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TESTO Quelle rinunce necessarie per essere discepolo di Gesù

don Bruno Maggioni

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (09/09/2007)

Vangelo: Lc 14,25-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,25-33

In quel tempo, 25una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: 26«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

28Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. 31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Gesù invita il discepolo a rompere tutti i legami, a rompere persino i legami con se stesso (Lc 14,26). L'invito è rivolto alle folle, cioè a tutti (v. 25). Luca è minuzioso e insistente nell'elencare i legami da rompere. Per di più Luca conserva in tutta la sua paradossalità il verbo misein (odiare). Matteo interpreta e traduce con «preferire», e giustamente. Anche Luca, ovviamente, non intende odiare nel vero senso della parola. Egli sa bene che i genitori devono essere amati e rispettati. Si tratta, anche per lui, non di odio, ma di distacco, di preferenza del Regno: tuttavia egli ha conservato il verbo misein che indica, senza dubbio, un distacco particolarmente radicale.

Non si tratta, soltanto, di rompere i legami con la famiglia, né basta un generico distacco da se stessi: l'esempio di Gesù (sempre sullo sfondo di tutti i testi di sequela) è molto concreto e preciso: occorre essere disposti a portare la croce (versetto 27), cioè all'effettivo e totale sacrificio di sé.

Le parabole della torre e del re (14,28-32) insegnano che bisogna riflettere bene prima di buttarsi in un'impresa, occorre calcolare le possibilità e creare le condizioni che permettono di concludere. Non conosciamo il significato delle due parabole fuori dal contesto in cui Luca le ha poste. Certo un richiamo alla serietà che il seguire Gesù richiede. La sequela non è fatta per i superficiali, per gli irriflessivi, per coloro che presumono di sé. Luca ha legato strettamente le parabole a ciò che segue: devono perciò essere lette nel contesto delle condizioni per seguire Gesù, cioè nel contesto della rinuncia. Prima di accingersi a seguire Gesù occorre «calcolare e riflettere». Questo non significa trovare i modi per sfuggire alla logica della croce, bensì trovare i modi per condurla fino alle estreme conseguenze. Questo è il calcolo richiesto al discepolo.

Ma che cosa significa in concreto «calcolare e riflettere?»: ce lo dice il versetto 33: «Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo». Solo nel distacco dai beni è possibile essere discepolo, è possibile il dono totale. Come per costruire una torre è necessaria una sufficiente quantità di mattoni, così per seguire Gesù è necessario il distacco dai beni. Luca non sta rivolgendosi a chi riflette per decidere se farsi o meno cristiano, bensì a chi è già cristiano e deve, in situazioni difficili, perseverare nella fede. Solo nel distacco è possibile la perseveranza. Forse Luca ha sott'occhio una situazione di persecuzione: in tale situazione la perseveranza e la coerenza sono possibili unicamente se si è disposti a rinunciare a tutto. Altrimenti si troveranno infinite ragioni per giustificare il silenzio e il compromesso.

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