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TESTO Omelia per il 28 gennaio 2001 - 4a dom. T. Ordinario Anno C

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IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (28/01/2001)

Vangelo: Lc 4,21-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 4,21-30

In quel tempo, Gesù 21cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». 23Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». 24Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. 27C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

28All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. 29Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

NESSO TRA LE LETTURE

Gesù Cristo, Geremia, Paolo: Tre uomini con un'unica missione, il cui vertice è Gesù Cristo, pienezza della rivelazione e della missione salvifica di Dio. In effetti, Gesù è l'inviato del Padre per la salvezza dei poveri, senza distinzione alcuna tra giudei e gentili (vangelo). La missione profetica di Gesù si trova prefigurata in Geremia, il grande profeta di Anatot durante il primo quarto del secolo VI a.C., della cui vocazione e missione, ai tempi della riforma religiosa del re Giosia, e poi durante l'assedio e la caduta di Gerusalemme, tratta la prima lettura. Paolo, segregato fin dal seno di sua madre, prolunga nel tempo la missione profetica di Gesù, ponendo l'accento sull'amore cristiano, come il carisma che relativizza tutti gli altri e che costituisce la vera misura di tutto l'operare umano (seconda lettura).
MESSAGGIO DOTTRINALE

CARATTERISTICHE DELLA MISSIONE. Sono vari i caratteri che i testi liturgici mettono in risalto, trattando della missione profetica. Sottolineo quelli che considero di maggior rilevanza ed incidenza nel nostro tempo.

1. La missione viene da Dio. È Dio che dice a Geremia: "Prima di formarti nel grembo materno ti conoscevo; prima che tu uscissi alla luce ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni" (Ger 1,5). Gesù nella sinagoga di Nazaret non attribuisce a se stesso la missione, ma la legge già profetizzata nelle Scritture, cioè, già prevista dallo stesso Dio. San Paolo, da parte sua, sa molto bene che ogni carisma proviene dallo Spirito di Dio, massimamente il carisma per eccellenza, che è quello dell'agape.

2. Una missione in doppia direzione. Da un lato distruggere, dall'altro edificare (Ger 1,10); da una parte, l'annuncio: proclamare la Buona Novella ai poveri, dall'altro la denuncia: nessun profeta è ben accolto nella sua terra (vangelo); da una parte, la svalutazione di tutto senza la carità, dall'altra, la carità come valore supremo (seconda lettura). È la dinamica della missione e la dinamica della vita cristiana, dai suoi inizi fino ai nostri giorni.

3. Una missione universale. Geremia è chiamato da Dio "profeta delle nazioni"; Gesù Cristo è stato unto dallo Spirito per aiutare i poveri, i prigionieri, i ciechi, gli oppressi, e per proclamare a tutti un anno di grazia del Signore, cioè, un giubileo. Se Dio è creatore e padre di tutti, tutti sono allo stesso modo oggetto del suo amore e della sua redenzione.

4. Una missione con dei rischi. Il rischio innanzitutto che gli uomini non ascoltino né accettino il messaggio di Dio, comunicato dal profeta. Il rischio anche di essere maltrattati, considerati nemici pubblici, ritenuti dei guastafeste e dei profeti di sventure. La biografia di Geremia è intessuta di episodi di questo genere. Gesù stette sul punto di essere lapidato dagli abitanti di Nazaret, e Paolo visse delle relazioni non poco tese con i cristiani di Corinto, quando scrisse loro la sua prima lettera.

5. Una missione senza timore e con la forza di Dio. Dio dice a Geremia: "Non avere paura di loro... Oggi io faccio di te come una fortezza, come un muro di bronzo contro tutto il paese". Gesù, di fronte ai nazareni che vogliono gettarlo giù dal precipizio, ci dice san Luca, che "aprendosi il passo tra di loro, se ne andò". Che coraggio sovrumano e che potere di Dio nell'atteggiamento di Gesù! E Paolo, non mostra forse una forza divina, quando antepone l'agape cristiana alla scienza, alla povertà totale, alle fiamme, alla stessa fede?

6. Una missione che esige una risposta. Può essere una risposta di rifiuto, come nel caso di Geremia: "Essi lotteranno contro di te" (prima lettura). Può essere una risposta doppia, come nel caso di Gesù: da una parte, consenso ed ammirazione, dall'altra, indignazione e desiderio di gettarlo da un precipizio (vangelo). E Paolo, nella seconda lettura, proponendo ai corinzi il carisma della carità, non fa' che chiedere loro di rispondere con generosità a detto carisma.
SUGGERIMENTI PASTORALI

LA MISSIONE CRISTIANA, UNA PROVOCAZIONE. Per l'uomo, qualunque siano le circostanze, ogni proposta che venga da Dio è una provocazione, perché lo trae fuori dalla sua routine, dai suoi schemi mentali, dalla sua aurea mediocrità. Gesù provoca i nazareni, ferendo il loro orgoglio con il non fare a Nazaret i miracoli realizzati a Cafarnao, e li provoca ponendo fine ai privilegi giudei e dando altresì preferenza ai gentili sui giudei, come accade negli esempi che Gesù fa di Elia e di Eliseo. L'agape che Paolo propone alla Chiesa di Corinto è una provocazione maiuscola per questi greci educati nel culto della ragione e dell'eros. Anche essere e vivere oggi come cristiano è provocatorio, ma si tratta di una provocazione salutare. Si deve provocare insicurezza nella mentalità, perché si realizzi una vera conversione, un cambiamento di mentalità, una metanoia. Si deve provocare con la "debolezza" di ogni uomo, affinché acquisti rilevanza e senso in ogni vita umana la forza e il potere di Dio. Si deve provocare con le cianfrusaglie di felicità che gli uomini comprano al supermercato della società o della cultura, affinché aprano gli occhi all'autentica felicità che si trova in Dio e che Dio ci dà. Si deve provocare l'uomo nelle sue miserie e meschinità, affinché prenda coscienza della sua grandezza come immagine di Dio, come figlio di Dio. Se il cristiano non provoca né scuote l'uomo nel suo intimo, è segno che ha perso la forza revulsiva e mordente, ha perso la sua ragione di essere nella storia.

L'ÁGAPE, MISURA DI TUTTO. Un grave e frequente errore dell'uomo è confondere il contatto fisico o la relazione sessuale, o l'eros sentimentale, con l'amore, con l'agape. L'amore cristiano non è un momento passeggero, epidermico o sentimentale, effimero come le foglie di autunno, insoddisfacente come ogni "gioco" egoista o spesso sensuale. L'amore cristiano si riflette corporalmente e sentimentalmente, ma la sua più pura essenza è interiore, spirituale, divina. L'amore cristiano è un atteggiamento dell'anima che misura ogni oggetto, ogni scienza, ogni relazione, ogni attività, ogni avvenimento. È l'amore cristiano la misura delle tue relazioni con gli altri, della tua vita familiare, del tuo denaro, del tuo lavoro o professione, dei tuoi divertimenti? È l'amore cristiano, nella tua parrocchia o nella tua Diocesi, il vero metro con cui si misurano tutte le altre realtà parrocchiali o Diocesane? Se l'amore è la misura di tutto, la misura dell'amore è un amore senza misura. Quanto resta ancora da fare!

 

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