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TESTO Commento su Giovanni 5,17-30

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Mercoledì della IV settimana di Quaresima (05/03/2008)

Vangelo: Gv 5,17-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Gesù è venuto nel mondo per fare la rivelazione più grande di tutti i tempi: l'umanità non è orfana, l'umanità ha un Padre, e per donarci questa rivelazione Gesù ha dato la sua stessa vita.

Chi è il Padre? E' Gesù stesso che ce ne parla in questo brano:

• Il Padre mostra ciò che il figlio deve operare, è il padre che dà al figlio il senso della responsabilità, la voglia di vivere, di fare...
• Il Padre ama il figlio, lo ama per primo, gratuitamente.

• Il Padre manifesta al figlio tutto ciò che fa', non ci sono segreti tra padre e figlio.

• Il Padre dà la vita, non la trattiene per sé, se lo facesse non sarebbe più padre.
• Il Padre non giudica nessuno, è misericordioso.

• Il Padre vuole che il Figlio sia onorato come lui è onorato.

Un vero padre, desidera che il figlio faccia cose ancor più grandi di lui.

Attraverso tutto quello che Gesù dice, tutto quello che fa', tutto quello che è, ci parla del Padre, ci porta al Padre, ci introduce nella familiarità con il Padre. E questo Gesù lo fa perché vuole mostrarci che il nostro Dio non è un Dio solitario, ma un Dio famiglia, un Dio Trinità, un Dio cioè che è relazione d'amore: Padre e Figlio due persone divine così unite tra loro da rendere presente lo Spirito Santo. L'essere stesso di Dio è amore: Deus Caritas est.

Il Padre è sorgente d'amore, dona tutto l'Amore al Figlio, il Figlio è l'accoglienza totale, piena di questo Amore, che nella sua risposta al Padre, diviene Reciprocità d'amore, Spirito Santo. E' un dono che va e viene, che rimbalza dall'uno all'altro, un amore sempre nuovo, sempre totale, gratuito... Gesù non poteva tenere per sé, ciò che era il suo bene più grande: l'amore del Padre, l'ha rivelato agli uomini, perché tutti potessero diventare partecipi di questo stesso dono.

Sappiamo che nel mondo ancora 4 miliardi di uomini non conoscono il volto di questo Padre. Non hanno un Padre che può generarli alla vera vita. Vorrei ricordare un'esperienza molto semplice raccontata da P. Roberto, uno dei nostri missionari che ha vissuto nella missione di Belo Horizonte in Brasile: Al termine di una celebrazione gli si avvicina Milton, un bambino di 5 anni, ultimo di 6 fratelli. Ha perso il papà, morto in un grave incidente sul lavoro, con fare furbetto, racconta P. Roberto, mi tira una gamba dei pantaloni dicendomi tutto d'un fiato: "Padre, tu sei mio papà." Ho poggiato una mano sulla sua testolina arruffata e mi sono premurato a precisare che io non potevo essere suo padre, perché ero un sacerdote. Gli ho ricordato che suo papà si chiamava Joao e che ora vive in cielo, vicino a Gesù. Dopo un po' si riavvicina e con la stessa tattica e le stesse parole dice: Padre, tu sei mio papà". Ho cominciato a preoccuparmi che qualcuno dei presenti lo prendesse sul serio e seccamente l'ho rimandato indietro, dicendogli di non dire sciocchezze. Si è ritirato, ma la tregua è durata pochi minuti. Con maggiore determinazione delle due volte precedenti, Milton mi ha afferrato per una gamba, quasi facendomi perdere l'equilibrio e obbligandomi ad abbassarmi fino a lui mi ha sussurrato in un orecchio: "Padre, volevo dirti che tu sei mio papà da parte di Dio". Non ho potuto trattenere le lacrime e mi sono vergognato della mia logica troppo umana. Questo piccolo aveva capito da solo, con quell'intuizione che proviene dallo Spirito, che il missionario dona la vita soltanto perché altri uomini possano scoprire il vero nome di Dio: Abbà, Papà!

Parola chiave: Non siamo orfani, ma figli.

 

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