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TESTO Missionari perchè portati dalla Parola

don Maurizio Prandi

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (21/10/2007)

Vangelo: Lc 18,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 18,1-8

In quel tempo, Gesù 1diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 4Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». 6E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

E' bello tornare a celebrare la messa in parrocchia nel giorno in cui la chiesa celebra la giornata missionaria mondiale. E' bello perché dopo un mese passato a Cuba nella missione di don Federico e di don Marino, anche se è presto per poter dire quello che si è provato, imparato, custodito, qualcosa puoi comunque provare a condividere.

Per farlo, parto dalla seconda lettura al cui centro sta l'importanza della Parola di Dio per il cristiano. Parto da qui perché ancora una volta ho sperimentato che è la Parola a portare chi annuncia Gesù Risorto, è la Parola che nutre e disseta il cuore di chi la riceve... in una delle sue lettere S. Paolo dice (lo ricordo spesso): vi affido alla Parola, non: vi affido la Parola. Poveri allora, perché affidati alla Parola e alla sua fragilità... poveri perché su null'altro si deve contare ed appoggiare la propria vita. Della seconda lettura di oggi mi piace questo: quella che Dio ci regala è una parola che è compagnia per tutta la vita: fin dall'infanzia conosci le Sacre Scritture... e penso allora ai bambini incontrati nelle varie comunità, ai loro volti, alla gioia provata nel vedere l'arrivo dei missionari e questi che con passione annunciano loro il volto di Dio che emerge dalla Bibbia. Ma anche gli adulti sono piccoli, o meglio si fanno piccoli, per poter, con stupore e gratitudine, accogliere Dio nella loro storia. Faccio mie allora, per poter trasmettere un atteggiamento che mi pare di avere imparato in questi giorni, le parole di Erri de Luca (scrittore non credente) nell'introduzione al libro: Una nuvola come tappeto: Studio l'ebraico, leggo la Bibbia. Alcune pagine, alcune parole mi hanno rivelato qualcosa della loro verità e mi hanno istigato a darne notizia. Non ho adattato il testo ad una interpretazione, ne sono stato, invece, piegato. Per accogliere una rivelazione, grande o piccola che sia, basta a volte essere docili, termine che indicava in origine la disponibilità a farsi istruire...

Poveri perché piegati dalla Parola e quindi inchinati di fronte a quanto Dio vuol dire, poveri perché docili alla Parola e quindi disponibili a quanto essa vorrà operare nella nostra vita.

Rispetto alla missione allora, ma non solo, mi piace condividere anche con voi tre idee che mi hanno accompagnato negli ultimi giorni passati a Cuba e che ho detto ai parrocchiani di Manacas nella messa celebrata la sera prima di partire... tre idee che desidero possano diventare per me e per le persone che incontro vita vissuta:

Radicarmi sempre di più in Gesù, vivere la relazione con Lui e lasciare che questa relazione trasformi la mia vita in una vita secondo il vangelo. Vivere la mia fede cominciando non dalla obbedienza a regole o precetti ma desiderando di lasciarmi raggiungere da Dio... una canzone che qui cantano spesso dice: Che ne sarebbe di me se Tu non mi avessi raggiunto... tutti i giorni, tutti i giorni ascoltare la Parola e sorprendermi, stupirmi per quello che il vangelo racconta su Gesù, stupirmi per la bellezza delle parole di Gesù. Non lasciamo che passi un giorno senza aver ascoltato la Parola di Dio!

Vivere la comunione all'interno delle nostre comunità. La comunione, la condivisione è il sogno che Dio affida a ciascuno di noi per essere segno, qui sulla terra di quello che Dio vive in se' stesso. Il nostro Dio è una comunità di persone differenti perché il nostro Dio è Padre, è Figlio, è Spirito Santo. Una comunità divisa non può annunciare Dio, non può essere segno di Dio. Una comunità divisa non è una comunità che ha il desiderio di riunirsi attorno a Gesù ma di riunirsi attorno alle persone. E' differente mettere Gesù al centro oppure mettere se stessi al centro. Se mi rendo conto che sto mettendo al centro me stesso non posso fare altro che riconoscere questo e chiedere umilmente perdono. Avere una responsabilità non è avere un potere, ma è mettersi al servizio dei miei fratelli e delle mie sorelle.

Il desiderio della preghiera. Tutti i giorni con padre Federico preghiamo insieme, e la catechesi all'interno delle varie comunità si conclude sempre con la recita del "piccolo rosario". Che spazio ha la preghiera nella mia vita? Che spazio ha la preghiera nella nostra vita e nella vita delle nostre comunità? Certamente se manca la preghiera nella mia vita sento che non c'è la possibilità di radicarmi in Gesù e non c'è la possibilità che io possa diventare persona capace di costruire, di edificare comunione. Che cosa è la preghiera? Non è inondare Dio con il fiume delle mie parole, ma è permettere alla parola di Dio ricolmare la mia vita e lasciare che sia Dio a parlare perché sia Dio e non io ad operare.

Quello della preghiera è anche il tema che la liturgia della Parola di oggi sottolinea in modo particolare... restiamo in ascolto allora di quanto don Daniele Simonazzi scrive per poterne fare tesoro nella settimana che oggi si apre: la preghiera è una relazione di amore, di intimità e di comunione con Dio. Quindi non è una cosa, ma è una relazione personale, interpersonale. Le relazioni interpersonali "non vengono giù dal cielo belle e fatte". Quello che può venire giù dal cielo, bello e fatto e completamente, è l'amore di Dio per noi, la disponibilità di Dio nei nostri confronti, la sua misericordia, il suo perdono, la riconciliazione e la pace che vengono da lui. Questo viene giù dal cielo come suo dono; e questo si chiama "Gesù Cristo" che è venuto giù come dono totale e gratuito di Dio. Ma che questo dono entri nella nostra vita, e cambi davvero il nostro modo di pensare e di agire, dipende dal dono di Dio, ma questo richiede la fede dell'uomo, cioè la disponibilità dell'uomo. Il rapporto di amicizia richiede che tu me lo offra, ma richiede anche che io lo accolga. Questa relazione con Dio richiede una maturazione del nostro cuore, una apertura del nostro cuore, un superamento delle paure, delle diffidenze nel nostro cuore; e tutte queste cose avvengono solo lentamente, come ogni maturazione del cuore umano. Quindi il bisogno della perseveranza non dipende dalla sordità di Dio, dal fatto che Dio non è sufficientemente attento, per cui c'è bisogno di insistere. Dipende dalla nostra necessità di aprire – proprio con la preghiera, con il desiderio e con l'attesa – il nostro cuore al dono di Dio, alla sua amicizia e alla sua vicinanza. Questo è il motivo per cui nell'esperienza cristiana ha così importanza il tema della contemplazione, che è lo stare davanti al Signore e contemplare il suo volto, e contemplare la sua misericordia. A che cosa serve questo? Serve a dilatare il nostro cuore, a lasciare che pian piano nel nostro cuore si plasmi, sia formata l'immagine di Dio, il volto di Dio, la misericordia di Dio.

 

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