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TESTO Commento su Giovanni 6,41-51

don Daniele Muraro   Home Page

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (13/08/2006)

Vangelo: Gv 6,41-51 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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41Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».

43Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.

48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Il commento segue lo schema predisposto dall'autore per ogni anno liturgico, che potete trovare cliccando qui.

Oggi vi voglio parlare del ringraziamento e della mormorazione, o meglio della critica.

Il ringraziamento è il momento della Messa che segue la comunione. E' un periodo di silenzio, breve, in cui, tutti quelli che siamo qui in chiesa, ci dovremmo dedicare al ringraziamento di Gesù che è venuto fra di noi e al dialogo con Lui. Anche chi per vari motivi non si è accostato alla comunione poco prima lo può sentire presente in maniera particolare e godere della sua familiarità.

Il nome stesso di Eucaristia significa "rendimento di grazie". Durante la celebrazione eucaristica la Chiesa esprime la propria riconoscenza a Dio per tutti i suoi benefici, per tutto ciò che ha operato mediante la creazione, la redenzione e la santificazione.

Uno dei primi scritti cristiani dopo i Vangeli si intitola "Insegnamento dei Dodici Apostoli"; al momento di spezzare il pane esso prescrive queste parole: "Ti rendiamo grazie, Padre nostro, per la vita e la conoscenza che ci hai rivelato per mezzo di Gesù tuo servo. A te gloria nei secoli."

Poi continua: "Dopo che vi sarete saziati, così rendete grazie: Ti rendiamo grazie, Padre santo, per il tuo santo nome che hai fatto abitare nei nostri cuori, e per la conoscenza, la fede e l'immortalità che ci hai rivelato per mezzo di Gesù tuo servo. A te gloria nei secoli.

Tu, Signore onnipotente, hai creato ogni cosa a gloria del tuo nome; hai dato agli uomini cibo e bevanda a loro conforto, affinché ti rendano grazie; ma a noi hai donato un cibo e una bevanda spirituali e la vita eterna per mezzo del tuo servo Gesù. Soprattutto ti rendiamo grazie perché sei potente. A te gloria nei secoli."

Una delle maniere per uscire dallo sconforto che tante volte ci attanaglia è quella di incominciare a ringraziare Dio delle tante cose buone di cui non facciamo conto, ma guai se mancassero e che in ultima istanza vengono da Lui.

Come nella preghiera di domanda, ogni avvenimento e ogni necessità può diventare motivo di ringraziamento. San Paolo ai cristiani di Tessalonica suggerisce: "In ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi".

Il tempo delle ferie, almeno per chi le fa', è l'occasione opportuna per scoprire la maestosità delle opere della Creazione, riconoscere la bontà dell'artefice di tutto quello che ammiriamo e lodarlo e ringraziarlo.

"Noi siamo facili a chiedere, ma non a ringraziare" lo diceva padre Pio, ma è una constatazione di tutti i giorni.

Eppure, secondo un altro maestro di vita spirituale, la strada più breve e sicura per la felicità e la perfezione, consiste nel darsi una regola: ringraziare e lodare Dio per tutto ciò che ci accade.

Entrando in chiesa noi dovremmo segnarci con l'acqua santa, inginocchiarci in adorazione poi ripetere quella preghiera che fa: "Sia lodato e ringraziato ogni momento il Santissimo e divinissimo Sacramento".

D'altra parte, se guardiamo a noi stessi, ci fa senz'altro più piacere essere lodati e ringraziati che essere criticati e offesi.

Anzi, talvolta, protestiamo contro la critica ingiusta, ma accettiamo gli elogi immeritati. Siamo così sensibili alle critiche che può succedere che qualcuno soffra di più per il dolore di una piccola critica, anche se infondata, di quanto non gode per il piacere di molte lodi.

Dobbiamo riconoscere che nei nostri rapporti umani è molto più facile essere critici che essere corretti. La critica ci scappa di bocca, anche involontariamente. La lode esige invece sempre un piccolo sforzo da parte nostra per prendere in considerazione i pregi del prossimo.

Il saggio vive con gli altri senza criticare. Lo sciocco critica senza vivere con gli altri. Però nelle discussioni accese non ci basta aver ragione: vogliamo dimostrare che gli altri hanno assolutamente torto.

La critica, anche quando è fondata, lascia un che di amaro in bocca in chi la pronuncia, e questo capita sia che nel caso che si faccia direttamente che nel caso si faccia di nascosto. Il guadagno di scoprire i punti deboli degli altri, consiste forse nel nascondere temporaneamente i propri difetti, ma è un effetto di breve durata.
E' meglio non cercare i difetti, ma i rimedi.

Certamente la via più rapida e sicura per sfuggire alle critiche è correggersi, ma il più delle volte la critica è un'imposta che l'invidia percepisce sul merito. È facile criticare giustamente; il difficile è eseguire, anche mediocremente. L'incoraggiamento dopo la critica è come il sole dopo la tempesta.

C'è una regola di prudenza su cui potremmo convenire: meglio una critica sensata che una lode sperticata. Nel dubbio però è meglio avere la dispensa più fornita di miele che di aceto: in caso ci accorgessimo di avere esagerato con il dolce, la correzione con l'acido il più delle volte è immediata.

Torniamo per un attimo al Vangelo di oggi. Di fronte al dono più grande che Dio e il suo Figlio incarnato potessero fare all'umanità, cioè davanti al mistero dell'Eucaristia, l'uomo risponde con la mormorazione.

Già nel deserto gli Ebrei si erano stancati non solo del viaggio e dei disagi che questo comportava, primo di tutti la fame, ma anche della stessa Manna che Dio aveva fatto trovare per sollevarli da questa necessità.

Racconta il libro dei Numeri che al momento di partire dal monte Cor, per dirigersi verso il Mare Rosso e poi aggirare il paese di Edom il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: "Perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c'è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero". Come risposta vennero i serpenti velenosi.

La critica è davvero velenosa. Intossica gli animi e i rapporti umani. Gesù ci ha dato una maniera per guarire da questa amara affezione dell'animo ed è appunto lo spirito di ringraziamento ed in particolare il ringraziamento più grande che è quello della Messa, che è la stessa Messa: la celebrazione eucaristica.

Apriamo il nostro animo alla lode di Dio e sappiamo ringraziarlo, uscendo dalla grettezza spirituale e riconoscendo tutti i suoi benefici a partire dal beneficio più grande che è di averlo in mezzo a noi e, facendo la comunione, anche dentro di noi.

 

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