TESTO Commento su Luca 21,5-19
XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (18/11/2007)
Vangelo: Lc 21,5-19
In quel tempo, 5mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: 6«Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
7Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». 8Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
10Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 19Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
"Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per potercene compiacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, simile ad uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato, e non ne avevamo alcuna stima."
(Is. 53,2-3). Questa la profezia di Isaia sul Cristo che, il passo del Vangelo di oggi ci, presenta morente sulla croce, in cima alla quale era affissa la scritta: " Gesù il Nazzareno Re dei Giudei", parole che possono aver sapore di scherno, per un uomo disfatto dal dolore, ma, in realtà, sono parole che hanno lo splendore della verità; perché Gesù di Nazareth, il Cristo, è realmente il Re, non solo dei Giudei, ma dell'intera umanità e di tutta la creazione.
E', questo, il Mistero che la Chiesa oggi celebra, proponendo alla riflessione dei credenti, non l'immagine del Cristo, trionfatore della morte, che torna, circondato di gloria, a giudicare gli uomini; ma l'immagine del Figlio di Dio, che conclude la sua missione terrena, inchiodato sulla croce, mentre sperimenta, umanamente, il culmine di quella spoliazione, che Paolo così descrive:
" Cristo Gesù, pur essendo di natura divina...spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo; divenendo simile agli uomini, umiliò se stesso, facendosi obbediente, fino alla morte, e alla morte di croce..". (2,7-8).
Il Signore, Gesù, dunque è un Re, che si mostra sotto l'aspetto di un uomo sconfitto.
"...il popolo stava a guardare...", esordisce il passo di Luca, che la liturgia oggi ci fa leggere; Gesù, morente, è sotto gli occhi della folla che, ormai, non lo acclama, come nei giorni dei miracoli; al contrario, assiste, senza pietà, a questa esecuzione, feroce spettacolo, al quale, forse, da troppo tempo, era abituata.
Il Cristo crocifisso, è, anche, sotto gli occhi dei capi, ai quali la sua predicazione aveva recato disturbo, e della soldataglia, mai sazia di violenza, uomini, che non chinano il capo neppure di fronte al dolore estremo, e alla morte, e manifestano la loro brutalità con la sfida e lo scherno, che risuonano nelle parole:«Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto... se tu sei il re dei Giudei salva te stesso».
Una sfida, non nuova per Gesù, il quale aveva sentito parole molto simili dal Satana, nei giorni lontani della tentazione nel deserto. Al Tentatore, il Figlio di Dio aveva risposto con le parole stesse della Scrittura; ora, davanti all'insipienza di uomini, che " non sanno quello che fanno"
( Lc.23-34), Egli tace. La sua regalità, come la sua divinità, non saranno rivelate da gesti strepitosi, perché il suo potere, non si esprime coi miracoli, ma è fondato, e si realizza nell'amore che si dona, fino all'estremo limite umano.
Così, Gesù resta, inchiodato sulla croce, come un qualunque malfattore, e su questa muore.
"Il mio regno, non è di questo mondo.." ( Gv.18,36) aveva detto al Governatore che lo interrogava, ma, nessuno, aveva compreso quelle parole.
Neppure sul Calvario, la folla, che aveva esultato per Lui, per i suoi insegnamenti e per i prodigi, che egli aveva operato a beneficio di tanti, comprende chi sia quell'uomo che, senza ombra di ribellione, si lascia inchiodare sul patibolo; né possono capirlo i capi, che volevano assolutamente disfarsi di Lui, e tanto meno i soldati, abituati a brutalità e violenza.
Qui, sul Golgota, soltanto uno dei due delinquenti, condannati assieme al Figlio di Dio, riesce a cogliere qualcosa, del mistero dell'Innocente che muore e, rivolto al Cristo agonizzante, dice: «Gesù, ricordati di me quando sarai nel tuo regno"
Lo sguardo di questo pover'uomo, un malfattore come tanti, e non più pericoloso di altri, è illuminato dalla luce della verità, che, mentre gli permette di cogliere la sua condizione di peccatore, allo stesso tempo, gli fa anche comprendere che la sua povera esistenza, sta per concludersi, non nell'abbandono desolante, ma accanto a Dio, che, in Gesù di Nazareth, si rivela solidale con l'uomo, tanto da accettare di esser giudicato come un volgare malfattore; un Dio capace di ascoltare, di perdonare e di accogliere ogni uomo, chiunque egli sia, e qualunque sia il suo carico di peccato, perché Dio è amore.
"Oggi sarai con in paradiso." è la risposta rassicurante di Gesù, al ladro pentito; parole di perdono e di speranza; parole che, in quel tragico contesto di morte, suonano come il preludio della Pasqua, dono grande del Padre, che in Cristo ci salva.
" quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me....", ( Gv.12,32) aveva detto il Maestro, e in queste parole è contenuto il senso della potenza e della regalità di Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio, morto per renderci partecipi della vita eterna.
E' in Lui, che ogni credente realizza la propria regalità, non fatta di potere, ma di amore che, umilmente e generosamente si dona.
Un giorno, ai discepoli che discutevano, a proposito della richiesta fatta dai figli di Zebedeo, di condividere da vicino il potere e la gloria del Cristo, il Maestro aveva detto: " Voi sapete che coloro che sono ritenuti i capi delle nazioni, le tiranneggiano, e sapete che i loro principi le opprimono. Ma tra voi non sia così, piuttosto, se uno tra voi vuole esser grande sia vostro servo, e chi, tra voi, vuole esser primo, sia schiavo di tutti.Il Figlio dell'uomo, infatti, non è venuto per esser servito, ma per servire, e dare la propria vita in riscatto per tutti." ( Mc.10,42-44)
E' questo lo stile della regalità di Cristo e, in Lui, della regalità autentica dell'uomo, la cui grandezza e dignità si misurano, sulla capacità che egli ha, di piegarsi sul bisogno dei poveri dei piccoli, degli indifesi, degli emarginati, di tutti coloro che, in qualche modo, gli eventi della vita hanno condannato a situazioni estreme di bisogno e di dolore; è in loro, infatti, che ancora risplende il volto di Cristo, il nostro Dio e nostro Re, del quale siamo chiamati a seguire fedelmente i passi.
Sr Maria Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.it