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TESTO Giunge al tuo volto, Signore, il grido del povero (322)

don Remigio Menegatti   Parrocchia di Illasi

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (28/10/2007)

Vangelo: Lc 18,9-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 18,9-14

In quel tempo, Gesù 9disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Per comprendere la Parola di Dio alcune sottolineature

La prima lettura (Sir 35, 12-14.16-18) aiuta a riflettere sull'atteggiamento di Dio come giudice che, pur non facendo preferenze, si pone comunque dalla parte del povero e del debole, soprattutto per difenderli dall'oppressione di chi li vuole sfruttare. Vengono richiamate alcune categorie di "poveri": vedove ed orfani, la cui preghiera "penetra le nubi" ovvero raggiunge il cielo, dove – secondo la concezione biblica e di tante antiche religioni - abita Dio stesso. Una preghiera che sembra avere una sua vita propria, una potenza autonoma per cui "non si contenta; non desiste finché l'Altissimo non sia intervenuto".

Il vangelo (Lc 18, 9-14) torna sul valore della preghiera, mettendo in luce i diversi atteggiamenti degli uomini che si rivolgono a Dio e la conseguente risposta del Signore. Gesù lo spiega con l'esempio – una parabola presente solo in Luca – di due che "salirono al tempio a pregare". Il fariseo loda le sue buone azioni, mentre il pubblicano con umiltà invoca la misericordia dell'Altissimo. La preghiera del secondo viene accolta da Dio, che lo rende giusto, purificandolo dal suo peccato.

Salmo 33
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore, ascoltino gli umili
e si rallegrino.

Il volto del Signore contro i malfattori,
per cancellarne dalla terra il ricordo.
Gridano i poveri e il Signore li ascolta,

li salva da tutte le loro angosce.

Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito,
egli salva gli spiriti affranti.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi,

chi in lui si rifugia non sarà condannato.

Il salmo esprime la dichiarazione solenne di chi ha sperimentato l'aiuto di Dio e ora manifesta il proposito: "Benedirò il Signore in ogni tempo", avendo sulla "bocca sempre la sua lode". È come un voto che viene soddisfatto davanti alla comunità, per condividere la gioia della salvezza.

La lode ha come principale destinatario il Signore. Gli umili vengono coinvolti – quasi "convocati" – per rallegrarsi nell'ascoltare i benefici che Dio sa compiere verso i poveri, e confidare in colui che rifiuta il suo aiuto ai "malfattori, per cancellarne dalla terra il ricordo". In questo modo Dio vuole risolvere una volta per sempre la situazione di ingiustizia causata da chi non riconosce la sua legge e opera il male.

Infine viene ribadito il progetto del Signore, che "è vicino a chi ha il cuore ferito", in quanto subisce la sofferenza. Inoltre "riscatta la vita dei suoi servi" liberandoli dal male che sembra gravare su di loro come una condanna definitiva e assoluta. In questo si mostra come salvatore potente, che elimina il debito accumulato dai poveri, rendendoli nuovamente liberi da ogni male.

Un commento per ragazzi

Nelle competizioni dove sono in campo due squadre a volte accade che una si senta forte e vada subito e insistentemente all'attacco, mentre l'altra si chiuda in difesa subendo l'azione di chi appare incontrastato dominatore del campo. Il risultato potrebbe apparire scontato, e chiaramente a favore della squadra considerata più forte sulla carta, in quanto vanta interessanti risultati. In realtà spesso alla fine si risolve tutto con un contropiede di quel "giocatore" che la squadra chiusa in difesa aveva tenuto presente.

Proviamo un altro esempio per capirci e introdurre questo argomento importante come è la preghiera: quando ci avviciniamo ad una finestra possiamo "specchiarci" nel vetro e fermarci così a guardare il nostro volto, soddisfatti di ciò che vediamo. È più normale aprire la finestra e guardare fuori per vedere bene chi ci chiama e ci vuole coinvolgere.

Proviamo a legare i due personaggi che Gesù propone "per alcuni che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri". Il fariseo può assomigliare alla squadra che si pone subito in attacco, con la convinzione di poter ancora una volta contare sulla propria forza, tanto da risultare vincente anche nel confronto con Dio. Il fariseo non dialoga con il Signore, ma con se stesso; come chi si bea della propria immagine riflessa sul vetro della finestra. La preghiera non è più il dialogo con il Signore, ma un monologo; non è un confronto che prende le mosse dall'ascolto per aprirsi ad una risposta umile e serena. La preghiera si limita al "fare bella mostra di sé" e umiliare gli altri; ottima occasione per giudicare e condannare, fermandosi all'apparenza, per lanciare sulle persone giudizi gratuiti e banali.

Il pubblicano invece sembra la squadra chiusa in difesa, consapevole di risultati pochi esaltanti. Il Signore lo accoglie e porta il gioco al punto tale che lui, il pubblicano, risulta vincitore perché "giustificato", che significa "reso giusto", ovvero salvato. Il pubblicano gioca facendo spazio a un "campione": Dio. Spera da lui il risultato, ben consapevole che la vittoria sul suo peccato non può derivare dalle sole forze umane. Serve un campione, uno che vada "in contropiede" e sconfigga l'avversario. Avversario non è il fariseo; di fatto il pubblicano non lo coinvolge nel suo giudizio – a differenza di quanto aveva fatto chi era davanti all'altare con le braccia alzate –. Il "peccatore" si limita a parlare di se stesso, senza coinvolgere in maniera critica altri. Il pubblicano non rimane incantato a guardarsi alla finestra; la apre per dialogare con Dio, consapevole della sua povertà, ma soprattutto della ricchezza dell'Altro. È ben certo dei suoi peccati, ma ancora più sicuro di confidare nella misericordia che il Signore offre a tutti. Anche al fariseo, se solo aprisse la "finestra" del suo cuore, o lasciasse giocare Dio, scoprendolo non come suo avversario, bensì alleato. È lui il "giocatore" che il pubblicano mette in squadra, mentre il fariseo considera solo spettatore, se non pure avversario. È proprio questo giocatore a ottenere la vittoria per tutti, e fa risultato anche per chi, come noi, accoglie questo brano come un annuncio di salvezza, promessa di un perdono che supera infinitamente il nostro peccato e le miserie che ci possono far apparire fragili, chiusi in difesa.

Noi non vogliamo limitarci ad essere spettatori; desideriamo essere protagonisti. Desideriamo avere una parte rilevante nel risultato, così che la vittoria sia anche merito nostro. Allora non possiamo far giocare Gesù da solo, tanto "lui vince sempre". Desideriamo essere suoi alleati, poter godere dei suoi gesti d'amore e unirci a questo dono prezioso, collaborando con lui. Siamo chiamati a vivere il perdono come momento indispensabile della preghiera: chiedendo perdono alle persone oltre che a Dio; usando misericordia perché mentre la invochiamo da Dio non possiamo chiudere il cuore e la mente al prossimo. La sua misericordia non è un frutto isolato – solo per noi – della preghiera. È la primizia, il primo frutto che matura. Se dopo il perdono di Gesù nasce anche il nostro, possiamo rispondere alla fame di felicità di tanta gente e scoprire che la preghiera non ci isola, ma ci rilancia, cambiati in meglio, nella quotidianità.

Un suggerimento per la preghiera

Anche noi ti diciamo grazie perché "tu non fai preferenze di persone e ci dai la certezza che la preghiera dell'umile penetra le nubi". Ti chiediamo: "guarda anche a noi come al pubblicano pentito, e fa' che ci apriamo alla confidenza nella tua misericordia per essere giustificati nel tuo nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo", nostro fratello e salvatore, volto visibile del Padre buono.

Libri di don Remigio Menegatti

 

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