TESTO Commento su Luca 18,35-43
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Lunedì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (19/11/2007)
Vangelo: Lc 18,35-43

35Mentre si avvicinava a Gerico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. 36Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. 37Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!». 38Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». 39Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». 40Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: 41«Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». 42E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato». 43Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.
Dalla Parola del giorno
Quando gli fu vicino gli domandò: " Che vuoi che io faccia per te?"
Come vivere questa Parola?
Leggendo attentamente il brano del Vangelo di Luca si percepisce che Gesù, attraverso i suoi miracoli, non solo guarisce le persone, ma vuole comunicare ai presenti e a tutti coloro che verranno nei secoli, anche a noi, a me, che leggo in questo momento la sua Parola, qualcosa di più profondo del suo mistero. In questo caso, il Maestro si rivela come eccellente comunicatore. Udito il grido del cieco: "Figlio di Davide, abbi pietà di me!", si ferma e chiede che glielo conducano. Quando lo ha vicino a sé, gli domanda: "Che vuoi che io faccia per te?"
Dapprima, prende alcuni accorgimenti per assicurare al non vedente una vicinanza fisica di cui ha più bisogno di altri, data la mancanza della vista. Poi la domanda. Gesù rispetta la volontà dell'altro, non lo invade con la sua potenza, ma vuole solo rispondere al suo desiderio.
Fatto il miracolo, loda la fede del cieco, che si sente, in questo modo, coprotagonista dell'evento di salvezza.
Al centro di questo breve episodio non c'è la potenza del miracolo, ma piuttosto la capacità di ascolto del Signore. Con uno stile maieutico, Gesù trae fuori dall'interlocutore la domanda per poter rispondere senza sovrastare, per guarire senza possedere l'altro.
Spesso, invece, la nostra comunicazione manca di ascolto. In un'epoca in cui tutti tendono maggiormente a parlare, è difficile fermarsi e ascoltare. In genere, abbiamo le risposte pronte, tendiamo a dare consigli, anche se non richiesti, a imporre la nostra opinione prima ancora che chi parla con noi abbia finito di esporre la sua idea. A volte, sbagliamo anche nel non trovare la parola giusta, nel rinchiuderci in un mutismo che agghiaccia.
E' stato detto che ascoltare è farsi grembo, cioè fare spazio a chi ci parla, con stile materno.
Mortificare un po'la nostra voglia di protagonismo e ospitare in noi la voce o la richiesta inespressa dell'altro. E' così che si può generare vita, dare luce.
Nella pausa di silenzio di questa giornata, pregherò così:
"Fa' che io veda, Signore e sarai la mia luce; fa' che io senta e sarai il mio canto. Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di noi, e il tuo popolo ti loderà per i secoli dei secoli".
Parole di un testimone
Il capovolgimento della conversione non è opera umana: Dio solo conosce le vie che, dal di dentro, conducono a lui... Dobbiamo dunque comprendere che il nostro primo compito e la nostra prima efficacia risiedono in una supplica insistente e costante a Dio perché agisca nel segreto dei cuori.
J. Loew