TESTO Commento su Matteo 8,23-27
mons. Vincenzo Paglia Diocesi di Terni
Martedì della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (03/07/2007)
Vangelo: Mt 8,23-27
Gesù sale sulla barca e i discepoli lo seguono. Poco dopo Gesù si addormenta. All'improvviso si scatena una tempesta e la barca è sballottata dalle onde mentre Gesù continua a dormire. I discepoli sono sconcertati, sembra che al Maestro non importi nulla di loro, finché gridano aiuto: "Signore, salvaci! Siamo in pericolo!" E' un grido di disperazione, ma anche di fiducia; ha il sapore della preghiera semplice con la quale iniziamo ogni domenica la liturgia eucaristica: "Signore, pietà!". È la stessa preghiera che rivolge Pietro a Gesù, quando è preso dalla paura e minaccia di affondare. Gesù stende la mano e lo trae in salvo. Talora la preghiera è proprio un grido di disperazione, come per svegliare il Signore. Quanti sono talora colti dalla tempesta e non hanno null'altro cui aggrapparsi se non il grido di aiuto, mentre sembra che il Signore dorma? Quel grido semplice è vicino alla nostra condizione, è molto umano e descrive bene la nostra piccola fede. Di fronte alla tranquillità di Gesù, poggiata sulla piena fiducia nel Padre che non lo abbandona, noi siamo davvero uomini e donne di poca fede; tuttavia facciamo bene a imitare il grido dei discepoli. E Gesù si alza ritto sulla barca e ponendosi di fronte ai venti e al mare in tempesta, e li minaccia. Subito si fa "una grande calma". Basta una parola di Gesù, che si fa bonaccia. Coloro che hanno assistito alla scena si stupiscono. Il discepolo (o, se si vuole, la conversione) nasce dallo stupore nel vedere che la parola di Gesù calma ogni tempesta della vita, anche quando sembra che null'altro resta se non affondare.