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TESTO Commento su Luca 10,25-37

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XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (15/07/2007)

Vangelo: Lc 10,25-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 25un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

* Il brano del Deuteronomio che apre la liturgia della Parola, insiste con forza sulla concretezza e comprensibilità della legge divina. Dio non ha certo voluto proporci una fede impossibile, legata ad una serie di atti e di gesti misteriosi, che pochi possono vivere e quasi nessuno comprendere. La vita di fede non è magia! E' anzi la naturale obbedienza a quanto sentiamo scritto nel nostro cuore, se lo apriamo a tutto ciò che appare come vero e giusto, tutto quanto potremmo sinceramente definire buono.

Il libro del Deuteronomio, presentato dalla Bibbia come il testamento di Mosè, vergato nell'imminenza dell'ingresso nella terra promessa, è in realtà il risultato di una profonda e prolungata meditazione sviluppatasi molto tempo dopo e cioè poco prima e durante l'esilio. Nella sua meditazione storica ritorna spesso sull'idea che: nonostante che per rendere la sua Legge facile da mettere in pratica, Dio l'abbia posta nel cuore dell'uomo, questo l'ha costantemente tradita. Eppure bastava scrutare con disponibilità e semplicità dentro di sé e si sarebbe sperimentata la capacità connessa alla natura umana, dal suo stesso Creatore, di agire riconoscendo il vero bene. Quella che la tradizione chiama, la legge naturale.

* Nella lettera ai Colossesi Paolo lascia il linguaggio polemico contro una certa visione della Legge propria dei giudei, tipico delle lettere precedenti e presenta il cuore del messaggio cristiano in positivo. La spiritualità cristiana consiste nel lasciarsi afferrare e condurre da quell'immensa corrente di vita che dall'eternità il Padre riversa sul Figlio e questi sull'intera creazione. In un potente inno che allarga lo sguardo alle dimensioni del cosmo Paolo contempla questa vita dello Spirito che dal capo del corpo, cioè da Cristo Signore raggiunge tutte le sue membra. Non resta che arrendersi positivamente alla potenza della grazia che vuol riconciliare con Dio tutto l'universo.

* Gesù nel Vangelo mette in luce la verità della legge naturale scritta nel cuore di ogni uomo rendendo protagonista della sua parabola un Samaritano. Che un Samaritano, diviso dal malcapitato giudeo da barriere di fede e di razza, potesse comunque riconoscere che era bene assisterlo, curarlo, salvargli la vita, è una prova certa di quanto la legge di Dio sia scritta nel cuore di ogni uomo.

Dio ha proposto dunque un'unica legge, per gli uomini che camminano sulla terra e si incontrano lungo le sue strade e questa legge, a volte si ascolta meglio porgendo orecchio al proprio cuore, che ripetendo a memoria norme e precetti. Come in tutte le parabole di Gesù anche a questa famosissima parabola del buon Samaritano è sottesa una profonda ironia. Gesù amava stimolare l'attenzione di quanti lo ascoltavano, e non disprezzava l'uso dell'arguzia, un segno di grande intelligenza umana. L'ironia, chiarissima per un ebreo del tempo di Gesù, potrebbe sfuggirci e per questo è bene chiarire. I Sacerdoti ed i Leviti di cui parla la parabola erano i principali inservienti del tempio di Gerusalemme. La loro funzione fondamentale era quella di offrire i sacrifici secondo la legge di Dio, di pregare secondo la legge di Dio, di ammaestrare il popolo secondo la legge di Dio. Per non dimenticare questa legge la scrivevano su due piccoli rotoli di pergamena, che tenevano in una custodia preziosa fissati al centro della fronte e sul braccio destro. Questo ancora oggi fanno gli ebrei, preparandosi per la preghiera solenne. Al tempo di Gesù probabilmente Sacerdoti e Leviti tenevano questa legge scritta perennemente fissata ed in bella vista sul capo e sul braccio. Un loro stretto collaboratore era il dottore della legge con cui si apre il brano evangelico. Era una specie di incrocio tra un catechista ed un esperto di Bibbia, profondo conoscitore della Legge di Dio, tanto che la ripeteva in continuazione, mandandone a memoria lunghissime parti. Questi sono i protagonisti del racconto ed a questo punto appare chiara l'ironia di Gesù.

Sulle strade della Giudea il dottore della legge ripeteva la Legge divina insegnandola a tutti, ma non era ancora riuscito a capire chi fosse il suo prossimo! Sulla via che da Gerusalemme scende verso Gerico, il sacerdote ed il levita avevano la legge scritta sulla fronte e sul braccio, ma non erano riusciti a comprendere che per rispettarla avrebbero dovuto fermarsi ad aiutare quel povero incappato nei briganti.

Al contrario Gesù, ed il Samaritano della parabola, la legge di Dio la conservano scritta nel cuore, come ogni uomo, ma non si limitano a conservarla, essi danno ascolto al loro cuore e così la mettono in pratica.

Una riflessione biblica che resti nella mente e non scenda nel cuore ha ben poche speranze di giungere a quella "pratica" che a Dio preme così tanto. Un lungo discutere sul da farsi, un tenere la legge scritta sulle braccia e farsene annunciatori ed abili pubblicisti, senza lasciare che converta per primo il nostro cuore, ci porterà a fare importanti dichiarazioni di intenti, leggi quadro, e progetti avveniristici per il sociale; ma intanto il malcapitato muore a bordo della strada.

La parabola di oggi è indirizzata a tutti senza distinzione, ma in modo particolare si rivolge a quanti vivono una vita cristiana impegnata, addirittura consacrata a Dio ed alla Chiesa: il rischio di venire superati nella "pratica", da quanti conoscono la legge di Dio solo perché ascoltano il loro cuore, è un rischio reale e deve essere per noi un rimprovero. La nostra migliore conoscenza della volontà divina deve spingerci all'azione e non certo alla elucubrazione ed al temporeggiamento.

Commento a cura di don Nazzareno Marconi

 

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