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TESTO Commento su Matteo 4,12-23 (forma breve: 4,12-17)

mons. Ilvo Corniglia

III Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (27/01/2008)

Vangelo: Mt 4,12-23 (forma breve: 4,12-17) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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12Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:

15Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,

sulla via del mare, oltre il Giordano,

Galilea delle genti!

16Il popolo che abitava nelle tenebre

vide una grande luce,

per quelli che abitavano in regione e ombra di morte

una luce è sorta.

17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

18Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». 20Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. 22Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

23Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

 

Forma breve (Mt 4,12-17)

12Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:

15Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,

sulla via del mare, oltre il Giordano,

Galilea delle genti!

16Il popolo che abitava nelle tenebre

vide una grande luce,

per quelli che abitavano in regione e ombra di morte

una luce è sorta.

17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

Gesù inizia il suo ministero non in Giudea e nella capitale Gerusalemme, che sono il centro della vita religiosa di Israele, ma in Galilea, una regione periferica in cui abitano anche molti pagani e che è circondata da territori pagani ("Galilea delle genti"). L'intento dell'evangelista è mostrare che Gesù è il Messia anche dei pagani. Nella presenza e attività di Gesù in Galilea Matteo vede compiersi la stupenda visione profetica di Isaia (I lettura). E' come l'esplodere della luce nelle tenebre e della vita in un luogo di morte. Dove arriva Gesù arriva la luce e la vita per tutti, anche per i pagani. E' Lui, Gesù, "la luce" (cfr. Gv 1,4-5; 8,12) e "la vita" (Gv 11,25; 14,6). Lo è con la sua persona, la sua parola, la sua opera. Matteo descrive, appunto, una duplice attività di Gesù: di annuncio e di liberazione dalle malattie.

L'annuncio: "Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: Convertitevi, perché il Regno dei Cieli è vicino". Sono le prime parole che Gesù rivolge alla gente che incontra ed esprimono in sintesi il suo intero messaggio. Esso contiene un appello e un annuncio. L'appello viene prima, ma dipende completamente dall'annuncio ("perché"). E' questo che fonda l'appello, cioè lo rende possibile e lo esige.

L'annuncio è la buona notizia che riempie di gioia chi la riceve: il Regno dei Cieli (=di Dio) è vicino. Il Regno di Dio non è qualcosa di diverso o di separato da Dio, ma indica Dio stesso che, Signore e Re del suo popolo, interviene e si manifesta come Signore e Re impegnandosi in favore degli uomini. Se potessimo capire chi è Dio (oceano infinito di bontà, di bellezza, di felicità), capiremmo qualcosa del "Regno di Dio": Dio, che è Padre e Amore, si fa incredibilmente vicino per eliminare ogni situazione di ingiustizia e di dolore. Dio è qui e dona tutto ciò che ha e tutto ciò che è. Il Regno non è ancora completamente presente nella sua pienezza. Infatti Gesù ci insegna a pregare: "Venga il tuo Regno!". Ma è già una realtà, che attende di diventare perfetta.

Al lieto annuncio Gesù premette l'appello "convertitevi" = volgersi a Dio, volgere a Lui la faccia e il cuore, ascoltarlo attentamente con fiducia. Non voltargli le spalle, cercando la salvezza e la felicità lontano da Lui. Il muoversi di Dio verso gli uomini esige come risposta il muoversi degli uomini verso di Lui.

L'imperativo "Convertitevi!" viene subito ripreso e precisato da un altro imperativo: "Venite dietro a me!". La conversione consiste nel legarsi a Gesù, nel diventare suoi discepoli. L'evangelista mostra che cosa accade quando e dove il Regno di Dio, presente in Gesù, arriva e viene accolto: si segue una persona. Abbiamo qui un racconto di vocazione. L'autore narra un fatto, ma ne sottolinea il significato a tal punto che il racconto è estremamente concentrato, quasi stilizzato. Come altri racconti simili, presenta uno schema fisso, dove ogni elemento è importante e quindi non va trascurato: 1- Gesù passa; 2- vede qualcuno, di cui si menziona il mestiere e l'attività; 3 - chiama alla sua sequela. Non domanda altro. E' l'elemento centrale dello schema; 4 - il chiamato lascia tutto; 5 - aderisce a Gesù, cioè lo segue. Questo schema, che si coglie in entrambe le chiamate delle due coppie di fratelli, rivela alcune componenti essenziali della vocazione.

Da una parte c'è l'iniziativa di Gesù: Gesù passa. Gesù vede cioè sceglie. Non è uno sguardo distratto e gettato a caso, ma uno sguardo di intensissimo amore. Attraverso lo sguardo di Gesù è tutta la Trinità che mette gli occhi addosso a una persona.

Gesù chiama. La chiamata da parte di Gesù è grazia, è dono. La decisione dell'uomo è solo risposta. Nessuna autocandidatura al discepolato. Mentre i maestri dell'epoca non andavano in cerca di discepoli, ma erano questi che sceglievano il maestro, è Gesù invece che sceglie i suoi discepoli. La sequela non è una conquista, ma un essere conquistati. Inoltre Gesù li chiama a restare con Lui non per qualche tempo (come avveniva per i discepoli dei rabbini), ma in maniera definitiva: di fronte a lui essi non saranno mai altro che discepoli, senza speranza di diventare maestri a loro volta.

Dall'altra parte l'iniziativa di Gesù provoca la risposta dei chiamati. Risposta che è caratterizzata da prontezza e gioia senza rimpianto ("subito"). Risposta che è rottura con la situazione anteriore (professione, famiglia). Si noti il crescendo nel distacco operato dai discepoli: i primi due lasciano la barca, gli altri due anche il padre. Risposta che è, infine, dono totale a chi chiama per condurre una nuova esistenza caratterizzata dalla comunione con Lui e da una missione: "Vi farò pescatori di uomini". Non cattureranno più pesci uccidendoli, ma uomini salvandoli dalla morte. Tale risposta esprime la fede per cui il discepolo, senza chiedere spiegazioni, si affida interamente a chi lo chiama. Esprime anche il distacco più radicale, dove però si abbandona qualcosa perché si è trovato Qualcuno, dove la perdita è compensata dal guadagno (e quale guadagno!), dove quello che si è trovato fa impallidire ciò che si lascia. Tale risposta è soprattutto sequela. Ciò che qualifica il discepolo di Gesù non è tanto il termine "imparare" (come vorrebbe la sua etimologia), ma il verbo "seguire", cioè condividere il progetto di vita del Maestro.

Gesù chiamando i discepoli li lega ciascuno alla sua persona e nello stesso tempo li inserisce in una comunità dove Lui è il perno e il centro. Non li stacca dagli altri uomini, ma vuole che la comunione con Lui e tra loro si espanda nella missione. E' la realtà della Chiesa.

Una volta colto lo schema del racconto, siamo in grado di scoprire la vera intenzione dell'evangelista, che non è semplicemente quella di narrarci un episodio di cronaca, ma mostrare che la chiamata-risposta dei primi discepoli (fatto incontestabile) è, però, emblematica per tutti i cristiani. In questo racconto di vocazione noi possiamo rileggere e verificare la storia della nostra vocazione sia battesimale sia specifica di ciascuno. Una storia non di ieri soltanto, ma di oggi. Anche oggi Gesù continua a passare accanto a me, mi vede col suo sguardo carico d'amore, mi chiama a fare quel passo concreto di fedeltà a Lui e io in ogni gesto decido se seguirlo o meno. Che grazia se, ogni volta che ascolto il "Vieni dietro a me!", rispondo subito: "Sì, Gesù, io vengo dietro a te!".

In questo brano predominano i verbi di movimento. Gesù si sposta continuamente e mette in moto altri ("Venite dietro a me"). Si tratta di mettersi in cammino con Lui e di non fermarsi. Così è la luce che si diffonde, è la buona notizia e il Regno che avanzano afferrando sempre nuove persone. Gesù dà inizio a un movimento di aggregazione attorno alla sua persona. Chi si muove con Lui è una comunità itinerante, la famiglia del Messia che "insegna" e "guarisce". E' un avvenimento in corso nella Chiesa, anche oggi.

La Chiesa che Gesù desidera sempre più legata a sé nell'unità di una sola famiglia. È l'esortazione accorata di Paolo (1Cor. 1,10-17: II lettura). La comunità di Corinto è scossa da "divisioni...discordie...". Ci sono correnti religiose che si rifanno ognuna a un capo carismatico e si contrappongono tra loro. Per l'Apostolo tutto questo mette in crisi il punto centrale della fede, cioè il posto di Cristo. Tutti i battezzati appartengono a Cristo e non ai rispettivi leaders: "È forse diviso il Cristo?". Cristo, che è la sorgente dell'esistenza cristiana, è uno solo. Non può quindi dare origine a diversi tipi di cristianesimo. Con Lui i cristiani formano una unità vivente. Appellarsi a Paolo, Apollo e Cefa', è come frantumare e dissolvere questa unità di tutti in Cristo: "Paolo è stato forse crocifisso per voi?". Nessuno dei tre predicatori ha fatto ciò che ha fatto Cristo, il solo che è morto in croce per la redenzione di tutti, compresi i Corinzi. Questa comune appartenenza all'unico Cristo si è attuata nel Battesimo, che non è un rito di iniziazione alla persona che battezza, ma a Cristo stesso: "Siete stati battezzati nel nome di Paolo?". In fondo, le divisioni nascevano e venivano alimentate (non soltanto allora) dalla confusione fra cristianesimo come adesione personale a Cristo e cristianesimo come un qualsiasi movimento filosofico- religioso del tempo. Il cristianesimo, in realtà, è una Persona e non un'idea. L'impegno ecumenico dei cristiani ha in questo testo di Paolo un solido fondamento e una provocazione costante.

- Prova a rivivere nella successione delle varie scene il Vangelo di oggi sentendoti non spettatore neutrale, ma protagonista, come se fossi tu uno dei primi chiamati e proprio a te fossero rivolte tutte le attenzioni di Gesù e il suo invito. Non è un gioco di fantasia, perché ciò che accadde allora continua ad accadere oggi. Dicendo "Vieni dietro a me!" Gesù che cosa ti sta chiedendo concretamente di fare in questo momento? Non deluderlo. Deluderesti te stesso.

 

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