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TESTO Commento Luca 12,13-21

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Lunedì della XXIX settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (22/10/2007)

Vangelo: Lc 12,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,13-21

13Uno della folla gli disse: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». 14Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

16Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. 20Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Dalla Parola del giorno

Dio gli disse: "Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?"

Come vivere questa Parola?

Si erano rivolti a Gesù per una questione di eredità. E il Signore aveva preso il largo da questo tipo di cose. No, la sua missione non si lascia implicare dentro le preoccupazione 'dell'avere'. Anzi, è talmente sul versante opposto: su quella di educare l'uomo ad essere libero, tanto che Gesù narra la parabola del ricco sedotto dal progetto di ristrutturare i suoi granai, per potervi accumulare le sue ricchezze sempre in aumento.

C'è una cosa che manca al calcolo del ricco della parabola, ed è una realtà semplice ed evidentissima: la morte, proprio la sua morte. Perché a pensarla come un fatto generale, come qualcosa che vediamo arrivare, magari repentina, sulla pene degli altri, si fa in fretta. Ma che possa capitare proprio a me, e quando non me l'aspetto, è una verità meno familiare e poco gradita.

Eppure realizza veramente la propria vita solo chi esce dalla stoltezza di dimenticare la propria. Perché il pericolo che incombe su ognuno è quello di fasciarsi talmente immischiare nel possesso delle cose da esserne posseduti: il pericolo è darsi talmente 'all'accumulo', non solo di cose ma di ogni bene passeggero da diventarne prigioniero.

È il falso arricchire corteggiando il proprio 'ego', gonfiato a pallone nella propria inautenticità, ciò che è distruttivo per l'uomo. Mentre è il 'sé' il mio cuore profondo orientato a Dio, all'avvento del suo Regno, l'unica vera ricchezza: quella che mi dà pace in questa vita e dura nell'intramontabile gioia del 'dopo'.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, farò bene i miei conti col pensiero della mia morte, senza schizofreniche fughe in altri pensieri. Sono io che morirò e il tratto di vita è sempre breve, anche se fosse più di 100 anni. Morire però non è correre verso il baratro del nulla, ma è spalancarsi a Dio, alla felicità del suo incontrarmi con amore.

Signore, fammi lucido e lieto nella certezza che morire in Te, è venire da Te, incontro a Te, ed è dunque un guadagno.

La voce di un dottore della Chiesa

Sulla terra non bisogna attaccarsi a nulla, neppure alle cose più semplici e innocenti, perché ci vengono a mancare quando meno ci si pensa. Non c'è che l'eterno che ci può contentare.
S. Teresa di Gesù Bambino

 

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