte, pericolo, cose sporche, sesso. Perché il corpo è coinvolgente. Quanto tu mi tocchi io non posso rimanere indifferente. Il contatto mi provoca. Mi fa stare bene o mi stare male; mi fa aprire o chiudere ma in ogni caso mi coinvolge.

Quand'ero piccolo il mio prete mi diceva: "Il corpo è di Satana". E invece no, il corpo è di Dio. S. Paolo dice che è "tempio dello Spirito Santo". Allora io sento il bisogno di riconciliarmi con il mio corpo, di conoscere e rispettare i suoi ritmi, il suoi limiti e le sue possibilità; io sento il bisogno di parlare del mio corpo, di amarlo e di volergli bene.

Oggi la società non ama il corpo, non lo accetta e tenta di "rifarselo". Così lo si allarga, lo si riempie, lo si smussa, lo si cambia, lo si tira. La chirurgia estetica fa i soldi sulla nostra incapacità di accettare il nostro corpo.

Molte persone oggi ostentano il corpo perché "è gradito agli occhi (degli altri)", ma non so se chi l'ostenta lo ama davvero. Vedremo fra vent'anni se avranno amore per il proprio corpo. Il corpo ostentato diventa potere (esercita un influenza sugli altri) ma non amore (star bene in ciò che si è). D'altronde: se si sta bene in ciò che si è che bisogno si ha di ostentarlo?

Il mio corpo ha bisogno di me tanto quanto io ho bisogno del mio corpo. Il mio corpo ha bisogno di carezze e di contatto non perché è bello e attraente ma perché il mio spirito ha bisogno di amore, di essere riconosciuto e toccato.

Il mio corpo ha bisogno di coccole, di abbracci e di gesti affettivi perché l'amore è molto concreto: quando una mamma ama lo fa attraverso le sue mani, il suo seno, il suo corpo e le sue parole. E di contatti veri, profondi, dove io non prendo paura, dove l'altro non vuole conquistarmi, dove l'altro non vuole sedurmi (se-durre: attirare sé), ma mi lascia e mi prende per quello che sono senza volermi fare qualcosa.

Il mio corpo ha bisogno di piacere perché il mio spirito brama tutto ciò che è bello, buono, divino.

Il mio corpo ha bisogno di cura non per far colpo sugli altri, per conquistarli, per sedurli ma perché curare (cioè prendermi cura) il mio corpo è curare la mia anima. Anche a cinquanta, settanta, novant'anni ha bisogno di cura perché io sono una persona con la sua dignità in ogni istante di vita.

Il mio corpo ha bisogno di essere un po' atletico, un po' in forma, non perché così sono un macho o una sexy-symbol attraente che tutti guardano, ma perché se il mio corpo non è appesantito neanche la mia anima lo è. E ci ingolfiamo di cibo, di sostanze stupefacenti o di alcol proprio perché l'anima è ammalata.

Il mio corpo ha bisogno di digiuno non per essere magro e snello come lo impone la moda ma perché ha bisogno di disintossicarsi dal troppo, ha bisogno di pause sane per non essere così pieno da non sentire più lo spirito che parla dentro di me.

Il mio corpo ha bisogno di silenzio, di meditazione, di passeggiate e di preghiera per entrare in contatto con il corpo di Dio che è il mondo e che vive attorno a me, per sentirsi in sintonia e parte di qualcosa che è più grande di lui.

Il mio corpo ha bisogno che io lo stimi, che io lo apprezzi, che io gli voglia bene. Perché se io non lo stimo non stimo me; e se lo combatto, combatto me; e se lo odio perché è troppo grasso, grande, piccolo o non come vorrei in realtà non odio altro che me. E se lo disprezzo, disprezzo me. E se lo nascondo o me ne vergogno, è di me che mi vergogno.

Quando vado a fare la Comunione il Corpo di Cristo viene in me, viene ad abitare in casa mia.

Allora: se lo fa Dio lo posso fare anch'io. Lui non si vergogna di venire qui dentro, Lui si degna di abitare nella mia casa e anzi viene per amarla; viene perché è felice d'incontrarmi; viene per diventare un tutt'uno con me, Corpo nel corpo. Allora io devo smetterla di farmi del male e di combattermi.

Devo provare ad amare e ad accogliere questo mio fisico, devo provare a volergli bene e a finirla con il vergognarmi e con il nascondermi.

Quando ogni domenica io vado a fare la Comunione non solo viene detto: "Corpo di Cristo" ed io dico: "Sì". Ma anche: "Corpo di Marco (ciascuno metta il suo nome)" e Cristo dice: "Sì".

Lui è onorato di venire nel mio corpo. E il mio corpo è onorato di riceverlo.


Pensiero della settimana

Il mio nemico mi ha detto:
"Ama il tuo nemico".
Ho obbedito:
ho amato me stesso.

Chi non è compagno del proprio spirito
è nemico degli uomini.
Chi non è compagno del proprio spirito
è destinato a vivere nella solitudine.
E chi non vede in se stesso un amico
muore nella disperazione.

Poiché la vita
non viene all'uomo dal di fuori
ma sgorga dentro di lui.
Il mio più grande nemico sono io
quando vivo fingendo di non avere un cuore,
disinteressandomi della mia anima
e non ascoltando il mio spirito.
Il mio più grande amico sono ancora io

quando il mio corpo sposa il mio spirito.

Allora io divento ciò che sono: un uomo.

 

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