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TESTO Omelia per il 11 marzo 2001 - 2a dom. T. Quaresima Anno C

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II Domenica di Quaresima (Anno C) (11/03/2001)

Vangelo: Lc 9,28-36 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,28-36

28Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. 35E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». 36Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

NESSO TRA LE LETTURE

Suggerisco, come centro unificatore delle letture, il concetto di pienezza. Gesù Cristo nel vangelo rivela la pienezza della Legge e della Profezia, apparendo ai discepoli tra Mosè ed Elia; rivela allo stesso modo la sua pienezza più che umana, che risplende nel suo essere sfolgorante e trasfigurato. In Gesù Cristo giunge anche alla sua pienezza la promessa straordinaria fatta ad Abramo (prima lettura). Nella seconda lettura, san Paolo ci insegna che ai cristiani, cittadini del cielo, è comunicata la pienezza di Cristo, che "trasformerà il nostro misero corpo in un corpo glorioso come il suo".

MESSAGGIO DOTTRINALE

1. Gesù Cristo, pienezza sublime. Sappiamo che il termine "pienezza" è relativo alla capacità dell'oggetto o della persona a cui si riferisce. D'altra parte, non è soltanto un termine con valore quantitativo (capacità di un bicchiere o di una giara), ma principalmente con valore qualitativo (pienezza dell'amore, della salvezza...). Infine, il concetto di pienezza non si trova al margine della storia, ma è intimamente legato ad essa (pienezza di un ciclo storico, di un impero...). Quanto detto ci offre un aiuto per cogliere meglio che cosa significa che Cristo è pienezza sublime. Innanzitutto, la sua pienezza umana è giunta al massimo grado nella trasfigurazione, in cui lo splendore della divinità ha penetrato tutta la sua umanità, e una voce dal cielo lo confessa suo "Figlio prediletto". In codesta medesima esperienza della trasfigurazione, Gesù raggiunge la pienezza della rivelazione, concentrata in due figure dell'Antico Testamento, rappresentanti delle due grandi parti in cui si divideva la rivelazione divina: la Legge o tradizione scritta, il cui rappresentante è Mosè, e la profezia o tradizione orale, rappresentata da Elia. Gesù Cristo è il vertice verso il quale si orientavano sia la Legge che la profezia. Cristo è anche la pienezza della promessa fatta ad Abramo: benedizione, terra, fecondità. In effetti, il Padre ci ha benedetto con ogni genere di benedizioni in Cristo, ci ha fatto partecipi di un cielo nuovo e di una terra nuova, ha fatto di noi un popolo nuovo fecondato con il suo sangue redentore. Gesù Cristo è, allo stesso modo, pienezza della storia. La marcia della storia è giunta al termine nella vita storica di Gesù di Nazaret. Prima della sua presenza storica, tutti gli avvenimenti marciavano e guardavano verso di Lui; dopo la partenza da questo mondo, Gesù è il portabandiera della storia, e gli uomini marciano dietro di lui con la coscienza di non poter sorpassarlo nella sua pienezza umana e divina. Gesù Cristo, infine, riempie con la sua pienezza non soltanto la storia, ma anche l'aldilà della storia. In effetti, la pienezza di Cristo, di cui già partecipiamo nel tempo per mezzo della grazia, ci inonderà e ci darà la pienezza corrispondente alla nostra capacità di essere figli nel Figlio. Il cielo, in realtà, non è altro che la pienezza de Cristo presente in ciascuno dei salvati.

2. La pienezza di Cristo ci interpella. Interpella lo stesso Abramo, perché la promessa e l'alleanza di Dio con lui avrà compimento pieno soltanto in Cristo. Abramo credette in Dio, gli obbedì, e in questo modo aprì le porte della storia a Cristo. Interpella Mosè, il cui Decalogo anela, per così dire, alla sua pienezza nella Legge di Cristo, coronamento del decalogo e di ogni legge umana. Interpella Elia, il fedele interprete della storia, come lo saranno tutti i veri profeti, il cui significato più genuino e definitivo sarà dato da Cristo, a partire dal legno della croce e della salvezza; Cristo, in effetti, non è un interprete qualsiasi di una particella della storia, ma l'interprete ultimo e definitivo della storia, di tutta la storia umana. Interpella Pietro, Giovanni e Giacomo, ai quali, in relazione alla loro missione futura, venne concessa un'esperienza singolare del mistero di Cristo; in essi, interpella tutti noi, discepoli ed apostoli. Interpella Paolo e i cristiani, che, essendo stati elevati da Cristo a cittadini del cielo, debbono vivere in conformità con ciò che sono, e non trasformarsi in "nemici della croce di Cristo". Cristo, dalla cui pienezza tutti abbiamo ricevuto, interpella ogni uomo, perché è lui l'uomo in pienezza ed è lui, allo stesso tempo, la pienezza dell'uomo.

SUGGERIMENTI PASTORALI

1. Dalla sua pienezza tutti abbiamo ricevuto... La pienezza totale di Cristo e la partecipazione di ogni uomo a tale pienezza non se la sono inventata né il Papa, né i vescovi; fa parte della rivelazione cristiana. Se a un buddista, a un ebreo, a un musulmano venisse chiesto di rinunciare a parte dei loro libri sacri, o ad una dottrina che essi considerano rivelazione divina, come reagirebbero? Si può rinunciare a qualcosa in cui lo stesso Dio è impegnato? A noi, cristiani, viene richiesto di essere i primi nel mostrare coerenza con la rivelazione cristiana, che comprende l'Antico e il Nuovo Testamento. Noi cristiani, per coerenza con la nostra fede, dobbiamo essere rispettosi con i credenti di altre religioni, ma dobbiamo chiedere anche ai non cristiani il rispetto dovuto alla nostra fede. Sarebbe una buona iniziativa dai parte dei cristiani spiegare, in modo semplice e convincente, la pretesa cristiana della pienezza di Gesù Cristo: che cos'è ciò che significa, come influisce nella relazione con le altre religioni, in che modo spiega la salvezza universale voluta da Dio, come possiamo conoscerci meglio gli uni gli altri per evitare così malintesi, confusione, manipolazione... Si parla di dialogo ecumenico, interreligioso, e questo è stupendo; tuttavia, è ben risaputo che la base di ogni dialogo non può essere altra se non il rispetto della persona e dell'identità dell'interlocutore. Diciamo la verità cristiana con carità, con rispetto. Soltanto allora potrà cominciare il dialogo autentico e fruttuoso con coloro che cercano ed amano la verità.

2. Una vita trasfigurata. L'esperienza di Pietro, Giovanni e Giacomo durò soltanto un attimo. I suoi effetti, tuttavia, continuarono per tutta la vita. Non fu qualcosa di indimenticabile e di efficacemente trasformante? Anche nella nostra vita ci sono stati e potranno esserci momenti di "trasfigurazione", di esperienza nuova e gratificante di Dio. A volte, tale esperienza di Dio si prolunga per un certo tempo o perfino una vita intera, ma con non poca frequenza passa l'intensità con cui si è esperimentato Dio. Deve, ciononostante, lasciare la propria impronta. Questa impronta, io la chiamo "vita trasfigurata". In altre parole, vita di chi ha visto e vede il volto di Dio nelle realtà e negli avvenimenti dell'esistenza. Vede il volto di Dio in quel bambino sorridente ed attivo, come lo vede allo stesso modo in quell'altro piccolo handicappato. Vede Dio negli occhi trasparenti di una giovane dall'anima pura, che ha consacrato a Dio la sua intera vita; ma lo vede anche negli occhi di una prostituta, obbligata a questo lavoro forzato per sopravvivere e sostenere genitori e fratelli. Scopre il Vivente nelle specie del pane e del vino, non meno che nelle scintille di redenzione che saltano dalla pietra focaia di una coscienza indurita e peccatrice. Tutto viene trasfigurato, perché tutto porta con sé in qualche modo il marchio originale: made by God.

 

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