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TESTO La gioia del Padre nel perdonare

don Bruno Maggioni

XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (16/09/2007)

Vangelo: Lc 15,1-32 (forma breve: Lc 15,1-10) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Forma breve (Lc 15, 1-10):

In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

Dalle tre parabole di Luca 15 proposte dalla liturgia di questa domenica, scegliamo la prima. La novità delle parabole di Gesù è quella di vedere sempre, o quasi sempre, le cose dal punto di vista di Dio, non semplicemente dal punto di vista dell'uomo. Persino di fronte al peccatore Gesù nelle sue parabole non descrive anzitutto il peccato (dove non c'è alcuna bellezza), ma l'amore di Dio che cerca il peccatore per perdonarlo. Qui c'è grande bellezza.

Nella parabola della pecora perduta e ritrovata si annota che il pastore non interrompe la sua ricerca finché non la trova: dunque una ricerca ostinata, perseverante, per nessun motivo disposto ad abbandonare la pecora al suo destino. E poi si annota che il pastore non lascia il gregge nell'ovile, al sicuro, come sarebbe ragionevole aspettarsi, ma nel «deserto»: l'ansia per la pecora perduta lo porta quasi a trascurare il resto del gregge, come se la pecora smarrita gli importasse più di tutte le altre. Certo questo particolare costituisce un'inverosimiglianza sul piano degli usi, ma è suggestiva e profonda sul piano dei significati. Così la parabola riesce ad innalzarsi e a parlare di Dio. E riesce a insinuarci che Dio non è semplicemente un pastore ma un Padre. Anche se ha molti figli, un padre si preoccupa per ciascuno come se fosse l'unico, si trattasse pure del figlio cattivo. Così è l'amore vero, quello di Dio come quello degli uomini. Dire – come fa la parabola – che l'ansiosa ricerca del pastore è stata provocata dalla perdita di una sola pecora (a fronte di altre novantanove), e che la conversione di un solo peccatore ha fatto gioire Dio (a fronte di novantanove giusti), può sembrare un'espressione retorica, un semplice paradosso: è, invece, una profonda verità di grande bellezza. Nella logica dell'amore diventa un tratto realissimo e necessario. Se avessimo letto, supponiamo, che un pastore perso il suo gregge subito ritornò sui suoi passi per cercarlo, avremmo detto ancora che Dio è come un pastore che cerca il suo popolo, ma non sarebbe stata posta in risalto la singolarità di ogni uomo, la preziosità che anche una sola persona, qualsiasi persona, riveste agli occhi di Dio.

Mi permetto due altre brevissime annotazioni. La prima è che la parabola parla anche di conversione: «Così, vi dico, c'è gioia davanti agli occhi di Dio per un solo peccatore che si converte» (15,10). Si parla di conversione del peccatore, ma non si dice assolutamente nulla di ciò che il peccatore debba fare per convertirsi. Si parla soltanto di ciò che Dio fa per ritrovarlo. Non è straordinario?

E una seconda annotazione: la gioia per un solo peccatore ritrovato, paradossale finché si vuole, non è altro – se la guardi a partire da Dio – che l'ovvietà di un Padre che fa festa per un figlio ritrovato.

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