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TESTO Pregarsi addosso o penetrare le nubi

don Maurizio Prandi

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (28/10/2007)

Vangelo: Lc 18,9-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 9disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Ad una prima impressione parrebbe che il tema della principale della liturgia della Parola di oggi sia quello della preghiera... certamente questo aspetto c'è e proveremo anche ad approfondirlo, ma quello che in prima battuta credo vada sottolineato è l'atteggiamento, il modo nostro di stare di fronte a Dio e anche ai fratelli. Come dice la prima lettura, la preghiera dell'umile penetra le nubi, e l'umiltà, ricordo bene di averlo già detto, rimane la condizione essenziale per poter dire: entro in preghiera. Quello della preghiera, della relazione con Dio è anche il "filo" che in questa novena dei defunti prova ad unire le nostre celebrazioni eucaristiche giorno dopo giorno... Richiamo i punti che fino ad ora abbiamo toccato:

- la non trascuratezza nel rapporto con Dio per non pensare di poterci chiamare fuori da determinati ascolti visto che si vive una "presunta vicinanza" con Gesù: Tenetevi pronti... Signore questa parabola la dici per noi o anche per tutti?

- La relazione con Dio non è scontata, non sempre appiana le cose, non la si può definire come un semplice: stai male? Hai questo problema? Prega un po' che vedrai starai meglio... certo c'è qualcosa di più, perché Gesù ci ricorda che rapportarsi con Lui vuol dire scegliere, rapportarsi con Lui vuol dire essere disposti a pagare un prezzo... Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione.

- La nostra vita, le nostre giornate, le relazioni di tutti i giorni, gli incontri, i lavori anche più semplici sono occasione per scendere in profondità e riconoscere che Dio ci viene incontro e ci visita... come mai questo tempo non sapete riconoscerlo?

Oggi Gesù, raccontandoci questa parabola vuole dirci che nella preghiera fondamentale è la visione, lo sguardo che abbiamo su noi stessi e sui nostri fratelli, come dire che quello della preghiera è il luogo nel quale mettiamo in gioco il modo di concepire tutta la nostra esistenza in rapporto con Dio: il nostro modo di pregare rivela qualcosa che va oltre la preghiera stessa. Ricordo ancora una volta a me e a tutti voi quello che scrive don Bruno Maggioni in un suo libro: Ciò che va raddrizzato non è anzitutto la preghiera (essa è semplicemente il frutto di ciò che precede), bensì il modo di concepire Dio e la sua salvezza, se stessi e il prossimo. Il problema essenziale riguarda l'atteggiamento indispensabile alla fede: profonda umiltà su di noi e rinunzia al giudizio sugli altri.

Pare che proprio questo sia il punto, perché istintivamente, quando ci troviamo di fronte a questa parabola immediatamente ci schieriamo dalla parte del pubblicano, ma la domanda se in qualche misura un pochino al fariseo noi non ci assomigliamo dobbiamo porcela! Gesù questa parabola la dice per coloro che presumono di essere giusti e disprezzano gli altri... preghiera e vita allora sono davvero strettamente unite. Quale sguardo ho su me stesso? Presumo di essere giusto? Di fare tutte le cose bene? Che sguardo ho sugli altri? Li guardo dall'alto al basso? Mi sento superiore? Penso che non ho niente da imparare dagli altri? Li giudico?

La parabola ci racconta il bisogno del fariseo di sentirsi giustificato di fronte a Dio... essere in pari con Lui... fare tutto per bene e non dovergli niente, anzi quasi metterLo in condizione di dover essere Lui a ringraziare per tutto quello che facciamo in più rispetto a ciò che la Legge richiede. Davvero fa tanto in più questo fariseo... il suo torto sta nella fiducia nella propria giustizia, nel sentirsi in credito presso Dio e il suo atteggiamento è, ad esempio, l'esatto contrario del tipo di spiritualità che il libro del Siracide (prima lettura), ci propone: l'affidamento totale a Dio. Quest'uomo invece non attende la salvezza come un dono ma piuttosto come un premio per il dovere compiuto... non sperimenterà mai la bellezza del sentirsi raggiunto, cercato, amato da Dio perché sarà sempre lui a sforzarsi, cercare, amare... dice Dio, si rivolge a Lui ma il suo cuore dov'è? Al centro c'è lui e la salvezza che sembra costruirsi da solo, che sembra uscire dalle sue mani. Il fariseo sta in piedi e prega tra sé: non tutta la preghiera è una preghiera rivolta verso Dio. Ci si può anche pregare. C'è un uomo che prega tra sé e mette se stesso al centro. L'uomo che parla con sé e che si esalta ha come punto di riferimento se stesso e mette sé al posto di Dio.

" Colui invece che ha Dio come riferimento perché riconosce che la sua condizione è quella di un peccatore, può vivere la comunione con Dio. Il pubblicano è l'emblema del peccatore. È anch'egli un giudeo, ma si è venduto all'occupante romano; si è impegnato a riscuotere le imposte dai suoi connazionali, con una esosa condizione: consegnata una somma fissa ai governanti stranieri, si lasciava all'arbitrio degli esattori di ricompensarsi della propria funzione esigendo anche più dell'imponibile. Egli dice la verità, è veramente un peccatore. Il pubblicano si sente bisognoso di cambiamento e sa di non poter pretendere nulla da Dio. Può solo chiedere. Conta su Dio, non su se stesso. È questo l'atteggiamento che Gesù loda." (don Daniele Simonazzi)

Preghiamo gli uni gli altri in questa Eucaristia per comprendere che umiltà non è perdere la faccia, che umiltà non è essere inferiori o da meno degli altri... preghiamo gli uni gli altri per desiderare lo stesso "abbassamento" di Gesù, per poter condividere, per poter incontrare, per poter amare, per poter donare la nostra vita.

 

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