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TESTO Commento su Rm 8,15

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Lunedì della XXX settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (29/10/2007)

Brano biblico: Rm 8,15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Dalla Parola del giorno

Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà Padre.

Come vivere questa Parola?

Se riflettiamo sulle grandi religioni ne apprezziamo l'aspetto anche consolatorio a quelle risposte che ognuno cerca di dare alla fame e sete della TRASCENDENZA, fame e sete di Assoluto che è tipico del cuore dell'uomo.

Ma spesso il 'numinoso' cioè il senso del mistero di Dio, come 'assolutamente Altro', incute pure paura nell'animo di chi coglie la distanza tra il limite della creatura e l'onnipotenza del Creatore.

Nel corso dei millenni l'immagine di Dio ha preso spesso i contorni di un Dio-padrone a cui s'inchinano gli uomini schiavi di Lui e della Sua Legge.

Quello che oggi ci dice S. Paolo invece è la dirompente novità dello spirito di figli, così diversa dallo spirito da schiavi. E - notiamolo! – "è lo Spirito Santo stesso che – aggiunge S. Paolo – attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio", eredi di una vita-dono di felicità eterna, "coeredi di Cristo" che in questa vita c'inoltra aprendocela a prezzo del Suo darsi in morte di croce per nostro amore.

È vero, fino che siamo quaggiù, siamo pure chiamati a partecipare alle Sue sofferenze. Ma non è, da parte sua, il buttarci addosso una dose in più di dolore. Esso è parte ineludibile della vita umana! Ma "partecipare alle sofferenze di Cristo" significa vivere insieme a Lui quel che di faticoso dobbiamo affrontare, viverlo con la sua forza e con la luce dell'eredità di gloria a cui, pure con Lui, partecipiamo.

E non è questo fonte di serenità e di gioia?

A questo oggi concedo un po' del mio tempo in pausa contemplativa, nella lode a Dio.

Grazie, Signore Gesù! Con Te grido: Abbà, tenerissimo Papà del mio vivere quaggiù in luce di Speranza.

La voce di un grande poeta

Se la porta del mio cuore dovesse restar chiusa un giorno, abbattila ed entra, non andare via.

Se le corde della lira del mio cuore non dovessero cantare il tuo nome un giorno, ti prego, aspetta, non andare via. Se non dovessi svegliarmi al tuo richiamo un giorno, svegliami con la tua pena, che ha forza di tuono, non andare via.

Se un altro sul tuo trono io dovessi porre un giorno, tu, mio Signore Eterno, non andare via.
R. Tagore

 

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