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TESTO Omelia per il 22 luglio 2001 - 16a dom. T. Ordinario Anno C

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XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (22/07/2001)

Vangelo: Lc 10,38-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,38-42

In quel tempo, 38mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

NESSO TRA LE LETTURE

La prima lettura e il vangelo parlano chiaramente dell'ospitalità. Vi si parla di Abramo che, in piena canicola, offre una splendida accoglienza a tre misteriosi personaggi. Vi si parla di Marta di Betania, che accoglie Gesù e i suoi discepoli nella propria casa, e di Maria, sua sorella, che accoglie come discepola attenta la parola di Gesù nel suo cuore. Il testo della lettera ai colossesi presenta Paolo che ospita nel suo corpo e nella sua anima Cristo Crocifisso, per completare le tribolazioni di Cristo nel suo corpo, che è la Chiesa.

MESSAGGIO DOTTRINALE

1. Ospitalità e benedizione. È risaputo che l'ospitalità era, tra i nomadi, la virtù per eccellenza. In un certo modo, essa godeva di un certo carattere sacro e inviolabile, degno del massimo rispetto. Il racconto della prima lettura narra l'ospitalità di Abramo nei confronti di tre personaggi un po' misteriosi, ma si tratta si un'ospitalità che va accompagnata da una benedizione sorprendente e in contrapposizione alle leggi naturali. Richiama l'attenzione in questo testo il fatto che Abramo si rivolga ai tre personaggi al singolare: "Mio Signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo". Per Abramo, codesti personaggi sono messaggeri (angeli) di Dio, che vengono ad annunciargli qualcosa da parte di Jahvé. La narrazione ha, pertanto, sembianza di essere una teofania, in cui Abramo accoglie ed ospita generosamente e gioiosamente Dio sotto il volto di tre suoi delegati. Il messaggio di Dio non si fa attendere ed è di benedizione: "Tornerò da te fra un anno a questa data, e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio". Quale altra benedizione migliore potrebbe aspettarsi Abramo, se non la discendenza, che fino ad ora gli era stata negata a causa della sterilità di sua moglie? Adesso si chiede ad Abramo di accogliere senza esitazioni, con assoluta fiducia, questa benedizione di Dio. Ed Abramo accolse di nuovo questa parola di benedizione, e Dio gli diede un figlio nella sua vecchiaia. Ospitare generosamente il mistero di Dio, ospitare fiduciosamente la sua parola, e, di conseguenza, avere la sicurezza che Dio benedirà la nostra esistenza.

2. Due forme di ospitare l'amico. Queste due forme sono rappresentate da Marta e Maria. Sono due forme altrettanto buone e necessarie, benché la seconda sia preferibile alla prima. Marta ospita Gesù e i suoi discepoli in casa sua. In questo modo, mostra loro innanzitutto il suo apprezzamento e la sua amicizia, li protegge inoltre dal caldo ardente del deserto, che hanno appena attraversato per giungere fino a Betania, e dà loro da bere e da mangiare per recuperare le forze, spese durante la lunga e faticosa camminata. Maria ospita Gesù ascoltando la sua parola, seduta ai suoi piedi, come una discepola entusiasta che non vuole perdersi nemmeno una virgola degli insegnamenti del Maestro. Questo alloggio interiore, spiritualmente attivo, è stimato da Gesù di maggior valore dell'alloggio esterno, incentrato sulla preparazione della tavola per un pasto di ospitalità. Per questo Gesù dice a Marta: "Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno". Gesù non disprezza assolutamente l'ospitalità di Marta, la considera di grande valore. Ma, allo stesso tempo, le ricorda che c'è un'altra ospitalità più importante, e, indirettamente, invita Marta a dargliela. È come se Gesù dicesse alla sua ospite: "Guarda, Marta, prepara una cosetta qualsiasi, e poi vai a sederti vicino a Maria, e ad ascoltare come lei la mia parola". Due forme di ospitare l'amico, di diverso valore, sebbene entrambe siano necessarie.

3. Paolo, anfitrione del Crocifisso. Maria ha ospitato la parola di Gesù. Paolo ospita la croce di Gesù, o, meglio, un crocifisso. "Completo ciò che manca ai patimenti di Cristo". Sebbene l'ospite sia un crocifisso, Paolo non si spaventa né si angoscia, lo accoglie con gioia perché sa per esperienza che in Cristo crocifisso risiede la speranza della gloria per lui e per tutti i cristiani. Per Paolo non è un ospite obbligato, molesto, ma la ragione del suo esistere e della sua missione. Dirà: "Sono crocifisso con Cristo. Vivo io, ma non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me". Marta accoglie in casa sua l'amico buono e sommamente apprezzato, Maria accoglie il Maestro che ha parole di vita, Paolo ospita il Redentore, che con la sua passione, morte e resurrezione, redime l'uomo dai suoi peccati, lo salva da se stesso. L'ospitalità di Paolo culmina, come nel caso di Abramo, in benedizione, nella benedizione suprema.

SUGGERIMENTI PASTORALI

1. Ospitalità verso gli emigranti. Oggi la parola "ospitalità" si può tradurre con "solidarietà". Il cristianesimo ci insegna che tutti siamo fratelli, e per questo tutti dobbiamo essere solidali gli uni verso gli altri. Poiché non dobbiamo dimenticare che la solidarietà è reciproca. L'anfitrione si mostra solidale accogliendo l'ospite, e quest'ultimo rendendo evidente la sua solidarietà accogliendo con gratitudine e rispetto l'ospitalità che gli viene offerta. In definitiva, l'anfitrione accoglie Cristo nell'ospite, e quest'ultimo accoglie Cristo nell'anfitrione. Tutto ciò risulta di grande attualità davanti al problema non piccolo né facile degli emigranti, che, come ondate costanti, giungono soprattutto ai paesi d'Europa e d'America. Essi sono nostri fratelli in Cristo, o, almeno, in umanità, e per questo dobbiamo rispettarli ed accoglierli. Essi, da parte loro, non debbono dimenticare che noi siamo loro fratelli, a cui debbono rispetto ed accoglienza nel proprio cuore. Come non pensare che, dietro lo schermo dell'emigrazione, si nasconde, in qualche occasione, la microcriminalità, la mafia di immigrati clandestini, l'importazione illecita di tabacco e di droga, la mafia disumana dei sequestri di bambini per venderne gli organi o l'inganno di giovinette che saranno portate in diversi paesi d'Europa e vendute alla prostituzione? Quando il reciproco rispetto umano viene meno, non si deve né esasperare né generalizzare, lasciandosi cadere nel razzismo o nell'odio verso tutti gli stranieri, ma l'autorità pubblica dovrà intervenire, e, quando ciò sia necessario, espellere i delinquenti. L'ospitalità ha le sue regole umane e cristiane, e tutti dobbiamo rispettarle con fedeltà, affinché la convivenza sua proficua per tutti.

2. Ospitare Colui che ci ha ospitato. Penso che sia importante che prendiamo coscienza del fatto che anche noi siamo ospiti. Venendo alla vita siamo ospitati da Dio, autore della stessa, in questa grande casa che è la terra; sì, perché tutta la terra è la casa di Dio per ogni uomo che viene a questo mondo. Siamo stati ospitati con affetto in una famiglia: i nostri genitori e fratelli, i nostri nonni, i nostri zii... Siamo stati ospitati in una società, in una nazione, in una cultura, in una istituzione politica, educativa... E soprattutto siamo stati ospitati da Dio nella Chiesa, la casa che Dio ha regalato a noi, credenti in Cristo. La reciprocità ci obbliga. Dobbiamo ospitare chi ci ha ospitato, soprattutto l'Ospite per eccellenza, che è Dio Nostro Signore. Dobbiamo dare il dovuto rispetto all'Ospite nelle nostre parole. Il bestemmiare, il giurare invano, il negare Dio rompe le regole del rispetto dovuto. Dobbiamo dare il dovuto rispetto a Dio nella Chiesa, davanti al Santissimo Sacramento. Un rispetto che si traduce in coscienza della presenza di Dio nell'Eucarestia, in adorazione umile e grata, nel riconoscimento pratico del carattere sacro della Chiesa, ecc.

 

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