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TESTO Conversione per vivere da beati

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (03/02/2008)

Vangelo: Mt 5,1-12a Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

3«Beati i poveri in spirito,

perché di essi è il regno dei cieli.

4Beati quelli che sono nel pianto,

perché saranno consolati.

5Beati i miti,

perché avranno in eredità la terra.

6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,

perché saranno saziati.

7Beati i misericordiosi,

perché troveranno misericordia.

8Beati i puri di cuore,

perché vedranno Dio.

9Beati gli operatori di pace,

perché saranno chiamati figli di Dio.

10Beati i perseguitati per la giustizia,

perché di essi è il regno dei cieli.

11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.

Il libro del profetra Sofonia invita il popolo a cercare il Signore e la sua giustizia e a procacciare sempre l'umiltà rifuggendo la malvagità e la menzogna. Si tratta di un appello accorato e determinato a cercare Dio voltando le spalle al male e di conseguenza ricercando sempre la giustizia e la sincerità nelle opere di bene, come vuole la conversione retta e sincera. Si fa menzione all'"ira di Dio" quale conseguenza nefasta da scongiurare in conseguenza del peccato ma occorre considerare che nella Scrittura "l'ira di Dio" non corrisponde affatto al nostro concetto di "rabbia" quale desiderio di vendetta o bramosia di punizione, ma semplicemente indica il fatto che "Dio prende le distanze" dal male che l'uomo si procaccia (Pitta); oppure: Dio "non approva" le scelte ingiuste del consesso umano e "abbandona" l'uomo al destino che si è scelto. Ne deriva che allorquando non ci si converte si è responsabili in prima persona delle innumerevoli conseguenze in negativo che la mancata adesione a Dio comporta e in pratica, rifiutando il progetto divino di salvezza e di conversione, ci si autocondanna. Resta piuttosto reale e fondato il concetto di conversione voluto non già in vista di una possibile pena o di un terribile emendamento punitivo, bensì in ragione dell'amopre di Dio nei nostri riguardi e dalla sua volontà, dettata dal solo volere di misericordia, che l'uomo non si perda ma realizzi la propria salvezza nella comunione con lui e nell'esercizio dell'amore verso il prossimo. Ci si deve convertire a Dio in quanto Dio ci manifesta il suo amore e la sua predilezione e ci chiama a cambiare vita, in quanto solo Lui è l'origine del perdono e soprattutto la meta ultima del nostro orientamento e l'uomo senza Dio non può procedere con sicurezza.

Recentissimanente, in seguito all'impedimento posto a Banedetto XVI di intervenire all'Università La Sapienza da parte di pochi sedicenti scienziati e studenti, (cosa che segna il declino del nostro sentire civico e demovratico oltre che l'offesa alla Chiesa Cattolica), il Card. Ruini ha affermato che l'Italia ha bisogno di speranza e che va riscoperta la fiducia in "Qualcosa" che motivi e sproni l'uomo nel giusto criterio di vita e nell'orientamento; in ultima analiso occorre che ci si converta sul serio e l'opzione di Dio da parte dell'uomo desolato è quanto mai improcrastinabile. E' sconcertante considerare a tal prioposito come, a detta di talune statisctiche recenti, gli Italiani, già sfiduciati delle Istituzioni e del Governo, abbiano perso anche la fiducia nella gerarchia ecclesiastica: sembra infatti che solo meno della metà del piopolo italiano ripnga la sua fiducia nella Chiesa e queasto non può che indurci ad una seria riflessione e ad interrogare la coscienza innanzitutto di noi sacerdoti, pastori e operatori pastorali se davvero abbiamo svolto la nostra missione a servizio della gente. Abbiamousato serietà nel porci a dispozione del popolo; siamo stati un vero riferimento spirituale con il nostro esempio di vita e con la prassi di una continua dedizione alla gente, o abbiamo semplicemente esaltato noi stessi con le nostre svariate a ttiità di esibizionismo pastorale che imprime solop fino ad un certo punto sulla gente? E' evidente che è il caso che la converrsione debba interessare anche e soprattutto chi sta alla guida del popolo di Dio, perché si convinca in prima persona dell'oggetto del proprio annuncio.

Resta fermo tuttavia che l'unico agente di conversione, nonché unico obiettivo del nostro itinerario di fede e di conversione è sempre il Signore, che in tutti i casi nel suo Figlio predilige l'uomo mpeccaotore smarrito. In Cristo si riscontra infatti Dio che cerca i deboli, gli ultimi e gli indifesi e come afferma lo stesso profeta Sofonia

anche i "poveri della terra", Si tratta (appunto) dei "poveri" di Yahvè (anawimm) che non dispongono di sicurezza materiale alcuna e che ripongono esclusivamente in Dio le loro speranze di poter sopravvivere tutti i giorni. Loro non hanno certezza alcuna e comprendono che solo il Signore può provvedere al loro sostentamento. Per questo Dio, anche in altri passi scritturali, mostra di nutrire particolare riguardo nei loro confronti privilegiandoli davanti a tutte le altre categorie di persone: l'assenza quasi totale di beni materiali comporta che essi si fidino solo di Dio riconoscendolo come unico Signore e padrone della terra e di ogni cosa, ragion per cui la loro vita è tutta improntata nella familiarità con nella docilità nei Suoi confronti, cosa che non avviene nei ricchi, che si illudono di poter trovare affermazione nei beni di consumo usando indifferenza verso il divino.

Ancora oggi i poveri ci sono di esempio quanto alla testimonianza di fede, speranza e carità: molto spesso avviene che la solodarietà e l'apertura al prossimo, nonché i sentimenti di mitezza e di docilità nei confronti di Dio si verifichino specialmente in quanti mancano dei mezzi di primario sostentamento Abbiamo allora compreso che i "poveri" sono fra le prime persone atte alla conversione: chi vive nelle condizioni di miseria e di abbandono come non potrebbe sperimentare l'amore di Dio e convincersi della bellezza della sua Parola? Come non potrebbe aderire al suo progetto di salvezza?

Ma nell'accezione della Bibbia il "povero" non necessariamente è il misero. Nella prima delle Beatitudini riportate oggi da Matteo viene richiesta la "povertà nello spirito", condizione previa a tutte le altre Beatitudini, che comporta il non possedere nulla... pur possedendo tutto. Intendiamo dire: anche qualora non si è miseri, nello spirito occorre che tutti ci sentiamo tali perché destinatari di continui doni divini e pertanto doverosi di condividere tutto con gli altri.

Come dicevamo poc'anzi, la Povertà è la prima fra tutte le Beatitudini, ossia condizione per la quale possano viversi tutte le altre, e se infatti guardiamo attentamente anche il solo passo di Sofonia su esposto, non potremmo non notare che il povero è allo stesso tempo giusto, mite, umile, apportatore di pace...

A partire dalla povertà di spirito si apre per l'uomo tutto il programma di vita che viene descritto in questa ballissima pagina nel quale vi è la promessa che chiunque si disponga a vivere una determinata viortù (pace, mitezza, persecuzione) anche se è votato alla lottta e al sacrificio, non mancherà la sua ricompensa e pertanto si tratta di un espediente di vita assolutamente concreato e realistico, poiché comprende anche le rinunce, le vessazioni, le prove, le sconfitte che ci si deve aspettare nel voler essere uomnini di spiccata virtù evangelica e al contempo descrittivo di come le sfide possono tramutarsi in gloria e in benessere materiale e spirituale se le si accetta con feduciosa determinazione e ai perseveranti è data la corona di gloria con certezza. Bisognerebbe dunque che ci convertiamo a Dio proponendoci la sua sequela nel cammino delle Beatitudini, poiché la risultante della radicale trasformazione di noi stessi risiede proprio in questo, nel vivere da beati nonostante le intemperie.

 

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