TESTO Cristo Profeta
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I Domenica di Avvento (Anno A) (02/12/2007)
Vangelo: Mt 24,37-44
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «37Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 38Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, 39e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. 40Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. 41Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
42Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
La settimana passata abbiamo celebrato Gesù Cristo sotto le vesti di Re dell'Universo e abbiamo riconosciuto in Lui il Signore della storia e del mondo. Questa Domenica, prima di Avvento, all'apertura dell'anno liturgico e di un nuovo ciclo triennale, il brano del Vangelo ci suggerisce di considerare Gesù sotto un aspetto complementare.
Si tratta del ruolo di Profeta, ai nostri giorni non abbastanza considerato, ma al tempo della sua vita pubblica senz'altro più evidente rispetto alla sua regalità. Gesù accettò fin da subito di venire indicato con questo titolo di "Profeta" che fa il paio con l'altro di "Maestro" e di esso dette prova soprattutto attraverso la predicazione.
Se Giovanni Battista fu indicato da suo padre Zaccaria come profeta dell'Altissimo perché sarebbe andato innanzi al Signore a preparargli le strade, Gesù stesso venne riconosciuto dalla gente che beneficava come un "grande profeta".
Fin dal discorso inaugurale nella sinagoga di Nazaret infatti Gesù si mise nella linea dei profeti dell'Antico Testamento dichiarandosi venuto per adempiere le Scritture. Poco dopo in verità parlando di se stesso avrebbe dovuto aggiungere: "Nessun profeta è bene accetto in patria". I profeti dell'Antico Testamento infatti avevano sofferto persecuzioni a motivo del loro messaggio, e questo destino incombeva anche su di Lui il Messia mandato da Dio.
Le vicissitudini dei profeti antichi, secondo Gesù, altro non furono che un'anticipazione della sorte riservata a Lui stesso che tutti gli altri attendevano e a cui avevano fatto riferimento nei loro annunci.
Venuto il momento di raggiungere la città santa per celebrarvi l'ultima Pasqua, Gesù vi si diresse decisamente, perché secondo le sue parole, "non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme."
Ancora dopo la sua morte e sepoltura i due discepoli di Emmaus lo descrissero come un "profeta potente in opere e parole, davanti a Dio e a tutto il popolo".
Forse il momento in cui Gesù espresse in maniera più evidente la sua qualità di profeta, almeno secondo il nostro modo di intendere le cose, fu quando annunciò gli avvenimenti futuri e in particolari quelli finali.
Soprattutto verso il termine della sua missione Egli non si accontentò di prevedere la sua passione e morte, ma preannunciò anche un suo ritorno definitivo.
Ad esempio nel Vangelo di oggi per ben tre volte Gesù parla della venuta del Figlio dell'uomo. Egli lo descrive come un avvenimento inaspettato: questa improvvisa apparizione capiterà nell'ora che non ci si immagina e coinvolgerà tutta l'umanità.
Gesù ragiona in terza persona, ma è chiaro che intende riferirsi a se stesso e al suo ritorno. Egli è il Figlio dell'Uomo venuto già una volta nel mondo e destinato a ripresentarsi negli ultimi tempi.
Ciò che annuncia Gesù dunque è sicuro perché si tratta di una intenzione sua e di un proposito che al momento opportuno Egli metterà in pratica.
Gesù non vede gli avvenimenti futuri come di lontano e non ha bisogno di sforzarsi per distinguerli ed interpretarli bene; Egli conosce già da sempre il succedersi degli eventi nella storia umana e ci fa capire che non si contenterà di contemplarli come un semplice spettatore perché Lui stesso ne sarà attore e protagonista.
La profezia di Gesù dunque anticipa la sua regalità e la prepara in maniera che anche noi ne siamo positivamente coinvolti.
Prima di imporsi come il Signore della storia e di tutti gli uomini infatti Egli si propone come il Profeta mite e premuroso che invita tutti a vegliare e a non lasciarsi andare alla distrazione spirituale.
Significativo è anche il fatto che per descriverci il futuro con le sue lusinghe e i suoi pericoli Gesù si serva di esempio che risale al passato, anzi agli albori della storia dell'umanità, segno che il modo di fare della società in ogni epoca della sua lunga storia secondo Gesù rimane sempre quello: pensare alle cose di quaggiù e non preoccuparsi di quelle del cielo.
Se stiamo alla descrizione dell'umanità all'epoca di Noè che troviamo nel Vangelo di oggi, dobbiamo concludere che la psicologia generale, quella dell'uomo della strada, come direbbero i giornalisti, non è cambiata granché da allora ad oggi.
Mangiare e bere, prendere moglie e prendere marito, trafficare, e cioè comprare, vendere, piantare, costruire, affari di cuore e affari di soldi: queste sono le costanti della cronaca di ogni tempo; ma con un avvertimento: non sarà sempre così. Viene il tempo in cui tutto finisce, ma dice Gesù, sarà per ricominciare in maniera nuova e inesauribile.
Forse è giusto dire che il periodo in cui la storia è andata avanti con meno sobbalzi è stato proprio quando ci si considerava costantemente, in ogni attività e non solo in determinati momenti, in rapporto con l'eternità. Nell'epoca in cui non si considerava ancora il padrone del mondo, sciolto da ogni legame con la divinità, strano ma vero, l'uomo religioso non si sentiva schiavo degli eventi, ma riusciva a dominarli, perché ne ritrovava il segreto fuori di sé, in Dio.
La storia moderna invece va avanti a strattoni, tra rivolgimenti e assestamenti provvisori, fra progressi e grandi sbandamenti, senza una direzione precisa che possa essere indicata con sicurezza.
Ecco che allora anche noi possiamo tornare a guardare a Gesù e ad apprezzare il suo annuncio profetico: esso risuona solenne, ma non terrificante, parla di pericoli ma indica anche una via di salvezza.
Gesù non si è mai sognato di rassicurare i suoi discepoli promettendo loro un futuro senza problemi, né rischi, appiattito sulle speranze terrene. Piuttosto Gesù ci ha aperto l'orizzonte del Regno di Dio, quello descritto così bene dalla prima lettura.
Ma la pace promessa da Isai per gli ultimi tempi dipende da come viene accettato l'invito conclusivo: "Casa di Giacobbe, vieni, camminiamo nella luce del Signore!"
Finché l'umanità non si deciderà a farsi illuminare dalla parola del Signore, le tenebre continueranno ad avvolgere i suoi sforzi di trovare una sistemazione adeguata delle tante questioni che ci affliggono.
"La nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti" afferma san Paolo nella seconda lettura.
Gesù è la risposta luminosa all'attesa di salvezza dell'umanità contemporanea, purché lo si voglia ascoltare e si faccia spazio nella coscienza personale e nella comunicazione globale al suo messaggio e alla sua persona.