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TESTO Con Cristo risorto indirizzati al vero e al giusto

padre Gian Franco Scarpitta  

V Domenica di Pasqua (Anno A) (20/04/2008)

Vangelo: Gv 14,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via».

5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.

12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.

Nel mio lavoro pastorale sono solito soffermarmi frequentemente sulla necessità del dialogo, della comunione e del rispetto reciproco che deve sussistere fra i membri delle nostre comunità ecclesiali e non di rado mi capita di considerare come l'esistenza di malcontenti, insoddisfazioni, tensioni all'interno di qualsiasi gruppo ecclesiale è un dato di fatto assodato, del quale non bisogna meravigliarsi, visto che oltre che nelle associazioni odierne si verificava anche presso la Chiesa di Gerusalemme e in genere nella cristianità nascente. La prima Lettura odierna, tratta dagli Atti degli Apostoli, nel riportare il particolare delle mormorazioni dei cristiani di origine greca contro quelli di origine ebraica, le conseguenti inimicizie che ne scaturiscono, le inevitabili tensioni e i malcontenti nonché il serpeggiante sentire di discriminazione che certamente si sarà verificato fra i due gruppi, mi fa pensare alle fazioni che non di rado emergono quando si formano gruppi, gruppuscoli, sottosistemi all'interno di qualsiasi comunità parrocchiale, o anche nei seminari e nelle case di formazione dal numero elevato di componenti, come pure nelle grandi strutture associate e organizzazioni... Quante volte si sono accusati parroci, Superiori, Vescovi insomma persone responsabili di un movimento di aver discriminato alcuni e "coperto" o innalzato altri, anche in ragione della loro provenienza etnica? Il Rettore di Seminario o il leader originario di una determinata nazione/città favorirebbe maggiormente i suoi connazionali innalzandoli rispetto a tutti gli altri che si troverebbero umiliati e abbassati all'interno del gruppo e altre situazioni simili che il lettore potrebbe raccontare egli medesimo sono all'ordine del giorno all'interno di ogni associazione e anche nella mia personale esperienza ho incontrato differenziazioni fra i fedeli che parteggiano chi per un sacerdote della comunità, chi per un altro secondo quello che trovano a loro giudizio più abbordabile e congeniale.

Nonostante la meschinità di tali fenomeni che purtroppo non di rado si verificano, l'intenzione del leader non può essere che quella dell'imparzialità e dell'uguaglianza nel servire tutti indistintamente favorendo solamente i più bisognosi e omettendo ogni discriminazione, riconoscendo a ciascuno il suo quanto ai torti e ai meriti con estrema obiettività. Credo che da parte dei discepoli occorra tentare di chiarificare i malintesi parlando direttamente con il responsabile senza paura e senza riserva, omettendo ogni prevenzione e ogni pregiudizio disposti ad ascoltare e valutare le ragioni della scelta di chi è alla guida di un gruppo. E in tutti i casi ricorrere sempre al dialogo rilevando sempre tutto quello che non ci soddisfa', senza ingenerare odi e pettegolezzi.

Parlare insomma tutti con il leader e questi parlare con i discepoli. In armonia reciproca.

Ma soprattutto occorrerebbe intervenire sui problemi cercandone la vera causa e individuandone immediatamente i rimedi più adeguati alla situazione piuttosto che rispondenti ai gusti e alle aspettative dei singoli. Sempre la prima comunità cristiana di cui alla prima lettura, infatti, cerca di affrontare il problema dei diverbi greco-giudaici risolvendo di intervenire risolutamente per mezzo dell'istituzione di un gruppo apposito che si occupi del servizio delle mense quasi in esclusiva: gli apostoli continueranno ad esercitare la carità, ma non in prima persona: affideranno il compito a sette diaconi (servitori) che lo Spirito Santo per loro mezzo eleggerà preposti a tale scopo.

Man mano che il numero dei discepoli si accresce, la comunità diventa un corpo necessitato di organizzazione e di strutturazione interna per si stabiliscono fra i membri incarichi, ruoli, compiti a carattere interno ed esterno, e questo non può non favorire i fedeli medesimi che si vedono incoraggiati alla comunione e alla condivisione che apporta la testimonianza missionaria del Cristo Risorto.

Lo stesso Cristo che, superati malintesi e impedimenti, gli apostoli annunciano come il Salvatore che vuole condurci al Padre e che vuole essere per tutti la verità effettiva e definitiva, attraverso il quale con certezza si arriva a Dio e che nessuno ha motivo di temere.

Egli, parlando agli apostoli riuniti in occasione dell'ultima cena, aveva promesso ( Vangelo) che sarebbe andato"a preparare loro un posto", ossia una dimora presso il Padre il che comporta che dopo la sua morte, nell'evento dell'uscita dal sepolcro, tutti siamo condotti verso il Dio Verità che tanto agogniamo e che tutta l'umanità ricerca da sempre attraverso svariati metodi e procedimenti; questi non è altri che il Cristo Risuscitato che è passato dalla morte alla vita.

Come affermava papa Giovanni Paolo II facendogli eco, non bisogna aver paura di fronte al Risorto ma anzi "spalancare le porte" a lui, affidandosi con fiducia e aprendosi senza riserve.

Con il Risorto Salvatore siamo spronati ad accantonare ogni timore ed esitazione relativamente al passato e al futuro ma a guardare avanti con fiducia e serenità affrontando i problemi e le difficoltà non senza il continuo ricorso alla sua compagnia.

E soprattutto in virtù del Cristo risorto che ci avvia verso il posto inderogabile della Verità e della gioia piena non si può non adoperarci per impostare un serio criterio di convivenza ecclesiale scevro da malintesi e discriminazioni poiché solo il Signore è il vero criterio nonché la giustizia e pertanto solamente in lui è possibile evincere la chiave di volta dei nostri problemi e la soluzione adeguata delle nostre difficoltà di convivenza e di cooperazione.

Se invece Cristo non è il referente principale o lo si antepone ai nostri interessi personali o alle preferenze di alcuni allora la vita non potrà che riservarci consequenziali sfaceli e disfatte.

 

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