PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Il Re pastore

don Fulvio Bertellini

IV Domenica di Pasqua (Anno A) (21/04/2002)

Vangelo: Gv 10,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 10,1-10

1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

Nell'Antico Testamento parlare di pastori e pecore aveva un'immediata valenza politica. Prima dell'esilio, il "pastore" è il re, colui che guida il popolo, in guerra e in pace, ma soprattutto in guerra. Dopo l'esilio, la storia politica di Israele si avvilisce in una lunga serie di dispute per il potere, condotte con astuzia e ferocia. Ognuno dei contendenti si sente come il legittimo pastore, e tenta di scalzare l'altro, con ogni mezzo. Chi ha letto l'Antico Testamento non si stupisce più di tanto delle interminabili contese riguardo alla Terra Santa: sembrano essere le stesse da secoli (a parte i mitra e i carri armati). L'ineluttabilità della guerra dava al re poteri assoluti: imporre le tasse, esigere lavori forzati, reclutamenti improvvisi...

Pecore noi?

Il destino del popolo si identifica con il destino del re: se il "pastore" vince, tutto il "gregge" sarà nella prosperità; in caso di insuccesso, tutti sono coinvolti (e travolti) nella medesima catastrofe.

Il nostro spirito moderno istintivamente si ribella all'associazione del nostro destino con quello del capo di turno, sia esso politico o ecclesiastico. Ci sentiamo giustamente individualisti, e poco disposti a cedere la nostra libertà al potere di un estraneo. Non è possibile vivere senza padroni? Apparentemente il Vangelo ci sbatte in faccia una dura realtà, contro cui si infrangono le nostre pretese di autonomia. Non possiamo fare a meno di essere pecore, e molto probabilmente avremo sempre bisogno di pastori.

Il guardiano e la porta

L'immagine pastorale viene usata da Gesù in un senso non politico, per illustrare il suo rapporto con i credenti. Ma non si tratta di una visione privatistica dell'esistenza e del rapporto con Dio; la relazione con Gesù pastore apre uno spazio di interiorità e di libertà, in cui la politica non ha voce in capitolo. Per questo il discorso risulta ostico agli ascoltatori: le immagini sono loro familiari (un recinto con un guardiano dove convivono diversi greggi; quando il pastore arriva, questi deve avvisare il guardiano, farsi aprire, e farsi riconoscere dalle pecore con la sua voce; ovviamente ci sono anche dei razziatori che cercano di impadronirsi delle pecore, ma sono sconosciuti e respinti) ma il loro significato resta oscuro. E' Gesù stesso che si premura di dare una chiave di interpretazione, e la prima affermazione che fa ci sorprende: io sono la porta delle pecore.

Il ladro e il brigante

L'affermazione successiva è pesante: "tutti quelli che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti". Ovviamente, perché non passano attraverso la porta, che è Gesù stesso. Vuol dire che per il popolo di Israele ogni altra autorità che non sia il Cristo è illegittima? E' un giudizio contro tutti quelli che si sono disputati il dominio del popolo da dopo l'esilio fino al tempo di Gesù, in cui regnava la dinastia di Erode, spalleggiata dai Romani? E per la comunità cristiana, che significato prende la sua affermazione? Anche gli estremisti islamici sostengono qualcosa del genere, quando negano ogni autorità che non sia religiosa. Ma le parole di Gesù prendono una direzione diversa.

La porta del cuore

Gesù è l'unica autorità che possiede le chiavi del cuore dell'uomo. Si parla qui di una relazione profonda, intima, personale: "le pecore ascoltano la sua voce... non conoscono la voce degli estranei...". Prima che essere pastore, Gesù è la porta: non è mai estraneo all'interiorità più profonda dell'uomo. Tutte le altre autorità rimangono all'esterno, e nel momento in cui si propongono come autorità assolute, la loro pretesa diventa eccessiva. Per la prima comunità il conflitto esplose improvviso quando i cristiani cominciarono a negare gli onori divini all'imperatore. Oggi ovviamente nessuna autorità pretende onori divini. Ma possiamo chiederci fino a che punto sono rispettati i diritti fondamentali della persona, fino a che punto è la persona al centro del dibattito, e quando invece si scatena una pura e semplice lotta di potere. Potremmo anche chiederci fino a che punto l'economia mette al centro la persona: il rischio è che l'uomo venga ridotto a consumatore, ossia target pubblicitario, risorsa produttiva, quadro dirigente...

Vita in abbondanza

Ma se ci perdessimo in queste discussioni rischieremmo di perdere tempo e allontanarci dal centro di riflessione che ci propone il Vangelo: Gesù, l'unico che mette al centro noi, che noi possiamo avere vita in pienezza, vita in abbondanza. Gesù diventa così il punto di vista per le nostre piccole o grandi autorità. Sia che siamo genitori, insegnanti, educatori, preti, dirigenti, medici o qualunque altra cosa... è molto facile che la vita ci metta sul piedistallo dell'autorità. Ed è molto facile che ci si preoccupi più del piedistallo che della vita di chi ti sta sotto. Solo Gesù è l'unico pastore, lui che possiede le chiavi dei cuori; e se vogliamo guardare a lui, troveremo un modello molto impegnativo di come si esercita l'autorità come servizio, nella famiglia, nella Chiesa, nella società.

PRIMA LETTURA

"Sappia con certezza la casa di Israele...": Pietro si rivolge alla folla ricordandole la sua identità gloriosa e santa, voluta da Dio. Non sono un'accozzaglia di persone qualsiasi, ma il popolo che Dio si è riservato come sua proprietà. Sebbene si tratti di un discorso per certi aspetti duro e accusatorio, Pietro non dimentica la dignità degli interlocutori, che deriva dalla predilezione che da secoli Dio dimostra loro.

"... che Dio ha costituito Signore e Cristo...": i titoli che Pietro riferisce a Gesù sono titoli regali: laddove il termine Signore indica la sua autorità e il suo potere, in senso per così dire orizzontale, nel rapporto con gli uomini; mentre il termine "Cristo" (unto, consacrato, in ebraico: Messia) specifica il suo rapporto speciale con Dio, che lo abilita alla missione nei confronti del popolo. L'annuncio di Pietro risulta comprensibile al popolo di Israele, preparato da lunghi secoli di attesa del compimento delle promesse di Dio; potrebbe sembrare poco significativo per noi, che probabilmente non attendiamo da Dio un Re-Messia.

"...quel Gesù che voi avete crocifisso!". La parola di Pietro svela il peccato dei suoi interlocutori: pur preparati da secoli di annuncio profetico, di attesa, di celebrazione della salvezza di Dio, gli israeliti hanno rifiutato Gesù. Ma qualcosa del genere sta capitando anche a noi: nonostante un'eredità di secoli di cultura e vita cristiana, la possibilità di vivere e testimoniare nella pace la nostra fede, nonostante i sacramenti che abbiamo ricevuto, Gesù rischia di essere emarginato dalla nostra esistenza.

"Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare...": il pentirsi (cioè il "cambiare vita" o il "cambiare mentalità") precede il battesimo: ma per noi deve forse avvenire il contrario. Ci è data in questo tempo l'occasione di riscoprire il dono ricevuto nel battesimo, di lasciarlo agire nella nostra vita, di ascoltare la voce dello Spirito. O saremo anche noi di quelli che di nuovo crocifiggono Gesù con il gelo della loro indifferenza.

SECONDA LETTURA

"Se facendo il bene sopporterete con pazienza la sofferenza": la traduzione rende generico un discorso che nella lettera di Pietro è molto più specifico: si parla di un "fare il bene" che non viene riconosciuto, e viene contraccambiato con il male; questa è appunto la sofferenza da sopportare, sul modello di Gesù, che ha affrontato la croce per liberarci dal peccato. "Eravate erranti come pecore...": la frase conclusiva interpreta la croce come il modo con cui Gesù ci ha raccolti dalla dispersione del peccato: accettando la sofferenza, Gesù è venuto a cercarci e a riunirci. Allo stesso modo il discepolo di Gesù è invitato a sopportare con pazienza il male che riceve, trasformandolo in occasione di conversione. Non si tratta quindi di un discorso doloristico, ma di un invito a partecipare all'atteggiamento pastorale di Gesù nei confronti di chi sbaglia. Noi lo riterremmo un invito troppo elevato, riservato a chi è maturo nella fede, tanto da saper "porgere l'altra guancia": nella lettera di Pietro invece, sorprendentemente, ci si rivolge a tutti: ogni cristiano è chiamato ad essere segno vivente dell'amore e del perdono di Dio.

 

Ricerca avanzata  (54719 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: