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TESTO Dalle tenebre alla luce

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Mercoledì della IV settimana di Pasqua (16/04/2008)

Vangelo: Gv 12,44-50 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Lettura

Il brano contiene l'ultimo appello di Gesù, prima della passione, a credere in lui per avere la vita. Gesù chiede, ancora una volta, che si creda in lui, perché questa fede è fede in colui che lo ha mandato (vv. 44-45), per strappare gli uomini alle tenebre (v. 46). Alla promessa della salvezza per il credente, segue un'affermazione su chi non crede, su chi ascolta le sue parole e non le osserva o su chi rifiuta l'inviato del Padre (vv. 47-48). La parola di Gesù, in quanto egli viene dal Padre, ha un potere giudicante (v. 49), ma, a quanti la accolgono, comunica la vita eterna (v. 50).

Meditazione

Credere nel Figlio è la decisione che salva l'umanità dell'uomo, è aderire al Figlio, inviato dal Padre, per comunicare ai fratelli la sua stessa vita di figlio. Il credere è connesso alla luce e alla vita.

Nel brano, le tenebre sono considerate come una sfera nella quale gli uomini si trovano stabilmente. Equivalgono alla sfera della morte, dalla quale Dio soltanto può liberare, per mezzo dell'ascolto della parola del Figlio: «chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita [...] è venuto il momento ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata vivranno» (Gv 5,24-25). Chi crede in Gesù, luce del mondo (cfr. Gv 8,12; 9,5; 12,35), ha cambiato dimora, ha traslocato dalle tenebre alla luce, è passato dalla morte alla vita. Credere nel Figlio è vedere la luce della verità nostra e di Dio: conoscere lui come Padre e noi come suoi figli.

Chi non crede, non accoglie la parola di vita, preferisce «le tenebre alla luce» (Gv 3,19) e va incontro alla condanna. Non è condannato da Dio, ma da se stesso, dalla sua chiusura alla parola di vita. Spesso nelle immagini medievali, si vedono gli angeli che gettano i dannati nel fuoco eterno. Molti spiegano che ai pittori dispiaceva l'idea che Cristo, misericordia infinita, potesse condannare qualcuno e, allora, affidavano l'esecuzione agli angeli. Ma era questo il vero intento dei pittori medievali? Sembra molto più reale e "teologica" la spiegazione simbolica. Gli angeli sono simbolo dei comandamenti divini e questi sono, già in sé, il giudizio. Ad esempio, l'assassinio condanna l'assassino che lo ha commesso, il furto il ladro che lo ha compiuto e così via.

Preghiera:

Signore Gesù, tu sei l'inviato del Padre, la luce del mondo, il Salvatore che dona la pienezza della vita. Facci credere in te, facci vivere nella tua luce e nella tua gioia.

Agire:

Lascerò risuonare nel mio cuore la richiesta di Gesù, che mi invita alla fede in lui.

Commento a cura di don Nunzio Capizzi

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