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TESTO Un immenso amore da esplorare: la Misericordia di Dio

mons. Antonio Riboldi

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XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (16/09/2007)

Vangelo: Lc 15,1-32 (forma breve: Lc 15,1-10) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 15,1-32

In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Forma breve (Lc 15, 1-10):

In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

Conosciamo tutti la nostra miseria spirituale, ereditata dal peccato originale, che ci aveva dati in preda al male. Siamo davvero deboli e inclini al peccato, che è un rifiuto dell'amore del Padre e, quindi, un rifiuto della santità e della felicità di amarLo e godere del Suo amore.

Un abisso di infelicità, che non era quello che Dio, creandoci, aveva in mente...anzi!

Basta guardarci dentro o attorno per accorgerci come il mondo non offra aiuti per uscire da questa infelicità... anzi, sembra divertirsi nel costruire occasioni sempre maggiori di dolore e sofferenza. Così si ripete l'antica storia del 'serpente, il più astuto degli animali', come è narrata nella Bibbia, all'inizio della vita dei nostri progenitori: prospetta 'paradisi', senza o contro il vero Paradiso, che è Dio.

Se siamo sinceri con noi stessi, sappiamo che il rifiuto di Dio, prima o poi, lo paghiamo caro, con 'un deserto d'anima'!

Chi non ricorda la grande opera di San Pio da Pietrelcina, che fece della sua vita una missione 'dolorosa', per aiutare tanti ad uscire dall'insopportabile malattia dell'anima, che è il peccato, e così tornare a vivere, sperimentando la misericordia e sentendo il calore del Padre che, nella riconciliazione, si fa incontro al figlio che, tornato in se stesso, ha ritrovato la strada di casa, mentre Lui sulla porta, ne attendeva commosso il ritorno?

Dovremmo sapere tutti, a cominciare da quanti sentono il bisogno di ritrovare il 'paradiso perduto', che a fare il grande passo per aprire le porte del Cielo, addossandosi tutti i nostri peccati e pagandoli sulla croce, fu il Suo Figlio prediletto, Gesù Cristo.

Ogni volta mi reco in qualche santuario della Madonna, a Lourdes o Fatima, mi coglie un grande stupore di gioia, nel vedere i confessionali sempre occupati e tanti che, con l'intercessione della Mamma Celeste, fanno ritorno alla vita dell'anima, che solo il Padre può restituire.

Così S. Paolo, scrivendo a Timoteo, descrive la sua conversione: "Rendo grazie a Dio che mi ha dato la forza, in Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia chiamandomi al ministero: io che per l'innanzi ero stato un bestemmiatore, un peccatore ed un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo, senza saperlo, lontano dalla fede; così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità in Gesù Cristo. Questa parola è sicura e degna di essere accolta da tutti: Gesù Cristo è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo ha voluto dimostrare in me, per primo, la sua magnanimità, a esempio di quanti avrebbero creduto in Lui per avere la vita eterna" (Lettera a Timoteo, 1, 12-17).

E la storia della conversione di S. Paolo, che passa attraverso la Misericordia di Dio, è davvero la storia di tanti. Tanti che sentivano il bisogno di uscire dal male e respirare la gioia della bontà, dono di Dio, attraverso la Riconciliazione.

Quanta gente, nella mia veste di ministro della Penitenza o Riconciliazione, ho visto come rinascere dopo una vita dissennata o spericolata. Uomini e donne che non ce la facevano più a vivere una vita senza senso, senza la vera gioia, dono di Dio; stanchi di sentirsi come il figlio prodigo, lontani dal Padre, abbandonati a se stessi e costretti a nutrirsi di 'ghiande destinate ai porci'! In quante persone ho visto il miracolo della 'resurrezione', che si manifesta in un volto rasserenato, con gli occhi umidi per la gioia di essere liberati dal 'peso del male', sentendosi avvolti dalla Misericordia di Dio!

È proprio la parola 'resurrezione' che un dissociato della camorra usa in una lettera, per descrivere la sua conversione, che gli fa vedere il carcere come luogo di riparazione, in attesa della piena riabilitazione: "Per grazia di Dio e per la sua opera, padre, ora sono come uno che è nato una seconda volta e che nulla ha a che fare con quello di prima. Ora so cosa voglia dire amare ed essere amato...anche stando in carcere".

Chi può misurare la Misericordia del Padre? Gesù stesso ce ne ha dato un'immagine con la parabola del Buon Pastore, ma, soprattutto, del figlio prodigo: un Papà meraviglioso che non sa odiare, ma che, anche se rifiutato, continua ostinatamente ad amare il figlio, stando sempre in ansiosa attesa sulla porta di casa, nella speranza che un giorno, finalmente, il figlio si renda conto che senza di Lui non può vivere e, così, faccia ritorno.

Se tutti, come è vero, siamo figli di un Padre Misericordioso, tutti siamo da Lui attesi, sempre che, come il figlio prodigo, con l'aiuto dello Spirito, 'rientriamo in noi stessi' e diciamo 'tornerò da mio Padre'.

Ma ascoltiamo la voce di Gesù, voce del Padre Misericordioso: "In quel tempo, si avvicinarono a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: Costui riceve i peccatori e mangia con loro. Allora Gesù disse questa parabola: Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la trova? Ritrovatola, se la mette sulle spalle tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione".

E la gioia del ritrovamento del 'figlio perduto' così è descritta nella parabola del figliol prodigo: "Quando il figlio era ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Ma il Padre disse ai servi: Presto portate qui il vestito più bello, e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo; mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a fare festa" (Lc 15, 1-32).

Con poche parole Gesù descrive 'la vera ragione' della gioia del Padre, che è davvero Misericordia: "Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato". Incredibile davvero l'amore di Dio, che non conosce i nostri rancori e le nostre infedeltà. A Lui interessa solo che 'torniamo in vita'!

Incontrando un giorno una persona che provava sempre grande gioia, pensando alla figura di Gesù, che va in cerca della pecora smarrita o del figlio perduto, affermava: "A volte mi verrebbe voglia di essere la pecora smarrita, per farmi poi trovare dal Buon Pastore e coricarmi sulle sue spalle!".

Dio solo conosce l'immensa solitudine e angoscia di coloro che desiderano vendicarsi o farsi giustizia senza amore, e chissà con quanta fatica e passione li cerca.

Credo che tanti di voi abbiano visto o posseggano una immagine di Gesù, dal cui costato escono due grandi raggi luminosi: uno bianco e uno rosso, e se ne siano chiesti il significato. È la visione che ebbe Suor Faustina, di cui anche in altre occasioni ho parlato, e che il grande Giovanni Paolo II dichiarò santa il 30 aprile 2000, dicendo: "Celebrate il Signore perché è buono, eterna è la sua misericordia".

Così canta la Chiesa nell'ottava di Pasqua, quasi raccogliendo queste parole del Salmo dalle labbra di Cristo Risorto che nel cielo porta il grande annuncio della misericordia divina e ne affida agli apostoli il ministero: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, così io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo: a chi rimetterete i peccati, saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi" (Gv 20,21-23).

Prima di pronunciare queste parole, Gesù mostra le mani e il costato. Addita cioè le ferite della Passione, soprattutto la ferita del cuore, da cui scaturisce la grande onda di misericordia che si riversa sull'umanità. Da quel Cuore Suor Faustina, la beata che d'ora in poi chiameremo santa, vedrà partire due fasci di luce che illuminano il mondo. I due raggi - le spiegò un giorno Gesù stesso- rappresentano l'acqua e il sangue, usciti dal suo costato...così, attraverso il Cuore di Cristo crocifisso la misericordia divina raggiunge gli uomini.

"Figlia mia, dì che sono l'Amore e la Misericordia". E questa Misericordia Cristo la effonde sull'umanità mediante l'invio dello Spirito che nella Trinità è la Persona-Amore.

E non è forse la Misericordia un secondo nome dell'amore, colto nel suo aspetto più profondo e tenero, nella sua attitudine a farsi carico di ogni bisogno, soprattutto nella sua immensa capacità di perdono?...

"Ma - si chiede il Santo Padre - che cosa ci porteranno gli anni che sono davanti a noi? Come sarà l'avvenire dell'uomo sulla terra?

A noi non è dato saperlo, è certo tuttavia che accanto a nuovi progressi non mancheranno, purtroppo, esperienze dolorose.

Ma la luce della Misericordia, che il Signore ha voluto quasi riconsegnare al mondo, attraverso il carisma di Suor Faustina, illuminerà il cammino degli uomini del terzo millennio" (Discorso della canonizzazione).

Nel mondo e in noi si fronteggiano, e lo vediamo con i nostri occhi, la Misericordia di Dio e l'odio degli uomini. Ma la fede ci dice che, se ci affidiamo all'Amore, l'ultima parola l'avrà la Misericordia... anche in noi!

 

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