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TESTO La grande attesa di Dio-tra-noi

mons. Antonio Riboldi

IV Domenica di Avvento (Anno A) (23/12/2007)

Vangelo: Mt 1,18-24 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 1,18-24

18Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. 20Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

22Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:

23Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:

a lui sarà dato il nome di Emmanuele,

che significa Dio con noi. 24Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

Per chi davvero ha fede e vive di gioia, perché Dio si fa uno di noi, per stare con noi, questi giorni, che ci accostano al Natale, sono giorni di meravigliosa attesa: un'attesa piena di stupore, che si prova quando si riceve la notizia che una persona molto cara, 'cuore della vita', sta per arrivare.

"Al solo pensare - mi dice una mamma che attende il figlio a lungo lontano - è tanta la gioia che provo che mi sembra di 'morire di felicità'".
Ma è così la nostra attesa del Natale?

Camminando per le strade delle nostre città, siamo come storditi da tanta pubblicità per 'altro', i 'regali da comprare'.

Tutti vogliamo 'fare' Natale e, a volte, non badiamo a spese. Si 'usa' il Natale di Gesù e fa tanto male! Gesù, che viene direttamente e divinamente a rivelare quanto Dio ci ami, fino a farsi uno di noi, 'figlio dell'uomo', è preso a pretesto per 'celebrare' un natale pagano.

Il primato delle cose, dell'abbondanza materiale - anche quando ci si lamenta dei rincari - a volte con ostentazioni sfacciate, sprechi incalcolabili, frutto di ingiustizie sociali - le tante povertà anche vicinissime - la quasi dimenticanza della condivisione fraterna, in effetti sono 'una bestemmia' al Natale di Gesù. Cerchiamo, carissimi, di evitare simili sbagli!

Tuffiamoci nella solenne liturgia del Santo Natale, che diventa 'liturgia della carità' verso chi soffre, ed entreremo nel mistero della grande Gioia della grotta di Betlemme, non solo, ma parteciperemo dell'annuncio degli Angeli: "Gloria a Dio in cielo e pace in terra agli uomini che Egli ama".

Proviamo, questi giorni che ci separano dal Natale, a 'viverli' con Giuseppe e Maria.

Dovevano affrontare un lungo viaggio da Nazareth a Betlemme: un viaggio nel deserto, chi ha visitato la Terra Santa, sa quanto è pesante in pullman, con l'aria condizionata, pensate la fatica e i pericoli in quei tempi! Una fatica ancora più sofferta, perché erano gli ultimi giorni che mancavano alla nascita di Gesù. Davvero la vita di Gesù inizia nella maniera più vicina alla nostra inconfessata povertà umana!
Ma oggi il Vangelo ci propone un'altra sofferenza.
Ricordiamo tutti l'episodio dell'Annunciazione.

Maria, una adolescente, viene visitata dall'Arcangelo Gabriele, che le espone il disegno del Padre, a lungo conservato nel Suo Cuore: la riconciliazione con noi, sue creature, che avevamo drammaticamente rifiutato la Sua amicizia, sola ragione della nostra creazione e vita.
Dio non poteva abbandonarci per sempre.

Occorreva riportare l'uomo a quel 'sì', mancato dai nostri primogenitori.

Un 'sì' preparato da quello di Abramo, che lascia tutto per seguire il suo Dio, di Isacco, pronto ad essere sacrificato, di Mosè, che affronta il faraone per salvare il popolo del suo Dio, di Giobbe nella prova della sofferenza, di tanti profeti nella persecuzione, per giungere al 'sì' di una donna, preservata dal peccato originale, Maria di Nazareth: un 'sì' da cui sarebbe dipesa la salvezza dell'umanità!

Il Padre attese quel 'sì' proprio nell'evento dell'Annunciazione, quando l'Arcangelo si fa portavoce del Suo disegno. E, sia pure dopo un giusto e umano turbamento davanti all'incredibile richiesta, quel 'sì' fu pronunciato: "Si compia in me la Sua Parola". "E il Verbo si fece carne", ossia in quel momento iniziò, come nell'Eden, il cammino di Dio tra gli uomini, percorrendo la 'stessa via dell'uomo' fino alla morte in croce.

Ma, tante volte, non è facile, anche per noi, capire tanti fratelli e sorelle che, per fare spazio totale a Dio, fanno della loro vita un 'sì' totale.

Così, la presenza di Dio, annunciata e germinata nel seno di Maria, in modo misterioso - come sono tutti i 'segni dell'amore di Dio' - incontra subito l'incomprensione in Giuseppe, che pure era 'uomo giusto'.

Così, oggi, ne parla Matteo, nel Vangelo: "Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo. Sua Madre, Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe, suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un Angelo del Signore che gli disse: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù. Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati. Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio, che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio-con-noi. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa" (Mt 1, 18-24).

L'avventura di Gesù incomincia così con una profonda sofferenza della mamma, Maria, che non può né sa spiegare il mistero dell'Incarnazione del Figlio.

Chi potrebbe mai credere che è nato dallo Spirito Santo? Una via che la ragione dell'uomo non può 'capire', perché le 'sue vie' per dare alla luce un figlio sono altre, anche se le vie di Dio possono essere diverse!

Dio, per venire tra di noi, non usa gli schemi 'normali' e tanto meno quelli trionfalistici, che nella nostra superbia ci aspetteremmo... da un Dio!

Difficile capire la sublimità del mistero e dell'umiltà, che è la sola vera via che conosce l'Amore quando si dona.

Giuseppe, uomo giusto, - così lo definisce il Vangelo - non usa la giustizia come condanna, ma come misericordia, come è la natura di Dio Padre.

Conoscendo la bellezza interiore della Vergine, si arrende davanti al concepimento in Maria, non discute sulle cause di quella gravidanza inspiegabile, e sceglie la via umanamente più misericordiosa: difende la dignità di Maria, rinunciando ad un pubblico rifiuto, - usanza di allora che sarebbe stato un condannare Maria al disprezzo di tutti - e la congeda 'in silenzio'.
Qui è la grandezza umana di Giuseppe.

Quando poi Dio stesso lo illumina sulla vera identità del Figlio di Maria, nato non da uomo, ma dallo Spirito Santo, Giuseppe ritorna sulla sua decisione e "la prese con sé come sua sposa".
E qui è la grandezza di Giuseppe, uomo di fede.

Fa davvero riflettere questa 'via' che Dio sceglie per venire tra di noi.
Una 'via' che tante volte incontra la nostra incomprensione.

Noi, abituati a ragionare 'terra, terra'... da poveri uomini!

Ma la via del mistero e dell'umiltà, che è quella dell'amore che si dona, è la via di Maria, di Giuseppe e di tutti coloro che seguono Gesù.

E non sarà l'unica volta in cui Maria e Giuseppe dovranno essere testimoni dell'apparente debolezza di Dio in Gesù.

Rifiutato dalla città, troverà riparo, Dio, per venire al mondo, in una grotta e sarà deposto in una mangiatoia. Cercato da Erode, che, dopo la notizia dei Magi, teme in Lui un contendente al trono, dovranno difenderlo fuggendo in Egitto. Vivrà gli anni della sua adolescienza e giovinezza nell'allora sconosciuta Nazareth, come uno qualsiasi... fino all'inizio della sua missione tra di noi, che, non avendolo compreso, lo abbiamo rifiutato e messo in croce!

Ci rendiamo conto della bellezza di un tale amore di Dio che si fa uomo per noi, percorrendo le nostre strade?

Ma poteva l'amore di Dio che si fa uomo, non mettersi nei nostri panni?

Se siamo sinceri, ci rendiamo anche conto che questi 'nostri miserabili panni' avevano davvero bisogno di Qualcuno che, con l'amore, ci rendesse 'belli', come figli di Dio!
Solo Dio poteva compiere un tale miracolo!

È questo l'amore che cerchiamo, anche se poi tante volte non lo capiamo.

Siamo dunque chiamati a entrare nel grande mistero del 'Dono' di Dio, che è il Natale di Gesù, con un cuore aperto al mistero e disponibile nell'umiltà, senza lasciarci soffocare dal commercio di doni materiali.

C'è un'unica via per celebrare davvero il Natale di Gesù: come Lui farsi dono di solidarietà ai tanti che il nostro consumismo rifiuta e così sperimentare la gioia del donare.

Quanto bisogno abbiamo di amore: un amore che, tante volte, conosce le difficoltà che vissero Maria e Giuseppe.

Assaporiamo, in questa vigilia, le parole di Paolo ai Romani: "Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per vocazione, prescelto per annunciare il vangelo di Dio, che egli aveva promesso per mezzo dei Suoi profeti nelle Sacre Scritture, riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione, mediante la resurrezione dai morti, Gesù Cristo, nostro Signore. Per mezzo di Lui abbiamo ricevuto la grazia dell'apostolato per ottenere l'obbedienza alla fede da parte di tutte le genti a gloria del Suo Nome: e tra questi siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo. A quanti sono in Roma, diletti di Dio e santi per vocazione, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro e del Signore Gesù Cristo" (Rom 1, 1-7).

A quanti di voi, carissimi, che soffrono e sono assetati di amore, quello che sempre Dio ci dona, voglio offrire, come conclusione, una riflessione di Mons. Tonino Bello:
"Lui è il Signore, è Gesù di Nazareth,
è questo indistruttibile Amore nostro,
intorno al Quale vogliamo legare la vita,
al Quale non ci vogliamo aggrappare, ma abbandonare.
Purtroppo, miei cari amici, io conosco molti cristiani,
fra questi forse ci sono anch'io,
che si aggrappano al Cristo, al Signore, perché hanno paura,
ma non si abbandonano a Lui perché lo amano.
Noi ci dobbiamo abbandonare a Lui,

fontana antica, che ha un' acqua unica, capace di dissetarci.
Chi ha sete va e beve;
chi è stanco va a refrigerarsi.
Così è Gesù Cristo.
Per ognuno ha una parola di tenerezza, di incoraggiamento.
Noi dovremmo riscoprirla".

 

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