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TESTO La furbizia del discepolo

don Bruno Maggioni

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (23/09/2007)

Vangelo: Lc 16,1-13 (forma breve: Lc 16,10-13) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,1-13

In quel tempo, 1Gesù diceva ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 8Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Forma breve (Lc 16, 10-13):

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli: 10«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

La pericope evangelica di questa domenica risulta di una parabola di Gesù (vv. 1-8) e di alcune parole radunate da Luca a modo di applicazione. In tutto il capitolo 16 – ad eccezione di una parola sulla legge (vv. 16-17) e di una parola sul divorzio (v. 18) – Luca sviluppa il tema dell'uso cristiano della ricchezza.

Il punto centrale della parabola del fattore disonesto e astuto è espressa nella conclusione della parabola stessa (v. 8): «I figli di questo modo sono scaltri più dei figli della luce». Il tratto essenziale è l'accortezza dell'amministratore, la sua pronta decisione e la sua lungimiranza. A Gesù non interessa il modo preciso con cui il fattore ha risolto il suo problema, bensì la risolutezza con la quale ha cercato di mettere al sicuro il proprio futuro. Coloro che appartengono alla luce non dovrebbero, evidentemente per i loro scopi e secondo una logica completamente diversa, avere la stessa prontezza, la stessa decisione e la stessa furbizia? Gesù vorrebbe che i discepoli, a proposito del Regno, avessero la stessa risolutezza che il fattore ebbe per sé. Il fattore fu astuto nel conservare se stesso, il discepolo sia altrettanto astuto nello spendersi per il Regno. Certo il fattore e il discepolo appartengono a due logiche diverse, il primo a quella del mondo e il secondo a quella del Regno. Nulla in comune fra i due. Tuttavia il discepolo impari dal fattore la furbizia.

Luca non si accontenta della parabola, ma l'attualizza applicandola a un caso concreto: l'uso delle ricchezze. In che modo il discepolo deve, di fronte ai beni terreni, mostrarsi furbo, risoluto e lungimirante come il fattore? La risposta è contenuta nel v. 9: «Ebbene, io vi dico: procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché quando essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne». La furbizia consiste nel procurarci degli amici che ci accolgano in casa propria. Secondo molti commentatori gli amici, che sono in grado di accoglierci nelle dimore eterne, sono i «poveri».

Non senza sorpresa, Luca poi chiama «disonesta» la ricchezza (vv. 9.11). Perché disonesta? Forse perché a volte è frutto di ingiustizia e perché, forse più spesso, diventa strumento di ingiustizia e di oppressione. Ma, forse, c'è un'altra possibile ragione per cui la ricchezza può dirsi disonesta: non soltanto perché a volte ingiusta nella sua origine e nel suo uso, ma perché ingannevole nel suo profondo: promette e non mantiene, invita l'uomo a porre in essa la propria fiducia e poi lo delude. Questo spunto è confermato dall'uso del vocabolo «mammona», che significa «ciò in cui si pone la propria fiducia».

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