TESTO Entrare in Cielo per la porta stretta
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XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (26/08/2007)
Vangelo: Lc 13,22-30
In quel tempo, Gesù 22passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. 23Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: 24«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. 25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. 26Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. 27Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. 28Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. 29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. 30Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».
Posso dire che abbiamo lasciato alle spalle un periodo di riposo, per essere pronti ad affrontare il cammino della quotidianità.
Nel mio breve silenzioso riposo in Trentino, ho notato, girando, come sono tanti quelli che dedicano il tempo delle ferie per un 'ristoro dello spirito', cercando luoghi di silenzio, di meditazione e preghiera.
Erano affollate tutte le foresterie dei monasteri e tanti i raduni di spiritualità.
Questo è un grande segno positivo: il segno che l'uomo ha capito che l'irrazionale e pericoloso consumismo, che devasta la vita interiore per un poco di chiasso esterno, non giova...anzi! E ringrazio per questo il Signore.
Negli incontri che avevo nelle varie località montane, sempre notavo 'la sete' di tanti, di cercare le vie della Verità e il respiro del cuore e dello spirito.
È Dio che cerca l'uomo e l'uomo che vuole farsi trovare da Dio.
Ringraziamo il Signore.
Il mondo sembra ami accarezzare le devianze della vita, lasciando però una profonda ferita di infelicità quando tutto finisce. Abbiamo davvero bisogno, tutti, che il Signore a volte alzi la voce e si faccia sentire per impedirci di fare danni irreparabili.
Come non ricordare lo stile di mamma e papà che, quando ero piccolo ed inesperto, ogni giorno, ci riempivano di rimproveri e raccomandazioni, 'sperando', dicevano, che delle 'mille prediche' fatte ogni giorno, 'rimanga almeno il ricordo di una'.
E Paolo, oggi, sembra proprio rivolgersi a noi con la trepidazione di chi ci avverte che c'è il rischio che usciamo dalla retta via.
"Fratelli - scrive agli Ebrei - avete dimenticato l'esortazione a voi rivolta come a figli: Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere di animo quando sei ripreso da Lui, perché il Signore corregge colui che Egli ama e sferza chiunque riconosce come figlio. È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio ci tratta come figli; e qual è il figlio che non è corretto dal padre? Certo ogni correzione, sul momento non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo però arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati. Perciò rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia infiacchite e raddrizzate le vie storte per i vostri passi, perché il piede zoppicante non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire" (Ebr. 12, 11-13).
Quante volte il Padre, che ci vuole immensamente bene, permette alcune prove! In altre parole 'ci corregge', perché è facile farsi prendere la mano dalle tante tentazioni che ci assediano, volte tutte a farci prendere altre strade, che non sono la giusta via verso il traguardo della santità.
Chi di noi, con serietà, vuole seguire Gesù, sa che, per essere veramente Suoi discepoli, è necessario a volte 'sentirsi tirare le orecchie' dal Padre.
Mia mamma morì che aveva 99 anni e sei mesi. Ogni volta mi incontrava, aveva sempre qualche predica da farmi, anche se ero vescovo. Prima di morire, nell'ultimo incontro che ho avuto con lei, in ospedale, accomiatandomi mi tese la mano e mi disse con forza: "Mi raccomando, Antonio, fa' giudizio, sempre giudizio! In modo da arrivare al 'giudizio di Dio' promosso!".
Com'è difficile, oggi, anche nelle famiglie, sentire i genitori 'correggere' i figli, indicando la retta via della vita! Si ha come l'impressione, a volte, che, privi di ogni autorevolezza, si permetta tutto, senza alcun discernimento del bene e del male.
Da chi questi nostri fanciulli riceveranno la giusta educazione, sostenuta da una profonda testimonianza di vita cristiana, se i genitori non se ne curano?
Inutile poi disperarsi, per il 'duro prezzo da pagare', quando li vediamo 'perdersi' nelle tanta maniere che tutti conosciamo!
Luca, nel Vangelo di oggi, ci presenta Gesù che si incammina verso Gerusalemme, ossia verso il sacrificio della croce, e lo fa "passando di villaggio in villaggio, insegnando".
A Gesù viene posta una domanda di piena attualità.
"Un tale gli chiese: Signore, sono pochi quelli che si salvano?". Evidentemente quel tale era rimasto colpito dalla parola di Gesù che, difficilmente allora, ma anche oggi, trovava posto nell'uomo. È una domanda che mette in imbarazzo tutti noi. Saremo tra i pochi?
Gesù sviluppa il discorso: "Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, cominceranno a bussare alla porta dicendo: Signore, aprici! Ma egli risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete. Allora cominceranno a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me, operatori di iniquità! Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno a mensa nel Regno di Dio. Ed ecco ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi, e alcuni tra i primi che saranno ultimi" (Lc 13, 22-30).
Gesù, in quel momento, aveva davanti agli occhi la folla dei farisei pronti a occupare i primi posti e dei peccatori 'tagliati fuori' dalla loro considerazione. Questo atteggiamento Gesù lo condannerà nella parabola del fariseo che, nel tempio, si mette ai primi posti e fa l'elogio di se stesso a Dio: "Ti ringrazio Signore che non sono come gli altri", esaltando le esteriorità che, secondo lui, avrebbero dovuto renderlo 'giusto' agli occhi di Dio. Ma al fariseo Gesù contrappone il pubblicano, ritenuto da tutti un 'pubblico peccatore', che se ne sta in fondo al tempio, a testa bassa, riconosce la sua povertà, non avendo nulla da offrire di buono, e chiede pietà.
Il giudizio di Gesù, che garda al cuore degli uomini, chiama 'giusto', degno di entrare per la porta stretta, 'l'ultimo', cioè il pubblicano, ma 'non conosce, non sa di dov'è' il fariseo, 'il primo' che si presenta esibendo una giustizia che tale non è agli occhi di Dio: 'Non ti conosco'.
Guardando, con lo sguardo di Dio, alla concreta vita cristiana, non vi è il rischio di scoprire che molti si 'credono' cristiani per qualche 'pratica', che difficilmente è un atto di amore, ma è solo esteriorità, che non parte dal cuore, e nulla vi è nella vita dello 'stile' secondo Gesù?
Oggi, Gesù ci invita a guardare con sincerità alla nostra esistenza e fare la nostra scelta.
La nostra vita è degna 'di entrare per la porta stretta' o è solo esteriorità che alla fine troverà la porta del Cielo chiusa e il terribile 'giudizio' del Padre: 'Non vi conosco'?
In un incontro che ebbi, anni fa, insieme con Madre Teresa di Calcutta, alla fine un gruppo di giovani ci chiese 'com'era' seguire Gesù. La risposta fu: 'Durissimo, ma meraviglioso!'.
Allora insistettero se, conoscendo quanto è 'duro' essere fedeli a Gesù, l'avremmo ugualmente seguito. 'Direste ancora sì?'. Lasciai che fosse la Madre a rispondere a questa provocazione. 'Se mi chiedesse di rifare la stessa strada, con le asprezze, i contrasti, la fatica... forse Gli direi di no'. Ci fu un momento di silenzio sospeso, di sconcerto totale. Madre Teresa stessa parve raccogliersi nel suo silenzio, poi all'improvviso riprese: 'Ma gli voglio così bene, che Gli direi di sì'. Vi fu un boato, quasi di liberazione, ma soprattutto di gioia!
Cerchiamo questa liberazione e gioia, facendoci aiutare dalle 'Massime di perfezione' del servo di Dio Antonio Rosmini, fondatore dell'Istituto di Carità, a cui appartengo.
La IV massima, 'Abbandonare totalmente se stesso nella Provvidenza di Dio', afferma: "La perfezione della vita cristiana (la porta stretta di cui parla Gesù) è il proposito sempre rinnovato di volere, in tutte le azioni della vita, solo ciò che sta a cuore a Dio: e la vita perfetta è la professione di rendere a Dio, in tutti gli atti, il maggior servizio possibile. Ne consegue che anche le azioni oneste che l'uomo compie, per la conservazione della propria vita, anche il suo godere i doni di Dio, con animo riconoscente, deve essere fatto da lui non per il suo bene o piacere presente, ma solo perché è persuaso che, nella circostanza in cui si trova, quella è la cosa più cara a Dio e perciò la più perfetta. Insomma, il cristiano non fa alcun cambiamento per una sua soddisfazione presente, sia pure onesta in se stessa, ma solo per compiere ciò che è suo dovere e per essere più caro a Dio. Da qui deriva la stabilità del perfetto cristiano. È proprio della gente del mondo non essere mai contenta dello stato in cui si trova: gli uomini del mondo si fanno una continua guerra per occupare i posti migliori. La perfezione del cristiano, invece, richiede che sia contento di qualunque posto e che non si dia altro pensiero che di eseguire i doveri inerenti al proprio stato". (IV, nn. 14-16).
Come vorrei che, con tutti voi, che con me cercate 'di entrare per la porta stretta', un giorno venissimo accolti: 'Venite benedetti!' e nessuno debba sentire: 'Non ti conosco, non so di dove sei'. È possibile? È doveroso e sono certo che è quello che volete e per cui vi impegnate. Per questo con voi prego e vi amo di cuore.