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TESTO Commento su Giovanni 20,19-31

Suor Giuseppina Pisano o.p.

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II Domenica di Pasqua (Anno A) (30/03/2008)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

"La sera di quello stesso giorno..."; quel giorno, in cui Pietro Giovanni e Maria di Magdala, avevano visto i segni della resurrezione nel sepolcro dissigillato e vuoto; in quello stesso giorno, il Risorto si manifesta ai suoi, che si trovavano riuniti nel cenacolo.

Dal racconto di Giovanni è facile capire che, tra i discepoli, i dubbi, e le difficoltà a comprendere sono ancora presenti, come, è ancora forte la paura dei Giudei, e l'Evangelista li sottolinea chiaramente.

L'esperienza di quel mattino unico, non ha ancora rischiarato completamente la loro fede, e, al sepolcro aperto, fa riscontro un cenacolo, le cui porte sono accuratamente chiuse, come i loro cuori paralizzati dalla paura, che impedisce di cogliere la luce del Mistero.

Ma Gesù risorto, è, oltre tutte le barriere, sia delle menti incapaci a credere, come dei muri fisici e delle porte sbarrate, che impediscono normalmente ogni accesso: "...mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, recita il testo, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro..."; egli vuole chiarire ogni dubbio, e fugare le paure, vuole rimuovere gli ostacoli a credere, e lo sgomento della morte, così, entra, attraverso quella porta chiusa, e si fa riconoscere, con i segni inequivocabili della recente, sconvolgente, passione.

Le ferite, che stigmatizzano il Cristo, e rivelano la portata del suo amore, lo accompagnano nelle apparizioni da risorto, egli non è un fantasma, ma quel Gesù di Nazareth che aveva percorso le strade della Galilea e della Giudea, predicando ed operando prodigi, era il Maestro che li aveva chiamati a condividere la sua missione, e che aveva rivelato loro i segreti del Padre:" Vi ho chiamati amici, perché tutto quello che ho udito dal Padre mio ve l' ho fatto conoscere." (GV. 15,115); si, lo avevano visto morire sulla croce, ma ora è con loro.

Finalmente, i discepoli si aprono alla gioia; e, la gioia diventa dono della Pasqua; una gioia profonda, che non ha parole, il dono di Dio è, spesso, ineffabile, e questa gioia è radicata nelle profondità dell'anima, e riaccende la vita.

Al dono della gioia, il Signore aggiunge quello della pace, che ad essa si accompagna:" i discepoli gioirono al vedere il Signore, narra Giovanni, e Gesù disse di nuovo: «Pace a voi!»".

Nel lungo discorso di addio, in quell'ultima Pasqua consumata coi suoi, il Maestro aveva detto loro:

" Vi lascio la pace, vi do la mia pace, non come la dà il mondo io ve la do: non si turbi il vostro cuore, e non si abbatta! (Gv.14,27)

Solo ora, che il Cristo è risorto, solo nella visione di Lui, i discepoli sono capaci di accoglierla, di comprenderla e di viverla intensamente, quella pace che è dono di Dio e segno della presenza dello Spirito

E' sempre quel primo giorno dopo il sabato, e Cristo risorto fa dono ai suoi dello Spirito promesso

"Non vi lascerò orfani, aveva assicurato, ritornerò da voi....il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà tutto, e vi farà ricordare tutto ciò che io vi ho detto." (Gv. 14,18-26); ci sarà, al cinquantesimo giorno, la grande, solenne effusione dello Spirito, ma Cristo lo dona, ora, nel segno della resurrezione, lo dona, mentre conferisce ai suoi il mandato di continuare, presso gli uomini, la missione che il Padre aveva affidato a Lui:" «Come il Padre ha mandato me, anch'io mando Voi.». Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi»."

Una missione di annuncio, quella che Cristo conferisce agli Apostoli, e, in loro a quanti nei secoli, succederanno; una missione, che estende, a tutti gli uomini di tutti tempi, la potenza della misericordia di Dio, che, nel Figlio, ha perdonato il peccato.

Anche il perdono è dono della Pasqua, un segno veramente grande che, andando oltre quello che è il ministero vero e proprio degli Apostoli, diventa distintivo di ogni uomo o donna, che, veramente, voglia appartenere a Cristo; esser capaci di perdonare, infatti, è segno che siamo risorti con Lui

Un Vangelo di luce e di gioia, questo di oggi, un Vangelo che ci fa toccar con mano la bellezza della pace che viene da Dio, la sua potenza risanatrice e la sua fecondità nelle relazioni umane, che costruiscono la Storia

Ma, Giovanni, oggi, ci parla anche di un altro aspetto della misericordia di Dio in Cristo: è la misericordia di chi, amando come Dio solo ama, sa attendere, che l'uomo volga il suo sguardo e apra il suo cuore a Lui, con fede.

Il Signore sa la fatica del credere, conosce le difficoltà che molti uomini hanno ad andare oltre il dato esperienziale e tangibile; vorremmo verificare tutto e sempre, vorremmo misurare e analizzare, mentre c'è un qualcosa, un infinito, che va oltre, oltre i nostri metri valutativi, e oltre tutto il verificabile; perché oltrepassa i confini dell'umano e dei comuni schemi logici: è l' infinito di Dio, è l' oltre del Mistero, che ci è rivelato, perché, ad esso, le sole nostre capacità non giungono.

Tuttavia, di ciò che supera le capacità conoscitive dell'uomo, non è preclusa l'esperienza interiore, quella visione contemplativa, che non ha bisogno di ragionamenti, ma vive della chiarezza e della certezza grande della fede.

Dio sa, quante persone camminano, faticosamente, nella nebbia interiore, quante, come Tommaso, dicono:«Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e non metto il dito nel posto dei chiodi, e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò!».

Cristo accetta questa corta misura dell'uomo, e il Vangelo di oggi ce ne dà testimonianza:" 0tto giorni dopo, i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a Voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito, e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!».

Non è un rimprovero, ma il segno della tenerezza infinita di Dio che, in Cristo ci segue passo, passo, senza forzare i nostri tempi, perché Lui sa attendere, sa quando, e come illuminarci; Egli si piega su di noi, si offre al nostro sguardo, vince le resistenze del nostro cuore, incapace ad aprirsi all' infinito del Mistero, a quel Dio infinitamente grande, che, nel Figlio Gesù, si lascia toccare dalle nostre povere mani.

E' un momento d' intensa commozione, quello in cui Tommaso, mettendo le sue mani sulle piaghe del Maestro, esclama: «Mio Signore, e mio Dio!», in un gesto di adorazione totale.

Si, come Tommaso, tanti si negano, per le ragioni più disparate, la ' beatitudine ' del credere con semplicità e immediatezza; ma Cristo risorto li raggiunge ugualmente, e fa', di loro, degli adoratori ardenti e degli apostoli infaticabili, perché li fa uomini nuovi, capaci di testimoniare al mondo la forza della fede e dell'amore.

E' quel che leggiamo nella prima lettura di questa domenica:" Tutti coloro che erano diventati credenti, stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno, tutti insieme, frequentavano il tempio, e spezzavano il pane a casa, prendendo i pasti con ' letizia e semplicità di cuore ', lodando Dio e godendo la stima di tutto il popolo. ( Atti 2, 42 –47)

E' il nuovo popolo di Dio, che vive nella fede, alimentata dalla preghiera e dall' Eucaristia, che vive un' autentica dimensione fraterna, fatta di carità operosa e solidarietà sincera; uno stile di vita modellato sulla sequela di Cristo, che, in tal modo, è ancora visibile tra gli uomini.

E' il segno della civiltà dell'amore, fondata sul Figlio di Dio, il Signore Gesù, morto e risorto per la salvezza di tutti.

Sr Maria Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.it

 

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