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TESTO Se vuoi seguire Cristo

don Roberto Rossi   Parrocchia Regina Pacis

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (09/09/2007)

Vangelo: Lc 14,25-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,25-33

In quel tempo, 25una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: 26«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

28Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. 31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Gesù parla alle folle che con entusiasmo andavano dietro a lui. Gesù sembra voler smorzare quegli entusiasmi. Ai tanti che vogliono seguirlo, Gesù parla con franchezza.

In questo testo del vangelo Gesù elenca tre condizioni necessarie per chi vuoI diventare un suo discepolo, cioè un vero cristiano. Occorre intendere bene l'affermazione paradossale che indica la prima condizione: «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, ecc.». Nella lingua semitica in cui parla Gesù, queste parole significano ciò che l'evangelista Matteo mette in bocca a Gesù nel brano parallelo del suo Vangelo: «Chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di me».

Risentiamo quindi nella lingua di oggi ciò che realmente intende dirci Gesù: «Se qualcuno viene con me e non ama me più del padre e della madre, della moglie e dei figli, dei fratelli e delle sorelle, anzi, se non mi ama più di se stesso, non può essere mio discepolo». A questo punto Gesù annuncia la seconda condizione: «Chi mi segue senza portare la sua croce, non può essere mio discepolo». Al termine del brano, Gesù dice la terza condizione: «Chi non rinuncia a tutto quel che possiede non può essere mio discepolo».

Cosa significava «seguire Gesù» in quel tempo? Voleva dire mettersi dietro un profeta sconosciuto, scomunicato dai capi della nazione e tenuto d'occhio da tanti avversari. Rischiare la vita, la casa, forse farsi odiare dalla propria famiglia per i rischi che le si faceva correre. Oltre a questo, voleva dire accettare di vivere in maniera nuova, diversa, difficile, contraria alle convinzioni della maggioranza, chiusa pacificamente nel proprio egoismo. Gesù infatti esortava i suoi a vivere come figli di Dio e fratelli di tutti. Quindi esigeva conversione, preghiera, purezza di pensieri e di vita, santità e fedeltà nel matrimonio, amore ai poveri, agli emarginati, a quelli che non potevano ricambiare i favori. Esigeva addirittura amore per i nemici e perdono sempre. Ed era insistente nell'esortare a smetterla di pensare solo al denaro. Voleva che i suoi discepoli provassero la gioia di servire gli altri, di donarsi e spendersi per tutti. «Rinunciare a tutto», per Gesù, non voleva dire soltanto staccare il cuore dai beni terreni, ma staccarsi dalle proprie convinzioni e abitudini, per cominciare a pensare e a vivere come lui.

Questa pagina di Vangelo fu scritta e fu letta nelle prime comunità cristiane, quando i cristiani erano pochi, sperduti in mezzo alla gente pagana. Gli apostoli facevano riflettere su queste parole di Gesù quanti volevano abbracciare la nuova religione. Per diventare cristiani dovevano pagare un caro prezzo, che a volte arrivava fino al martirio. Diventare cristiani significava accettare una maniera di vivere nuova, diversa, difficile: i primi cristiani hanno trasmesso a noi la fede che a loro è costata tanto. Noi l'abbiamo ricevuta come un'eredità e la viviamo un po' così così. Ma è testimoniata e tramandata nel sangue, nel martirio.

Oggi, questa pagina di Vangelo riacquista un significato esplicito anche per noi. Accettare la fede cristiana, oggi, può essere una scelta non facile, una rottura dolorosa con l'ambiente che ci sta attorno, a volte una croce da portare. L'ambiente intorno a noi si sta secolarizzando rapidamente. Siamo circondati da tanti pagani che considerano la vita, come i pagani di una volta, un tempo da consumare nell'egoismo. Molti non sentono il bisogno di rapportarsi con Dio e con Gesù Cristo. Qualcuno a volte quasi si vergogna di essere cristiano, di pregare, di offrire amore. E Gesù parla a noi con la stessa schiettezza, lo stesso amore, perché Lui sa cosa è importante nella vita delle persone, Lui ci dà la sapienza, come ci è stato ricordato nella prima lettura e come abbiamo chiesto nella bella preghiera del salmo.

E che cosa ci dice Gesù oggi? Di "odiare" i nostri familiari; di portare la croce; di rinunciare ai nostri averi. Sappiamo che Gesù in verità non vuole che odiamo i familiari; odiare è un ebraismo il cui significato è anteporre. Pertanto il Signore ci chiede di mettere al primo posto la fede in lui, pur amando teneramente e intensamente i nostri cari. Però, se facciamo degli esempi, di fronte al marito che ti chiede l'aborto, alla madre che vuole portarti a fare un giro invece che andare a Messa, al figlio che ti propone di essere disonesto per avere un vantaggio economico, tu dirai di no; perché pur amando tuo marito, tua madre, tuo figlio, tu sei prima di tutto di Cristo e in Lui trovi la verità della vita.

Gesù ci dice ancora che dobbiamo portare la nostra croce. Dunque non cerchiamo il volere di Dio nella scelta più comoda, in ciò che ci appaga di più; viviamola anche quando è faticosa, quando è addirittura un martirio. Certe fedeltà o certi impegni o doveri che diventano gravosi sono la nostra croce e la nostra giornata è seminata di sacrifici. Dobbiamo chiedere al Signore la forza, sul suo esempio e con il suo Spirito, di portare la nostra croce di ogni giorno e anche le croci che durano anni.

Infine Gesù ci dice di rinunciare a tutto ciò che abbiamo, cioè di non considerare nulla come nostro possesso, di non rimanere attaccati ai beni, di usarli senza farne idoli. Del resto se noi anteponiamo i nostri interessi, la nostra ricchezza alla Parola, alla sequela di Gesù, non riusciremo a vivere, ma neppure a capire il volere di Dio per noi. E la volontà di Dio è il miglior bene per noi su questa terra e soprattutto per l'eternità. Ed è una strada di felicità vera. C'è un canto che dice: "Se vuoi seguire Cristo, devi smarrire le tue strade, non trattenerti nulla e dà la tua vita!"

 

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