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TESTO Una comunità di pastori come Gesù

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IV Domenica di Pasqua (Anno A) (13/04/2008)

Vangelo: Gv 10,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 10,1-10

1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

Io sono la porta delle pecore

Non è facile oggi riconoscere la voce del Signore, la voce del buon pastore che chiama le sue pecore e le guida per vie sicure, verso la verità. La sua voce nel marasma dei suoni e delle urla del mondo, rischia di confondersi e di perdersi. Capita così che, spesso, anche noi cristiani più che la voce di Cristo seguiamo ben altre voci che, confondendosi con la sua, ci illudono verso false e poco durature felicità. Saper distinguere la voce del vero pastore da quella dei falsi pastori è un compito di ciascuno di noi, che siamo chiamati a vivere nel mondo senza essere del mondo.

1. L'Antico Testamento descrive JHWH come un vero pastore per il suo popolo: in occasione dell'esodo dal paese d'Egitto, Egli lo guidò "come un gregge nel deserto" (Sal 78,52); "come un pastore egli fa pascolare il suo gregge, lo raduna col suo braccio, porta gli agnellini sul petto, guida dolcemente le madri..." (Is 40,11). E anche dopo l'esilio, Dio condurrà Israele alle sorgenti di acque, raccogliendo i dispersi (cfr. Is 56,7) e chiamandoli a sé, così che non avranno più nulla da temere, come afferma il bellissimo salmo 23, trasformato anche in canzone liturgica. Ma YHWH però, padre e capo d'Israele, ha voluto affidare il gregge ai suoi servi: lo ha guidato per mezzo di Mosè e Aronne, per mano di Giosuè e ha voluto che Davide pascesse il suo popolo. Così pure i giudici e i capi del popolo sono stati, per volontà di Dio, pastori di Israele. Tuttavia questi pastori si sono rivelati infedeli nella loro missione: si sono ribellati a Dio e invece di occuparsi del gregge, hanno pensato a pascere se stessi, hanno lasciato che le pecore si disperdessero, per questo YHWH interviene su di essi e visiterà questi cattivi pastori (cfr. Zc 10,3) riprendendosi la guida del suo popolo e affidandola al messia, il nuovo Davide.

2. In Gesù abbiamo invece il modello del vero pastore. Nella sua persona giunge a compimento l'attesa del buon pastore promesso da Dio. Egli è il "grande pastore" (Eb 13,20) più grande di Mosè. Ma è soprattutto nel vangelo di Giovanni che viene affermato che Lui è l'unico pastore, il solo mediatore, la porta perché le pecore accedano ai pascoli. Egli è la porta che ci consente di entrare in comunione con il Padre. Gesù è il pastore perfetto perché dà la vita per le sue pecore offrendo spontaneamente se stesso per amore dei suoi, perché questi conoscano l'amore del Padre. Lui non si approfitta delle pecore, come hanno fatto tanti prima di Lui, ma ha a cuore solo la salvezza delle sue pecore, vuole che i suoi abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza. È così che il ministero pastorale si configura come un servizio che chiede dedizione e coraggio e verso il quale ognuno a cui è stata affidata una funzione pastorale nella Chiesa deve tendere. Esiste anche oggi, infatti, per i pastori, la tentazione di considerarsi i primi nella comunità, piuttosto che servi di tutti, di andare avanti da soli senza aspettare il gregge, di decidere e operare solo secondo un proprio interesse o sensibilità, più che secondo i veri bisogni della comunità.

Ma la responsabilità di essere "pastori secondo il cuore di Dio" (Ger 3,15) non è solo un compito dei pastori stessi, ma anche di tutta la comunità dei credenti. Tutta la comunità è chiamata a sentirsi corresponsabile del gregge, ad aiutare i suoi pastori a vivere la loro funzione come un servizio, "a sostenerli - come dice il Concilio Vaticano II - e a trattarli con amore filiale, condividendo le loro preoccupazioni, aiutandoli con la preghiera, in spirito di comunione perché possano assolvere con frutto la loro missione" (PO 9). I laici in particolare con le loro sensibilità e competenze sono chiamati a facilitare e a rendere evidente la circolarità di ogni vera esperienza educativa attraverso la quale si arricchisce sia chi viene educato e sia chi educa. È bello ricordare a questo proposito ciò che dice il Progetto Formativo dell'Azione Cattolica a proposito dei sacerdoti che dentro le comunità "sono chiamati a scoprire il mistero di essere al contempo fratello e padre, discepolo e maestro, con i fratelli cristiano e per loro sacerdote".

Potremmo dire che i laici sono chiamati ad essere pastori a loro volta dei propri pastori. Ma spetta sia ai presbiteri che ai laici condividere quell'impegno missionario - proprio di tutta la Chiesa - che spinge a occuparsi soprattutto delle "pecore" rimaste fuori dal recinto, per ricondurre all'ovile anche i lontani e coloro che si sono dispersi, affinché ognuno abbia una vita in abbondanza. Spetta sia ai presbiteri che ai laici di sapere riconoscere nel frastuono del mondo l'unica voce del vero pastore: il Signore Gesù che a tutti dona l'abbondanza della vita.

Commento di mons. Guido Benzi

tratto da "Il pane della Domenica. Meditazioni sui vangeli festivi"
Ave, Roma 2007

 

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