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Paolo Curtaz   Ti racconto la Parola

Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno A) (23/03/2008)

Vangelo: Gv 20,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

È vivo, amici, è risorto, è il per sempre presente!

Lo abbiamo accompagnato tra gli ulivi del Getsemani, quando ci siamo assopiti, vinti dal sonno, senza sapere che, accanto a noi, si stava consumando lo scontro titanico fra tenebra e amore.

Lo abbiamo seguito da lontano, come Pietro, dopo l'arresto al Getsemani, storditi ed impauriti vedendo tanta violenza su un uomo buono e mite.

Lo abbiamo visto, appeso, sfigurato, sconvolto, stracciato, perdonare i suoi assassini fino all'ultimo soffio di vita.

Poi, assieme agli altri, ci siamo chiusi nella stanza alta, quella della cena. Come se le pareti avessero conservato qualcosa di lui. Per farci coraggio, senza neppure avere il diritto di piangere, divorati dalla paura.

Sembrava tutto finito, nel peggiore dei modi, come accade spesso nella nostra vita.
Disfatta totale, partita persa, fine dei sogni.
Troppo bello per essere vero.

E invece, sul fare del mattino, il giorno dopo lo shabbat di Pesah, Maria è venuta a dirci di correre alla tomba.

Sepolcri

È il posto meno spirituale di Gerusalemme, come i pellegrini purtroppo sanno. Della basilica costruita da Costantino il grande resta ben poco. I segni del tempo e delle vicissitudini della basilica si leggono tutti, pietra su pietra. Lo status quo, decreto emanato da un esasperato governatore musulmano, ha congelato da secoli ogni spazio e ogni minuto del giorno e della notte, così che le diverse confessioni cristiane continuano imperterrite a farsi i dispetti. La chiave del grande portale laterale è, da secoli, affidata ad una famiglia musulmana, perché i cristiani erano poco affidabili. All'interno è un susseguirsi caotico di stili e di epoche, di immagini e di ceri, di oreficeria e di incensi.

Al centro della cupola una chiesetta vegliata da un severo e annoiato monaco ortodosso permette ai fedeli di entrare a uno a uno, abbassando la testa. Dentro una minuscola stanzetta rivestita di marmi, una pietra.

È tutto quel che resta del sepolcro che Giuseppe di Arimatea regalò al suo rabbì.

Prima il sepolcro venne coperto dalla terra e, sopra, Augusto costruì un tempio pagano, nella rinata Aelia Capitolina, dopo avere raso al suolo la ribelle Gerusalemme. Poi, con l'avvento dei re cristiani, fu costruita una basilica che racchiudeva sepolcro e calvario. Infine, sotto l'occupazione musulmana, un califfo spregiudicato tentò di radere al suolo il sepolcro, facendolo scalpellare.

Nel luogo meno spirituale di Gerusalemme, strappando qualche istante al silenzio, al mattino all'alba, quando i turisti ancora sono lontani, si riesce a pregare. E restare stupiti della banalità del luogo, della fragilità degli uomini di chiesa (di ogni chiesa), dell'umorismo di Dio.
Gesù è risorto, amici!

Superare il dolore

La resurrezione di Gesù, che Giovanni evita accuratamente di descrivere, è tutta una corsa.

L'inizio, ad essere onesti, è davvero sconfortante: Maria di Magdala si muove ancora nel buio (buio del cuore, come il buio in cui si viene a trovare Giuda quando esce dal Cenacolo – Gv 13,30) e sente vicina la presenza del crocifisso; quando arriva alla tomba vede la pietra ribaltata e – stranamente – non entra, non verifica. Corre dai discepoli e trae delle conclusioni affrettate: qualcuno ha rubato il corpo di Gesù.

Grande Maria! Vede dei segni ma non li sa interpretare. Di più: quando – più avanti – entrerà nel sepolcro, non resterà turbata e piena di fede come Giovanni e Pietro ma, imperterrita, continuerà a piangere, anche davanti al Risorto! Com'è difficile uscire dal dolore!

Maria trae conclusioni affrettate, è tutta presa dalla sua percezione, non si ferma, non entra, non capisce, non approfondisce. Piange e basta. E questo pianto le impedisce di riconoscere le fattezze del Maestro.
Ci sono lacrime e lacrime.

Quelle splendide, di conversione, di pentimento, di dolore, che lavano l'anima di Pietro, quando incrocia lo sguardo di Gesù nel cortile del Sinedrio (Lc 22,61); quelle purificatrici della prostituta che si mette a lavare i piedi di Gesù (Lc 7,38); le lacrime stesse di Gesù che si commuove alla vista del dolore per la morte di Lazzaro (Gv 11,35).

E le lacrime inutili, come quelle già citate delle donne di Gerusalemme, e quelle inconsolabili di Maria. Il limite del suo pianto, segno di un profondo dolore che vogliamo rispettare, è che le impedisce di accorgersi della verità.

La conversione al Risorto è difficile, difficilissima. Occorre allontanarsi dal proprio dolore.

Condividere la gioia cristiana significa superare il dolore che ci rende tristi. Non c'è che un modo per superare il dolore: non amarlo, non affezionarvisi. La gioia cristiana è una tristezza superata.

Ma resistenze, dubbi, mancanza di fede pesano sul nostro cuore.

Un'esperienza dolorosa nell'infanzia, una serie di eventi che ci hanno deluso possono davvero impedirci di entrare nella gioia cristiana, che non è un'emozione, ma una scelta consapevole.

Correre

Pietro e Giovanni corrono al sepolcro. Una corsa affannosa, mentre Gerusalemme è ancora avvolta nel sonno, e il sole ha cominciato a scaldare le pietre color ocra con cui sono costruite le abitazioni e le mura che avvolgono la città.

Ma, sapete, l'età (Pietro è sicuramente più vecchio di Giovanni) e la teologia (Pietro, l'autorità, il ruolo, deve sempre star dietro a Giovanni, l'amore e la creatività) fanno sì che Giovanni giunga per primo al sepolcro e poi aspetti Pietro che arriva ansimando, senza fiato.

È questa l'esperienza delle Chiesa: correre al sepolcro e sapersi aspettare gli uni gli altri. Abbiamo ritmi diversi, siamo splendidamente diversi, amici. La Chiesa non è né la compagnia dei bravi ragazzi, né il club delle anime devote. La Chiesa è lunga e larga e profonda, fatta di persone diverse, di discepoli diversi. La diversità è suo patrimonio irrinunciabile, come Gesù ci testimonia nell'improbabile scelta degli apostoli.
...

Inizia la processione degli ortodossi: sento il suono dei campanelli del turibolo che sbuffa incenso.

Sorrido: eccoci qui, straniti cercatori di Dio, a vegliare e cantare una tomba vuota.

Libri di Paolo Curtaz

 

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