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TESTO Tempo di profeti

mons. Antonio Riboldi

VIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (02/03/2003)

Vangelo: Mc 2,18-22 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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18I discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da lui e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». 19Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. 20Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. 21Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore.

22E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».

Anche se stiamo vivendo tempi in cui prevale la paura, la grande paura di ricadere in una spaventosa guerra, che è come una immensa nube non solo sul futuro di tutti, ma ancora più nel cuore di tutti, piace fare nostri i pensieri di Dio, che non sono i nostri.

Così oggi il profeta Osea introduce le letture della domenica: così dice il Signore: "Ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Là canterò come nei giorni della sua giovinezza come quando uscì dal paese d'Egitto.

Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore" (Os.2,14-20).

E Dio solo sa quanto abbiamo bisogno che Lui parli al cuore dei responsabili della pace, bene per tutti, e anche di ciascuno di noi.

Perché la pace che si va faticosamente cercando e invocando, ha la sua origine prima nel cuore di ciascuno di noi: un cuore puro da ogni cattiveria, in cui Dio può veramente deporre il dono della Sua pace.

E' impressionante il quadro di una umanità che chiede ad alta voce che si tolga dalla terra ogni violenza e si allarghi il solco della giustizia, della solidarietà, del perdono. Ma la superbia dell'uomo, quel seme di Caino che è nel cuore di troppi, ascolterà la voce del cuore e dell'amore?

In questo momento, in cui tutti si danno da fare per schierarsi o sulle ragioni di una guerra o sulle ragioni di una pace, senza comprendersi, come fosse un linguaggio tra sordi, fa davvero impressione la figura e la voce del S. Padre, che conosce solo le ragioni della pace, dono di Dio.

Qualcuno l'ha definito un "sognatore", "L'uomo che vive la sofferenza della solitudine", quasi ad irriderlo.

Non ha la potenza delle armi: non ha eserciti da schierare: soprattutto non ha squallidi interessi da difendere, interessi che non hanno neppure il pudore e calpestano la vita preziosa degli uomini: non ha l'orgoglio che non si piega: insomma ha nulla che abbia il marchio della superbia dell'uomo.

Ha dalla sua la immensa forza, che ebbe Mosè sul monte, con le braccia elevate al Cielo: ha dalla sua parte il Dio della pace: ha un sincero amore per tutti gli uomini, che altri non conoscono neppure.

Non conosce le finezze dell'astuzia, che sanno usare le diplomazie: astuzie che non hanno la chiarezza della verità. E' davvero come l'arcobaleno, ossia il "ponte" tra Dio e gli uomini per la pace.

Domenica, come al suo solito, parlando al mondo, da quella finestra di Piazza S. Pietro, che davvero è il megafono rivolto a tutti gli uomini, disse: "Mai, mai, mai il futuro dell'umanità potrà essere assicurato dalla guerra...E' grande il pericolo di una guerra che potrebbe turbare l'intera regione del Medio Oriente e aggravare le tensioni purtroppo già presenti in questo inizio del Terzo Millennio...

E' doveroso per i credenti a qualunque regione appartengono, proclamare che mai potranno essere felici gli uni contro gi altri...Noi cristiani siamo chiamati ad essere come sentinelle della pace, nei luoghi dove viviamo e lavoriamo.

Ci è chiesto cioè di vigilare, affinché le coscienze non cedano alla tentazione dell'egoismo, della menzogna e della violenza. Invito tutti i cattolici a dedicare, con particolare intensità, la giornata del prossimo 5 marzo, mercoledì delle ceneri, alla preghiera e al digiuno, per la causa della pace, specialmente nel Medio Oriente.

Imploreremo anzitutto da Dio la conversione dei cuori e la lungimiranza delle decisioni giuste, per risolvere con mezzi adeguati e pacifici le contese, che ostacolano il peregrinare della umanità in questo nostro tempo".

E credo che tutti noi, se siamo davvero uomini di buona volontà, che Dio ama e a cui fa il dono della Sua Pace, il 5 marzo sosterremo le braccia del Santo Padre nella preghiera e nel digiuno.

Ma dobbiamo essere "uomini di pace", per divenire, come esorta il S. Padre "sentinelle della pace dove siamo e lavoriamo". Ed è un compito che chiama ciascuno di noi ad una vera conversione interiore.

In altre parole dobbiamo togliere da noi quegli atteggiamenti, che nulla hanno a che vedere con la sentinella della pace.

E sono tanti gli atteggiamenti che chiedono di essere eliminati. C'è in tutti noi una vena di superbia, di sopraffazione, di intolleranza, e oggi di discriminazione, che non sono affatto il canto della pace e impediscono alla nostra preghiera di essere ascoltata.

Partecipando, un giorno, ad una grande marcia della pace, avevo vicino un uomo che reggeva un'asta con in cima un cartello che diceva "Voglio la pace". Gridava questa frase in continuità, al punto che gli dissi di non urlare così, perché la pace è serenità e gioia del cuore.

Sa padre, mi disse, questa mattina uscendo di casa, ho litigato con mia moglie e le ho rotto in testa l'asta che reggo...per questo urlo". Che valore aveva quella presenza? Dice Gesù oggi, in risposta ai discepoli di Giovanni ed ai farisei che si meravigliavano, fino alla scandalo, perché gli apostoli non digiunavano come facevano loro.

"Verranno tempi in cui sarà tolto lo sposo e allora digiuneranno". Ed aggiunge: "Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vecchio vestito: altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi" (Nc.2,18-22).

E', se volete, il senso delle parole del S. Padre, a proposito della preghiera per la pace: "Vigiliamo perché le coscienze non cedano alla tentazione dell'egoismo e della menzogna e della violenza... Imploreremo anzitutto da Dio la conversione dei cuori e la lungimiranza delle decisioni giuste per risolvere con mezzi adeguati e pacifici le contese che ostacolano il peregrinare della umanità: in questo nostro tempo".

Un programma, come si osserva, che non chiede una pace fondata su trattati che lasciano ampi spazi ad una situazione di ingiustizia, che si è sempre rivelata come una preparazione ad altra guerra. E' la storia che lo insegna.

E quello che è nel grande, lo è nel piccolo delle coscienze, di ciascuno di noi.

Per diventare amanti della pace e Dio voglia "sentinelle della pace", occorre avere quella bontà di cuore che non conosce e non concede spazi a sentimenti che sono sempre seme di guerre.

Ci sono nel mondo enormi voragini di ingiustizie che sono una continua guerra, come la fame nel mondo, il sottile odio razziale e Dio non voglia quello religioso.

La giustizia, ossia quel sentirsi vicini gli uni gli altri come fratelli, da amare come Dio ci ama, è il prezioso tessuto di pace che possiamo e dobbiamo tessere ogni giorno.

Ci vuole poco a uscire dal ghetto del nostro egoismo e guardare nel cuore e farsi guardare nel cuore da chiunque, pronti a fare, delle nostre mani, gesti di bontà che sono una vera comunione di pace.

Alle volte basta un sorriso per donare pace. Basta un poco di umiltà per conoscere il perdono. Basta fare un passo fuori dalla nostra, a volte ingiusta, sicurezza per esprimere solidarietà, per fare respirare o dare respiro alla giustizia. Sono i cambiamenti che ogni "sentinella della pace" deve sapere coniugare, perché si impedisca che prevalga la violenza.

Tutti possiamo diventare, sulle orme del S. Padre, "profeti di pace".

 

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