PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Commento su Giovanni 20,19-31

don Stefano Varnavà

don Stefano Varnavà è uno dei tuoi autori preferiti di commenti al Vangelo?
Entrando in Qumran nella nuova modalità di accesso, potrai ritrovare più velocemente i suoi commenti e quelli degli altri tuoi autori preferiti!

II Domenica di Pasqua (Anno A) (30/03/2008)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 20,19-31

19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Quando si parla dei bisogni sostanziali dell'uomo, cioè dei bisogni che nascono dalla vita stessa dell'uomo, solitamente si commette una grossa dimenticanza perché si dice che il bisogno sostanziale dell'uomo è di avere un insieme di mezzi materiali per dare sviluppo alla sue possibilità, oppure, che il bisogno sostanziale dell'uomo è di essere capito, amato. Si dice anche che il bisogno sostanziale dell'uomo è conoscere la verità, ma... non si dice quasi mai che il vero autentico bisogno sostanziale dell'uomo è quello di essere perdonato.

Tra le esigenze fondamentali della nostra natura c'è anche questo bisogno: avere la certezza che ci sia qualcuno che ci perdoni tutto il negativo che esiste nella nostra vita. L'inizio del Vangelo di questa domenica ci ricorda proprio questo!

Vediamo l'atteggiamento di Gesù verso i Suoi discepoli: il Suo è un atteggiamento di perdono, un perdono che è iniziato sulla croce: "Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno (o che si fanno)".

Gesù Cristo è il perdono di Dio!

Quell'ansia che c'era nei profeti più "sviluppati" o più sensibili, i quali dicevano: "Verrà Qualcuno a perdonare...; verrà Qualcuno e farà in modo che Dio sospenda (badate "sospenda") la Sua condanna sopra di noi; Qualcuno che immolandosi al nostro posto, mettendosi al nostro posto, possa guadagnare per noi il perdono di Dio, o almeno la sospensione della condanna".

Questo tipo di attesa si è avverata, è avvenuta in maniera misteriosa (anche se non gloriosa come era nelle aspettative dei Farisei e dei Sommi Sacerdoti) è diventata realtà in Gesù Cristo.

Comunque l'atteggiamento di Gesù, quando si fa vedere per la prima volta dai Suoi discepoli, ci sconcerta.

In Giovanni leggiamo: "La sera di quello stesso giorno (della Resurrezione), il primo dopo il Sabato, Gesù venne, si fermò in mezzo a loro e disse: Pace a voi". In un altro Evangelista leggiamo: "Pace tra voi".

Di che cosa discutevano gli Apostoli tra di loro avendo sentito che Gesù era risorto? Riprendendosi un poco dallo smarrimento di quei giorni, forse si stavano facendo un esame di coscienza collettivo, e.... nel fare questo "saltavano" fuori dei rinfacciamenti. Sappiamo perfettamente che i dodici Apostoli non erano un "cuore solo e un'anima sola": ognuno di loro aveva il suo carattere..., ognuno la pensava a modo suo..., ognuno guardava all'altro non sempre benignamente...

Gesù nell'ultima cena, in continuazione, ribadisce il concetto: "Io voglio che voi vi vogliate bene; voglio che stiate insieme superando tutti i vostri singoli interessi...". Gesù che ha sempre fatto ai Suoi Apostoli queste raccomandazioni, arrivando da loro dopo la Resurrezione dice: "Pace a voi!, pace tra voi!".

Perché Gesù dice agli Apostoli: "Pace tra voi" invece di rinfacciare (loro) le loro "magagne"?

Gesù poteva "rinfacciare" a Pietro la spada: dopo tutti gli insegnamenti di Gesù ha sfoderato la spada... (oltrettutto sbagliando la mira!); il rinnegamento davanti alle portinaie...

Gesù poteva "rinfacciare" ai tre che erano vicini a Lui nell'Orto degli Ulivi di essere fuggiti! Uno di loro, Giacomo, aveva esplicitamente chiesto di sedersi alla destra del Messia, e alla domanda di Gesù: "Potrai bere questo calice?" risponde: "Sì!" e poi invece... al momento opportuno si fa latitante.

E Giovanni? Quel Giovanni che è stato sul calvario insieme a Maria, ma che è lo stesso che sapeva che Giuda avrebbe tradito Gesù! Gesù stesso, quando Giovanni durante l'ultima cena Gli si era appoggiato al petto chiedendoGli: "Chi è che Ti tradirà?", lo aveva informato: "Colui che intingerà la mano nel Mio piatto". Quel Giovanni che sapeva il nome del traditore e che non è intervenuto immediatamente e che quindi, viene giustamente rimproverato dagli altri: "Hai goduto nel fare il prediletto di Gesù ma non sei stato capace di fermare Giuda, o di informarci perché potessimo farlo noi!". Anche Giovanni aveva le sue colpe: il non intervento! Preferire la parte "dolce" della presenza di Gesù, alla parte "brusca" di fermare il traditore di Gesù, eppure Lui non lo rimprovera.

E gli altri Apostoli? Sono fuggiti senza avvisare e organizzare il popolo che amava Gesù, popolo che sarebbe insorto a Suo favore. Quando Gesù è stato portato nella "piazzetta", la piazzetta era piccola: i Farisei e i Sommi Sacerdoti hanno fatto presto a prendere i loro "clienti" per portarli davanti agli spalti del Pretorio e far loro gridare: "Barabba!".

Pilato aveva domandato: "Volete Barabba o Gesù?" Se gli apostoli si fossero dati da fare ad organizzare, avvisare coloro che credevano in Gesù, forse si poteva ancora salvare il Signore... Lo stesso atteggiamento lo hanno ancora alcuni Vescovi o preti del giorno d'oggi: permettono che il popolo vada a finire insieme agli atei... Invece di mettere la gente in guardia lasciano che le cose vadano come vanno, o peggio, si lasciano trascinare dalle persone che hanno una maggior iniziativa...

La storia della Chiesa è sempre uguale, Gesù l'ha detto: " I figli delle tenebre sono più scaltri dei figli della Luce", e mentre i figli della Luce dormono o, meglio, sono in clausura.... (la clausura non la si può toccare perché altrimenti.... ) gli altri si danno da fare; a quelli della clausura non resta che domandarsi: "Come mai? Noi abbiamo seminato solo il grano, perché dunque è cresciuta anche la zizzania?".

Dice il proverbio: "Chi dorme...": noi cristiani facciamo sempre questa figura! Dormiamo mentre gli altri seminano la zizzania, le contese, le offese, i dubbi..., quindi poi non ci rimane altro da fare che accodarci al carro della maggioranza.

Ritornando a Gesù: e tutti gli altri Apostoli che non sono stati a vegliare davanti alla tomba assieme ai soldati?

I Sommi sacerdoti, che erano nemici di Gesù ma non erano stupidi, avevano chiesto ad Erode di mettere un picchetto di guardia perché: "Gesù ha detto che il terzo giorno risusciterà, quindi non vorremmo che i Suoi Apostoli e seguaci venissero a "rubare" il corpo per poi poterne affermare la resurrezione". Questo vuol dire che i Sommi sacerdoti davano per certo che gli Apostoli, ricordandosi delle parole di Gesù, sarebbero stati a vegliare il sepolcro attendendo, aspettando il terzo giorno... Invece!!!

Gesù quindi, arrivando nel Cenacolo dove erano gli Apostoli, avrebbe avuto tanti di quei rimproveri da fare, da far tremare le gambe a tutti!

Se Gesù fosse stato uno di noi sarebbe entrato nel Cenacolo dicendo: "Pietro senti un po': non Mi avevi detto: io Ti seguirò, io ti difenderò?". Pietro sarebbe diventato rosso scarlatto dalla vergogna..., invece Gesù non ha detto nulla!

Gesù non è entrato nel Cenacolo dicendo: "Bravi, Mi avete abbandonato permettendo agli altri di fare di Me quello che volevano quindi.... io vi scomunico!".

Vi immaginate: tutti scomunicati! "Tu Pietro capo della Chiesa sei scomunicato perché ti sei, e vi siete, dimostrati incapaci di costruire una comunità! Vorrà dire che in questi 40 giorni andrò a prendere qualcun altro più capace. Arrivederci": Questo è ciò che avrebbe detto se avesse ragionato come ragiona la maggioranza di noi dopo essere stati "feriti" da coloro che non ci hanno né difeso né sostenuto.

Invece Giovanni dice che: "Venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: Pace a voi, pace tra voi".

Gesù non rinfaccia niente! Ciò ci lascia perplessi e ci "scombussola".

Gesù (fortunatamente per noi) non rinfaccia mai niente!

Gesù sa che ciascuno di noi ha bisogno di sentirsi perdonato perché ci sono tante cose di noi che nessun altro conosce: cose che conosciamo solo noi.

L'atteggiamento del perdono è importante perché la coscienza del peccato, la coscienza dell'essere in debito non è semplicemente, come a volte si pensa, uno degli atteggiamenti dell'uomo religioso. La coscienza di essere in debito è costitutiva della stessa religiosità.

Colui che non si sente in debito con Dio non è una persona religiosa. Un ateo non è una persona religiosa perché basa tutto sulle sue forze.

L'ateo dice: "Non ho bisogno di Dio per nulla! Non ho bisogno di Dio per costruire un sindacato, un Parlamento o delle leggi!". I cristiani sanno che gli atei ragionano in questa maniera oppure no?

Anche se l'ateismo è un ateismo di professione o pratico è pur sempre basato su questo tipo di ragionamento: costruire la vita senza Dio, quindi non sentirsi debitore nei Suoi confronti.

Non c'è religiosità vera se non si ha la coscienza del peccato.

Oggi la nostra società ha trasformato il concetto di peccato in concetto di colpa. La differenza? Il peccato è ciò che tocca Dio, la colpa è ciò che tocca le leggi umane e gli uomini. Avendo separato Dio dagli uomini, le colpe (quelle che noi chiamiamo peccati) sono quelle che si fanno verso gli uomini, e quindi a carico della giustizia umana, che ovviamente (la storia ci insegna) è una giustizia parziale non totale; una giustizia che regola solo i rapporti tra gli uomini.

Colui, invece, che crede in Dio sa che qualsiasi cosa che viene fatta contro gli altri è fatta anche contro Dio perché Gesù dice: "Alla fine del mondo chiamerò e dirò: avevo fame e Mi hai dato da mangiare...", e alla risposta: "Ma quando Ti ho dato da mangiare se non Ti ho mai visto?", risponderà: "Quello che hai fatto a tuo fratello lo hai fatto a Me".

Questo è il discorso del peccato che supera la colpa: "Facendo un peccato contro tuo fratello lo hai fatto anche contro Me, Dio, perché Io sono il Padre e offendendo Mio figlio offendi Me". Un papà, una mamma soffrono sempre quando vedono qualcuno che offende il loro figlio!

Quando si "tocca" il prossimo si "tocca" anche Dio!

Se si ha un vero senso religioso si comprende che il peccato non è solo verso il prossimo ma è anche verso Dio che è Padre. Questo è fondamentale per la persona veramente religiosa! Quindi, chi non si sente in debito verso Dio è un ateo, e... l'ateo anche se apparentemente costruisce, di lui Gesù dice: "Senza di Me non potete costruire nulla".

Oggigiorno in continuazione sentiamo parlare gente che vuol costruire senza Dio.

Oggi poi ci accorgiamo di una cosa paradossale: la coscienza della colpa o del peccato è tanto più viva, non quanto più uno è peccatore, ma quanto più uno è santo.

Quando leggiamo le vite dei Santi, e leggiamo che uomini di una perfezione mirabile e scrupolosissima che tutt'al più avranno avuto delle imperfezioni, si dichiaravano peccatori, colpevoli, pensiamo a dei complimenti da parte loro, ad una umiltà esagerata...., o addirittura ad una autolesione spirituale. No!, la verità è che non è il peccatore che ha la coscienza più viva nei confronti del peccato, ma è il santo, perché lui mette tutto se stesso davanti a Dio. Nella sua condizione di santità capisce meglio di qualsiasi altro che cosa sia la perfezione di Dio, e quindi meglio di qualsiasi altro coglie con lucidità il vuoto, il debito che esiste tra lui e Dio. Il peccatore, invece è come l'elefante: talmente abituato alla colpa, alla mediocrità che ha perso il senso della santità di Dio e quindi si sente tranquillo.

Se si tiene presente che la coscienza del proprio debito va di pari passo con la profondità religiosa, si capisce come l'umanità vera nella sua storia spirituale, sia sempre alla ricerca del perdono.

Analizziamoci affinché nessuno di noi venga fuori con questo tipo di frase: "Io non ho nulla da farmi perdonare. Sono venuto a confessarmi ma non so neanche cosa dire....". Colui che parla in questo modo non ha capito nulla della santità di Dio! Nel momento, nel giorno nel quale capirà la grandezza e la santità di Dio, capirà anche di non poter dire: "Non ho niente da farmi perdonare".

 

Ricerca avanzata  (54727 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: