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TESTO Commento su Giovanni 20,19-31

don Daniele Muraro   Home Page

II Domenica di Pasqua (Anno C) (15/04/2007)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Il commento segue lo schema predisposto dall'autore per ogni anno liturgico, che potete trovare cliccando qui.

La sera della domenica di Pasqua, il primo giorno dopo il sabato, Gesù arriva in mezzo ai suoi discepoli ospite inaspettato, ma non sgradito. I discepoli gioirono al vedere il Signore. Erano trascorsi neanche tre giorni dall'arresto nel giardino degli Ulivi e una sessantina di ore dalla crocifissione sul monte Calvario e Gesù si fa vedere vivo a chi lo aveva abbandonato e rinnegato e ora si trovava barricato nella stanza del Cenacolo, in attesa degli sviluppi di una situazione tanto incerta quanto pericolosa.

E invece Gesù passa attraverso porte chiuse offrendo il suo saluto di pace, e mostrando le sue piaghe gloriose subito rianima lo sparuto gruppo dei discepoli che per la troppa gioia rimane senza parole, esterrefatto e religiosamente assorto.

Il saluto di Gesù è completato da un incarico: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi"; potrebbe sembrare troppo per chi era ancora sotto trauma per gli avvenimenti vorticosi dei giorni precedenti, ma Gesù aggiunge: "Ricevete lo Spirito santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi!".

Evidentemente i primi ad avere bisogno del perdono da parte di Gesù in quel momento erano gli stessi apostoli, fra i quali si diffonde uno stupore misto a riverenza, ma lo Spirito santo comincia fin da subito la sua opera di guarigione del cuore e di luce per l'intelletto.

Nessuno dubita e tutti rimangono rapiti davanti a una rivelazione potente e insieme dolce che cambia il modo di intendere le cose e ricostruisce un'amicizia che sembrava distrutta per sempre, quella con Gesù il Maestro buono che ora aveva dimostrato chiaramente di essere anche il Figlio di Dio Salvatore.

Solo uno del gruppo degli Apostoli era assente quella sera di Pasqua: si tratta di Tommaso, detto Didimo, cioè il gemello, che una volta messo al corrente della inaudita notizia si dimostra malfidente e incalza gli altri discepoli chiedendo le prove al di là di ogni smentita.

Gesù ritorna la domenica seguente, inaugurando quel ritmo settimanale che la Chiesa ancora oggi celebra, e si rivolge direttamente all'apostolo incredulo, presentando a lui le sue piaghe gloriose e invitando quello che aveva fatto il difficile a superare la sua diffidenza: "Non essere più incredulo, ma credente!".

Il Vangelo non ci dice se effettivamente Tommaso ci pianta il naso, ossia mette in pratica il gesto che aveva preteso come condizione della sua fede, di tastare nel posto dei chiodi sulle mani e della lancia nel costato, ma il Vangelo di Giovanni ci riporta la testimonianza di fede più alta di tutto il Nuovo Testamento: "Mio Signore e mio Dio!".

Tommaso si era trovato di fronte a delle piaghe, prove crudeli di violenza e vi aveva riconosciuto la rivelazione dell'amore di Dio e della salvezza realizzata. Gesù aveva patito anche per Lui, in obbedienza alla volontà del Padre.

La seconda apparizione di Gesù termina con una beatitudine rivolta alle generazioni future dei fedeli e quindi anche a noi: "Beati quelli che pur non avendo visto crederanno!". Dopo duemila anni di testimonianza cristiana noi siamo ancora esattamente in questa condizione: possiamo credere solo se vogliamo credere; c'è una luce che viene dal Signore Gesù crocifisso e risorto e può illuminare la nostra vita, ma noi possiamo decidere di rivolgere gli occhi da un'altra parte.

La fede resta sempre affidata ad una nostra libera scelta e tuttavia già fin da ora produce una beatitudine che chi non la gusta non può capire di che cosa si parla.

La fede in Gesù morto e risorto infatti è una forma di sapienza, che dà un gusto nuovo alle cose, le condisce con un sapore che non è possibile rintracciare altrove.

Soffermiamoci un attimo allora su questo primo dono dello Spirito santo, primo dei sette doni.

"Sebbene unica la sapienza può tutto, attraverso le età entrando nelle anime sante forma amici di Dio e profeti. Nulla infatti Dio ama se non chi vive con la sapienza.": dice così la Sapienza stessa personificata nel libro dell'Antico Testamento che porta il suo nome.

Per la Bibbia, l'uomo nella sua condizione normale non è sapiente né sono sapienti gli angeli; meno che mai sono sapienti i demoni. Infatti: "uno solo è sapiente, molto terribile, seduto sul trono"; "A Dio appartengono la sapienza e la potenza"; e san Paolo dice ai Romani: "a Dio, che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo la gloria nei secoli". Con questo si intende escludere che la sapienza possa essere prerogativa di qualcuno che non sia Dio stesso. Se una creatura può dirsi sapiente, ciò è perché ha ricevuto da Dio questo dono: "Dio concede a chi gli è gradito la sapienza", da cui la preghiera: "Dammi la sapienza che siede accanto a te in trono".

La sapienza è dunque un dono di Dio, e come tale va anche desiderata e cercata. L'uomo privo della divina sapienza, anche se completo nelle sue doti naturali, può considerarsi un nulla: "Se anche uno fosse il più perfetto tra gli uomini, mancandogli la tua sapienza, sarebbe stimato un nulla."

La sapienza infatti non va confusa con il sapere molte cose, ma essa si manifesta nel sapere le cose che servono: in questo senso dobbiamo parlare del dono della sapienza come di quella luce interiore che ci porta a conoscere la nostra giusta posizione nel mondo secondo il disegno di Dio, vale a dire, la nostra vocazione specifica.

Per l'apostolo Tommaso la sapienza da cui è stato investito nel momento stesso della manifestazione da parte di Gesù risorto è consistita nel riconoscere la sua ottusità precedente.

"Quando si agitava il mio cuore e nell'intimo mi tormentavo, io ero stolto e non capivo, davanti a te stavo come una bestia. Ma ora io sono con te sempre: tu mi hai preso per la mano destra." Dice a questo proposito un salmo.

Una volta intesa la sua chiusura mentale, san Tommaso si apre a comprendere il piano di Dio, vede i suoi tre anni trascorsi con Gesù in una prospettiva nuova, positiva. Anche il male e la sofferenza trovano posto in questo panorama pacificato: attraverso la sua passione Gesù è entrato nella sua gloria e così per il discepolo i dolori della vita, vissuti nel Signore e col Signore, eliminano in lui solo ciò che deve essere distrutto, in modo tale che ciò che sopravvive è sempre la parte migliore e più eletta della personalità e l'uomo nuovo così formato può mettersi al servizio di tante altre persone che aspettano una testimonianza positiva.

Sono i giudizi rapidi che ci portano fuori strada. Il dono della sapienza ci rende capaci di non fermarci al Venerdì di passione, ma di contemplare nei dolori del Figlio di Maria le nostre sofferenze e i nostri dubbi assunti e superati dall'amore di Dio perché anche noi sappiamo ricambiare l'amore dimostrato per noi da Gesù con l'adorazione verso di Lui nostro Dio e Signore e con la dedizione generosa verso il nostro prossimo.

 

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